Avvocato Giuseppe Scozzari
Dal 26 marzo 2020 è in vigore nel nostro Paese il nuovo decreto legge (n.19) che disciplina le misure di contenimento del COVID-19.
Questo decreto legge ha un merito, ossia quello di sanare le molte falle sul fronte del principio di legalità, in cui erano incorsi soprattutto i DPCM (decreti del Presidente del Consiglio).
Non è il momento di fare polemiche e non ne abbiamo fatte, ma era inconcepibile che una serie di DPCM (che assurgono a fonte regolamentare la penultima nella scala delle fonti a seguire troviamo gli usi e le consuetudini), incidessero in maniera preponderante su principi e valori (tra tutti la libertà personale ed il libero esercizio dell’attività di impresa) tutelati dalla Costituzione oltre che dalle leggi ordinarie.
Ma vediamo cosa cambia in concreto con l’entrata in vigore del nuovo decreto, che avrà efficacia fino al 31 luglio 2020, data indicata in via molto cautelativa dal Governo, quale probabile data del cessato allarme COVID.
§ 1. Non più conseguenze penali, ma sanzioni amministrative, per chi non ottempera alle ordinanze.
Le precedenti sanzioni da penali, per le medesime condotte indicate nei DPCM e nel D.L. n. 6/20, diventano quasi tutte amministrative, in altri termini fedina penale quasi salva, un po’ meno il portafogli. Nel D.L. ovviamente viene utilizzata la formula residuale “salvo che il fatto non costituisca più grave reato”, ciò significa che se un soggetto sa di essere positivo al virus e se ne va in giro a contagiare altre persone volontariamente o colposamente, non potrà invocare a suo favore l’applicazione della sanzione amministrativa, perché in questi casi ne risponderà penalmente.
L’art. 4 del D.L. 19/20 statuisce che il mancato rispetto delle misure di contenimento (leggasi ordinanze di vario titolo e grado) sarà punito in alcuni casi con la sanzione amministrativa, che va da un minimo di 400 euro ad un massimo di 3.000 euro, mentre in altri casi rimane condotta penalmente rilevante . Ma andiamo con ordine:
1) La prima ipotesi riguarda soggetti che non sanno di essere positivi e decidono deliberatamente o colposamente di violare le ordinanze (nazionali, regionali o comunali), questi rischiano una sanzione amministrativa, applicata dal Prefetto, che va euro 400 ad euro 3000, salvo che non commetta la violazione a bordo di auto o motociclo, in questi casi la sanzione dovrà essere aumentata fino ad un terzo; è stato eliminato il riferimento all’applicabilità degli artt. 650 c.p. e 260 T.U. leggi sanitarie.
2) La seconda ipotesi riguarda gli esercizi e le attività produttive e commerciali, questi infatti, in caso di violazione dei provvedimenti amministrativi, oltre alla sanzione amministrativa pecuniaria (€ 400\5000), rischiano di vedersi chiuso l’esercizio commerciale e\o l’attività per un periodo che va da cinque a trenta giorni. Se il titolare dell’esercizio commerciale reitera la condotta rischia di vedersi applicata la sanzione della chiusura nella misura massima.
§ 2. Quando la condotta diventa reato?
Ovviamente non tutto può essere ricondotto nell’alveo della sanzioni amministrative, ci sono condotte che per forza di cose sfuggono alla legge amministrativa e rientrano in quella penale, si tratta di condotte estremamente gravi che il legislatore ha, ovviamente, voluto mantenere tali e punirli con la legge penale.
In sintesi:
1) La prima ipotesi penalmente rilevante, riguarda soggetti risultati positivi al virus che deliberatamente decidono di violare la quarantena. In questi casi i contravventori rischiano da tre a diciotto mesi di arresto e l’ammenda che va da un minimo di euro 500 ad un massimo di euro 5.000. Il D.L. in esame, infatti, nel richiamare l’art. 260 T.U. leggi sanitarie, si è preoccupato di modificare la precedente sanzione che prevedeva sanzioni non più attuali e pregnanti.
2) Seconda ipotesi: l’art. 4 co. 6 del D.L. in esame prevede, inoltre, il caso di epidemia colposa, ossia quando un soggetto sapendo di essere positivo al virus viola le misure di contenimento; in questi casi rischia da uno a cinque anni di reclusione (art. 452 c.p. ”Epidemia colposa”).
3) Terza ipotesi: gli stessi fatti di cui al punto 2) se commessi con dolo, ossia con coscienza e volontà, sono riconducibili alla ipotesi di ”Epidemia dolosa” (art. 438 c.p.), anche nella forma del dolo eventuale, ipotesi realistica, considerato che è sufficiente l’accettazione esplicita del rischio di contagiare altre persone. In questi casi la pena è dell’ergastolo.
