Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
Preoccupante la domanda finale di Gesù: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”
Credo che sia necessario capire innanzitutto cos’è la fede, anche se Gesù stesso in queste ultime domeniche l’ha spiegato in modo chiaro e semplice con delle parabole: il ricco epulone e Lazzaro, il granello di senape, i dieci lebbrosi.
Se pensiamo che avere fede significhi stare a recitare preghiere magari scritte da altri, certamente non siamo sulla strada giusta. Vi ricordate quell’allenatore di calcio che bagnava il campo prima di ogni partita con l’acqua benedetta? O quel politico che affida alla Madonna e ai santi i risultati elettorali? Bene, questa non è fede, sa più di superstizione, come non è fede fare le crociate magari brandendo rosari, crocifissi o presepi per poi dimenticarsi dell’uomo che annega nel mare dell’indifferenza e dell’egoismo.
La fede è abbandono, è assumere i sentimenti di Cristo. La vera fede è alimentata con quel dialogo intimo e costante che si chiama preghiera che diventa carne, che diventa vissuto e che sa guardare alle ingiustizie.
Oggi Gesù ci propone una maestra di preghiera: la vedova rompi scatole che ci insegna a non rassegnarci all’ingiustizia, a non accettarla e a non arrendersi; questa donna sola, non dà pace al giudice chiedendogli l’impossibile: che faccia giustizia. Una richiesta insolita dato che il giudice è iniquo e corrotto e usa il potere per soddisfare i propri interessi. Questa donna ci insegna che l’insistenza e la costanza della preghiera provocano l’ascolto e la comunione, il risultato finale è o sarà la giustizia.
Quindi la preghiera non è la recita di formule ma un’apertura totale di cuore, per entrare nel cuore di Dio. La preghiera è un qualcosa di necessario alla nostra vita, è come un broncodilatatore o un cortisonico, efficaci nel dilatare le vie respiratorie e ad assumere un’azione antinfiammatoria. Quante preoccupazioni ci tolgono il respiro, quante circostanze infiammano e appesantiscono il nostro cuore. La nostra vita deve essere impregnata di preghiera. Tommaso da Celano ci dice che Francesco d’Assisi alla fine della sua vita non pregava più, era diventato preghiera. Questo significa che sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio, così come ci ricorda San Paolo. Tutto ciò che facciamo bisogna farlo con la consapevolezza che stiamo agendo con Cristo per Cristo e in Cristo.
Spesso pensiamo che siamo noi che dobbiamo cambiare le cose e che pregare il Signore serva a far sì che i nostri desideri o progetti si realizzino. Pensiamo che rovesciando fiumi di parole sia possibile far cambiare parere a Dio, accaparrandoci la sua benevolenza e la sua amicizia. La preghiera serve a convertire il nostro cuore a Lui, a cambiare il nostro atteggiamento e le nostre prospettive, solo il dialogo con il Signore ci fa guardare dove lui sta guardando e dove vuole condurci. La preghiera è relazione tra due amanti, è intimità, è sentire una voce misteriosa che ci sussurra all’orecchio: io ti amo, io ti amo, io ti amo. E tentare di rispondere.
Già il fatto che pensiamo a Dio è preghiera così come ci dice Sant’Agostino: “Il desiderio prega sempre, anche se la lingua tace. Se tu desideri sempre, tu preghi sempre”.
La vedova è l’immagine di Dio presente nei poveri, negli ultimi, nei migranti, in tutti coloro che sono la carne di Cristo e che hanno fame e sete di giustizia.
Eleviamo come Mosè con le braccia alzate verso Dio la preghiera che sgorga dal cuore, che si fa carne, che interceda presso i potenti di questo mondo affinché non si veda l’abbraccio di una mamma con un bambino in fondo al Mediterraneo, ma sulle strade della vita, che i nostri occhi non vedano e i nostri orecchi non odano le atrocità che la Siria sta patendo. La preghiera è protesta d’amore contro l’odio, contro la paura, l’egoismo, la mancanza di accoglienza e solidarietà. La Preghiera è prodotta da un cuore ascoltante capace di cambiare noi stessi per poi contribuire a cambiare il mondo che ci circonda senza la pretesa che l’altro diventi migliore. A noi il compito di seminare i frutti della preghiera. Facciamo nostre le parole dell’Apostolo Paolo a Timoteo: “annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento”.
Avere fede significa essere decentrati ma Cristocentrati, non più centrati in noi stessi, ma in Cristo Signore per librare l’amore facendoci porto sicuro per ogni essere umano.