Pino Sciumè
Liddruzzu, Calogero Lo Bue. Non frequentava la scuola ma andava per i campi a raccogliere legna che portava ad un panificio. La titolare in cambio gli regalava una ‘mbroglia di pane che lui portava subito alla madre.
Era il 1949 e i favaresi vissero per alcuni mesi un’esperienza del tutto nuova La guerra era finita da pochi anni, ma la fame, la miseria e la mancanza di lavoro si toccavano ancora con mano.
Tra i pochi fortunati che potevano a stento sfamare le famiglie vi erano i solfatari, ma alla notizia che le due miniere Ciavolotta e Lucia si avviavano alla chiusura, esplose il dramma dell’emigrazione. L’allora giovane regista cinematografico Pietro Germi, sulla scia del nascente Neorealismo, venne a girare a Favara la prima parte del film Il Cammino della Speranza.
Ancora una volta, il nostro conterraneo e maestro in pensione Salvatore Sferrazza, ci racconta con dovizia di particolari vissuti personalmente. Questa la sua storia.
Storia di Liddruzzu, il ragazzo di Favara scelto da Pietro Germi per una parte con Barbara (Elena Varzi) ne “Il cammino della speranza”.
Quando a Pietro Germi, uno dei più grandi rappresentanti del neorealismo cinematografico del dopoguerra, gli balenò l’idea di girare un film che raccontasse la storia delle zolfare “Ciavolotta e Lucia” e degli zolfatai favaresi che vi lavoravano, decisi a emigrare clandestinamente in Francia, venne a Favara per rendersi conto della triste condizione socioeconomica dei suo abitanti. Saputo della sua presenza in piazza, grandi e piccini ci precipitammo di fronte al bar gestito dal sig. Butticè e Liddruzzu, mio fraterno amico, si fece largo in mezzo alla folla per andare a conoscerlo. Pietro Germi lo guardò con attenzione e colpito dalla sua prontezza gli chiese : ” Come ti chiami ?” “Liddruzzu “, “Ah!” esclamò Pietro Germi ” E che vuol dire ?” “Lillo, ma tutti mi chiamanu Liddruzzu “. “Bene ” disse Pietro Germi, ” Domani mattina alle 10 vieni a trovarmi qui al bar che ti voglio parlare.” Tutti restammo sbigottiti, ma il più sbigottito e felice fu Liddruzzu che si mise a gridare :”Dumani Pietro Germi mi voli parlari! ” Il giorno dopo io, Liddruzzu, mio fratello e suo fratello puntualmente andammo a trovare Pietro Germi sempre travolto da la folla curiosa. Liddruzzu, come era solito, si fece largo e presentandosi al Regista lo salutò dicendogli “Benadica”. Pietro Germi lo abbracciò e dandogli un pezzo di carta scritta gli disse : ” Devi imparare a memoria quello che c’è scritto qui perché ti voglio affidare una parte nel film che devo girare qui a Favara.” La felicità di Liddruzzu fu indescrivibile, come anche la sua preoccupazione perché non sapeva leggere, non avendo frequentato la scuola. Tornato a casa, raccontò quasi piangendo a sua madre, che nel frattempo stava parlando con mia madre, l’incontro con il Regista e le disse : ” E ora comu ha fari ca un sacciu leggiri? . Mia madre lo tranquillizzò dicendogli : ” Non ti preoccupare, te la faccio imparare io “. E così almeno tre volte al giorno Liddruzzu recitava la parte con mia madre fino a quando non la imparò molto bene.
Nel film Liddruzzu doveva andare a trovare e salutare sua sorella Barbara, anche lei decisa a partire nonostante il divieto dei genitori, nella chiesa di san Calogero durante la celebrazione del matrimonio di due giovani favaresi che dopo sarebbero partiti con gli altri nella ” speranza ” di arrivare in Francia. Liddruzzu, come potete vedere, recitò la parte a meraviglia con la soddisfazione di Pietro Germi che lo abbracciò forte e lo ricompensò con una meritata e lauta somma di denaro. Di quello che ho raccontato a Favara si parlò per molto tempo e Liddruzzu rimase nell’immaginario collettivo del Paese, ricordato anche dopo la sua emigrazione in Belgio.