di Claudia Alongi
Là dove i sentieri non sono battuti da orde di turisti alla ricerca di iodio e salsedine, si offre allo sguardo una Sicilia inconsueta, di una bellezza drammatica. Basta abbandonare le strade che costeggiano il mare e addentrarsi nella parte di terra più aspra per far sì che si aprano alla vista paesaggi suggestivi capaci di regalare sensazioni eccezionali.
È il caso del Cretto di Burri, il labirinto di cemento bianco che sorge sulle macerie del vecchio centro storico di Gibellina distrutto dal terremoto del Belice nel gennaio del ’68.
Si tratta di una delle più estese opere di Landscape Art al mondo pensato per essere “luogo di conservazione della memoria” attraverso la tecnica del cretto, una superfice lavorata per ricreare le fessurazioni tipiche delle terre argillose al culmine dell’essicazione.
A seguito del devastante terremoto che provocò migliaia di vittime e altrettanti sfollati, si decise di ricostruire la città in una nuova collocazione distante pochi chilometri dal vecchio sito e tentare una rinascita culturale del territorio.
L’allora Sindaco chiamò a raccolta artisti, scultori e architetti da tutto il mondo chiedendo loro un contributo creativo per ridisegnare il nuovo territorio urbano così da rendere Gibellina Nuova un vero e proprio polo artistico.
È in questa occasione che Alberto Burri vide di persona le rovine della città e pensò di costruire il più grande dei suoi cretti proprio lì, sulle macerie del vecchio centro storico, riempiendo con una colata di abbagliante cemento bianco i ruderi e riproducendo l’impianto urbano originario. Le fessure e i solchi creati col cemento che oggi sono praticabili, ripercorrono i vicoli e le piazze della vecchia Gibellina, imprimendo per sempre nella forma, il ricordo amaro di quell’evento naturale sfortunato.
Lunghissimi i tempi di realizzazione: i lavori del Cretto di Burri, avviati nel 1985 e interrotti nel 1989, sono stati portati a termine per come immaginato da Burri solo nel maggio del 2015. L’artista, purtroppo, non ha potuto vedere la sua opera completa perché venuto a mancare nel febbraio del ‘95.
E meno di un anno fa è stato inaugurato il Museo del Grande Cretto di Gibellina, all’interno di un’ex chiesa rimasta in piedi dal terremoto. Il Museo raccoglie al suo interno foto di repertorio che raccontano la Gibellina che fu prima del terremoto, la devastazione del sisma e le fasi che hanno portato alla progettualità del Cretto.
Il Grande Cretto, così suggestivo e straniante da lasciare senza fiato nei suoi oltre 80mila metri quadrati, è diventato un luogo silenzioso e bloccato nel tempo, memoria palpabile di una devastazione fattasi seducente per gli occhi. Talmente seducente da essere stata immortalata da fotografi di fama mondiale e scelta come ambientazione per campagne pubblicitarie di marchi di lusso.
Foto Oliviero Toscani