§ 3. Rapporto Stato/Regioni/Comuni.
Grandissima confusione si è ingenerata nel corso di questi tumultuosi mesi tra le istituzioni locali, regionali e centrali.
Spesso i presidenti delle regioni presi da ansia da prestazione o da vere preoccupazioni, hanno emesso provvedimenti di contenimento estremamente restrittivi, distonici rispetto a quelli statali ed a quelli delle altre regioni.
Se a tutto ciò si aggiungono i provvedimenti di sindaci interventisti e\o iper-protagonisti, ne viene fuori un quadro normativo-regolamentare da rabbrividire in termini di omogeneità e coerenza giuridica.
Il D.L. in commento cerca di mettere ordine disciplinando tali aspetti ed interdicendo potestà autonome contrastanti con quelle statali.
Ecco cosa prevede il D.L.:
1) REGIONI. Potere intertemporale delle Regioni di emettere ordinanze a tutela della salus pubblica. In altri termini le Regioni, nella vacatio delle ordinanze governative, se dovessero registrare situazioni di aggravamento del contagio potranno emettere ordinanze restrittive delle misure di attenuazione del contagio stesso. Le suddette ordinanze avranno una efficacia limitata fino alla emissione delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri, non potranno incidere nelle attività produttive né di quelle a rilevanza strategica nazionale. Quindi è stato messo un freno all’orda regolatrice delle regioni. In poche parole se il Presidente del Consiglio dei Ministri dovesse decidere che i supermercati dovranno rimanere aperti nei week end, nessun presidente di regione potrà emettere una ordinanza in contrasto.
2) COMUNI: regulation ai sindaci! Questi non potranno adottare ordinanze in contrasto con le misure statali né potranno adottare ordinanze che vadano oltre le materie tracciate dal D.L. in esame. In caso contrario le ordinanze dovranno essere ritenute devono inefficaci.
§ 4. Breve chiosa giuridica.
Siamo in uno stato di gravissima emergenza sanitaria e certamente non si va per il sottile né tanto meno si vogliono fare raffinate disquisizioni giuridiche, ma qualche problema giuridico esiste e probabilmente verrà fuori quando tutto questo sarà terminato ed i nodi (rectius: provvedimenti dei Prefetti) verranno al pettine.
Il D.L. in commento cancella di fatto gli emittendi decreti penali di condanna derivanti dalle migliaia di contestazioni che in questi giorni sono state elevate dalle forze di polizia. Lo fa badando alla sostanza nel senso che, con una alchimia giuridica, quelle “multe” elevate in precedenza al D.L. del 25.03.20 si trasformeranno in sanzione amministrativa, la cui somma non deve andare oltre € 200,00. Così facendo il Governo ha aggirato due problemi che avrebbero potuto nascere:
1) il primo riguarda il principio della riserva di legge. Una condotta che integra il reato non può essere depenalizzata, viene depenalizzata la norma che la prevede. Il D.L. del 6.02.20 prevedeva il reato di violazione delle disposizioni date per ragioni di sanità pubblica e rinviava per la pena all’art. 650 c.p.. Con il D.L. in commento il governo ha evitato un pastrocchio giuridico, depenalizzando con norma di pari rango (legge ordinaria) un precedente reato previsto dal D.L. del 6.02.20, pericolo scampato!!!
2) Il secondo problema era ugualmente serio perché si rischiava di violare una norma costituzionale ossia l’art. 3 della Costituzione! In che senso: pensate cosa sarebbe successo se il governo non avesse ridotto al minimo del minimo le sanzioni precedentemente elevate dalle forze di polizia. Ci saremmo trovati innanzi la violazione del principio di uguaglianza tra: cittadini che avevano commesso la stessa identica condotta prima e quelli che l’avrebbero commesso dopo l’approvazione del D.L. del 25.03.20. Anche in questo caso il Governo è stato attento a non intaccare diritti tutelati dalla Costituzione.
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Cosa c’è da augurarsi? C’è da augurarsi che in primo luogo cessi questo dramma mondiale ed in secondo luogo che venga meno, grazie all’azione responsabile dei cittadini, questa confusa, contraddittoria e selvaggia consecuzione di provvedimenti che oltre a determinare sconforto nei cittadini ne determina uno stato di perenne angoscia, su ciò che è lecito e ciò che non lo è!!
Una cosa è certa: se si sta a casa tutto è lecito, non sempre è facile soprattutto quando di mezzo ci sono i bisogni essenziali dell’essere umano.
Palermo\Agrigento lì 10 marzo 2020