Antonella Vinciguerra nasce ad Agrigento e trascorre la sua adolescenza a Favara, dove consegue il diploma di maturità Magistrale.
All’età di 22 anni si trasferisce a Palermo, dove inizia e completa gli studi di Scienze politiche che hanno alimentato il suo interesse per l’individuo nella sua dimensione sociale e che l’hanno spinta ad iscriversi all’ANS (Associazione Nazionale Sociologi). Malgrado il suo trasferimento a Palermo e Monreale, ella non perde mai la sua “agringentinità”e il suo viscerale amore per il mare di San Leone il cui profumo la segue in tutte le sue opere.
Da buona agrigentina ha coltivato la passione per il teatro, la lettura e la scrittura;per 22 anni, infatti, si è occupata di teatro nella sua professione ed ha scritto testi di ogni genere: poesie, testi teatrali, canzoni, romanzi e racconti sia per bambini che per adulti.
La sua poesia “Alla mia Anna” è stata pubblicata dalla Aletti Editori, mentre la poesia “Sguardi” è stata classificata prima e premiata durante il festival dell’editoria, della legalità KAOS.
Nel 2016 ha scritto il testo e la melodia della canzone “Ninna nanna picciriddu”, che è stata classificata prima ad un concorso nazionale ed è stata eseguita al Senato della Repubblica alla presenza delle più alte cariche dello Stato.
Il manoscritto “Fimmini” è stato selezionato in due occasioni durante il Festival della “Strada degli scrittori”, a Favara (Ag) e a Caltanissetta e poi pubblicato dalla casa editrice EPSIL nel dicembre del 2017. Tale romanzo è stato classificato terzo nella sezione prosa del prestigioso premio “I.Buttitta” di Favara (Ag) nel 2018.
Sempre nel 2018 la stessa casa editrice ha pubblicato il romanzo “Germogli di porpora”.
Con la sua novella “L’essenza e l’apparenza”, è stata classificata tra i finalisti del concorso “Salva la lingua locale” e premiata nella sala della Protomoteca in Campidoglio.
Partecipa con sue opere alla stesura dei libri “Intolleranza zero” “Le Siciliane”prodotti da Giampiero Turco e riceve il premio “Donna cultura 2019” presso il teatro Agorà di Roma.
Pubblica nel 2018 il romanzo “Germogli di porpora” (ed. EPSIL) e riceve il prestigioso premio del concorso dal titolo “Legalità ed ambiente”dedicato a Giuseppe La Franca, indetto dal CAfè Letterario di Monreale
Nell’estate del 2019, la poesia “Figlia del mare” ottiene la menzione di merito sezione poesia nel Premio nazionale di poesia in lingua italiana, Salvatore Gaglio.
Ho chiesto ad Antonella Vinciguerra di farmi leggere il suo libro dal titolo: Fimmini: e vi invito tutti a leggere questo splendido libro. Mi sono posto una domanda:
Da dove traggono la forza le “Fimmine” di queste novelle
per affrontare le insidie di un mondo forgiato a misura d’uomo?
Quali risorse consentono loro di conservare
intatta la bellezza e il coraggio anche quando la vita le
mette a dura prova?
Ciascuna incarna la terra di Sicilia e rappresenta un grido di
libertà, l’incapacità di sottomettersi alla schiavitù alla quale
sembrano essere predestinate e la forza di sopravvivere
senza mai esitare anche davanti all’estremo sacrificio di
allontanarsi dagli affetti più cari.
In questo palcoscenico di povertà economica e ricchezza
d’animo, la Sicilia fa da cornice con i suoi profumi portati
dal vento caldo di scirocco e le sue cicale che, con il loro
incessante frinire, accompagnano la quotidianità della vita
sull’isola, come testimoni nascoste di passioni forti e
contrastanti. Il libro si legge d’un fiato, certe volte si resta incantato in questa Sicilia poetica e contadina, altre volte ti senti al primo posto di un Teatro di provincia. Quei teatri che sembrano delle bomboniere che nascondono i mille segreti del mondo e le antiche bellezze del mondo femminile, un mondo da amare, da scoprire e da custodire in ogni sfumatura… E in questo viaggio Antonella è bravissima e ci porta con mano in un mondo che lentamente sta scomparendo come la luce di una languida candela. All’Autrice abbiamo posto alcune domande.
Quando nasce l’idea di scrivere il libro Fimmini?
Il libro nasce come testo teatrale e solo dopo diventa romanzo per raccontare frammenti di storia di ogni personaggio della commedia per dare al lettore un’idea più completa delle caratteristiche peculiari di ognuno di loro, che li spingono ad agire in un determinato modo.
Come sono cambiate le donne rispetto alla tua generazione?
Faccio parte della generazione delle feste proibite, alle tre del pomeriggio, con le imposte chiuse per creare l’atmosfera giusta ed è stata dura crescere in una famiglia dove i maschi avevano maggiori diritti delle donne, come quello di rimanere fuori fino a tardi. Ho, però avuto la fortuna di avere un padre con una certa elasticità mentale che mi ha guidato nella crescita dandomi, spesso, i consigli giusti. Era la generazione dei balli lenti, delle lunghe conversazioni, delle esperienze, ma non troppo. Lontani anni luce dal cellulare e dal Web abbiamo letto tanto e abbiamo usato le lotte della generazione precedente per vivere la nostra vita senza grandi ostacoli. Era ancora il tempo in cui alle ragazze piaceva abbassare gli occhi languidi davanti ad una dichiarazione d’amore, ma anche il tempo in cui non si permetteva all’uomo di comportarsi da essere superiore. Avevamo, forse, meno aggressività, ma non perché sottomesse, bensì perché credevamo ancora che nel comportamento si nascondesse la nostra vera essenza. I nostri genitori, nella loro assenza, ci hanno lasciato maggiore spazio di crescita rispetto alla presenza ossessiva e eccessivamente permissiva di quelli di oggi (Parlo da donna, docente e genitore).
Tuttavia, posso dire che le ragazze di ieri e di oggi cercano solo e a fatica il proprio percorso per diventare donne complete e molte lottano ancora contro il potere malato di uomini fragili che tentano di coprire la loro pochezza con atteggiamenti violenti, possessivi e repressivi.
Perchè le donne sono più avanti degli uomini di almeno 10 anni?
Le donne sono molto più avanti degli uomini perché la loro vita è stata, per millenni, un lungo percorso ad ostacoli. Siamo più forti, più tenaci, più coraggiose; a volte più capaci, ma sappiamo anche essere tenere, così come sappiamo usare il cuore senza riserve. E’ vero che a volte siamo spietate, ma in un mondo fatto a misura d’uomo si deve imparare a difendersi e farsi spazio anche sgomitando. Questa vita, è vero, ci ha ferito, ma anche forgiato.
Oggi siamo molto forti e capaci di tutto.
Eroine di un mondo moderno che sanno usare come armi, sia la penna che il fucile, sia il cuore che il sorriso nella perenne lotta alla sopravvivenza che è la vita.
Che cosa non hanno capito gli uomini ancora delle donne, prima dicono di amarle e poi le “scannano”…
L’uomo che “scanna” non conosce l’amore se non quello smisurato che nutre nei suoi confronti. Ha un’aura grigia che lo segue distratta; è infantile e viziato, con il petto tronfio e un buco al posto dell’anima. Non è malato, non ha perso la pazienza, non è un uomo buono, istigato da una donna; l’uomo che “scanna” è solo un assassino e solo così deve essere considerato. E’ una cellula impazzita di un organismo infetto e negli occhi, fidatevi, ha solo il deserto.E’ un “uomo da niente” che fugge via dai forti, forse perché testimoni della sua totale assenza di virilità ed esercita il suo piccolo potere sui più fragili. Non dimentichiamo che, alla medesima categoria appartengono quelli che non uccidono materialmente, ma che denigrano e umiliano la propria donna fino a distruggere la sua volontà e il suo amor proprio. Sono momenti diversi di una identica “scannatina”.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?Considero il mio futuro come se dovessi vivere duemila anni e, dunque, sono ancora nella fase del “da grande farò…”. Amo tuffarmi in progetti impossibili e per me, bellissimi e lo faccio con l’entusiasmo che non ho mai perso. Metto semini ovunque e aspetto le piantine. Scriverò e mi occuperò di teatro e di musica; leggerò e crescerò con il sorriso e con il sostegno della mia famiglia e dei miei amici.
Presenterò a breve a Monreale il mio “Germogli di porpora” edito da EPSIL e continuerò a scrivere il mio “sabbie mobili – storie di fimminanza” che mi sta impegnando molto.
Giuseppe Maurizio Piscopo
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