Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
In questo periodo di pandemia costretti a stare a casa come chiusi in un recinto, Gesù propone la figura del Pastore Bello che spinge le pecore ad abbandonare l’ovile per spingersi in luoghi aperti correndo anche qualche pericolo. Ma per abbandonare il proprio recinto le pecore devono riconoscere la Voce inequivocabile del Pastore, perché il rischio di confondere la Voce di chi vuole il nostro bene con gli strilli dei mercenari, può essere alto.
La voce richiama l’importanza della relazione, Gesù fonda tutto sulla relazione, sull’ascolto reciproco. Ascoltare come Egli ascolta il Padre, dialogare come Egli dialoga col Padre, lui modello di pastore vero.
La Voce è la Parola ascoltata, letta, meditata, ruminata, incarnata e vissuta. È la Parola di Dio che ci permette di saper fare discernimento e distinguere il vero pastore dal mercenario.
Quella Parola, che sconvolge e stravolge i nostri progetti e i nostri piani, che ci scuote, ci scruta, ci incendia, ci innalza, ci rianima e riempie la nostra esistenza. Una volta seminata nel nostro cuore la Parola ci spinge fuori dai nostri recinti, fuori dalle nostre false sicurezze, certezze, convinzioni e prese di posizione che ci allontano dal fratello. Ci spinge fuori dalle sacrestie, fuori dalla curia, dalle canoniche, dai conventi, luoghi divenuti dei fortini che ci proteggono da una realtà che scomoda la nostra quiete e i nostri cammini spirituali definiti, statici, inossidabili e puri, per buttarci nella mischia, facendoci ricordare che Dio abita le periferie… che ama i luoghi aperti ed è spesso dove l’incenso e sostituito dalla puzza dell’uomo. La Parola come l’Eucarestia è una forza che spinge fuori!… ricordando le parole di Don Tonino Bello, credo che la Parola così come l’Eucarestia dove spesso l’ascoltiamo, ci obbliga ad abbandonare la tavola, sollecita all’azione, spinge a lasciare le nostre cadenze residenziali. Ci stimola ad investire il fuoco che abbiamo ricevuto in gestualità dinamiche e missionarie. Se non ci si alza da tavola, l’Eucaristia rimane un sacramento incompiuto.
Meglio una Chiesa incidentata, che una Chiesa chiusa. Un pastore che non fa puzza di pecore, così come dice Papa Francesco, non è altro che un impostore. Uno che non si occupa e preoccupa del gregge che gli è stato affidato, ma che spadroneggia e fa tutto per interesse proprio accumulando ricchezze che sarà obbligato a lasciare è un mercenario che come lupi travestito da agnello manipola la gente per ottenere consensi e fare carriera. A tal riguardo ripropongo uno stralcio di una meditazione scritta da Don Luciano Cantini che citando Papa Francesco afferma: “ ‘Corriamo il pericolo di rinchiuderci dentro un ovile, dove non ci sarà l’odore delle pecore, ma puzza di chiuso!’ (Papa Francesco, 4 maggio 2016). È la chiusura della comunità ecclesiale in se stessa che provoca il brigantaggio, ci sarà sempre qualcuno pronto a spacciarsi per pastore, potrà arrivare a vestire porpore e talari ma non ha a cuore la salvezza dei fedeli per perseguire piuttosto progetti di autoaffermazione.
Occorre fare attenzione «alla ipocrisia della mediocrità, di quelli che vogliono entrare in seminario perché sentono che sono incapaci di cavarsela da soli nel mondo». «Se tu trovi uno che è un po’ troppo diplomatico stai attento. Se trovi uno che è un bugiardo, invitalo a tornare a casa» ha detto papa Francesco a un gruppo di studenti salesiani (02.05.2017)”.
Succede a tutti di essere fragili, incoerenti, a volte burberi, poco importa. Ciò che è necessario è essere innamorati di Cristo e dei fratelli.
E’ Gesù la porta, spesso stretta, scomoda, perché esige da noi un coinvolgimento personale, perché come Lui abita noi, vuole che noi abitiamo noi stessi e la realtà dove Egli ci dà la gioia e la grazia di vivere nella Carità e Verità, per vivere una vita donata senza misura!
Seguiamo quella Voce che da speranza, che apre i cuori all’amore vero e contagioso per essere pecore che seguono il Pastore Bello e non pecoroni che inseguono le promesse dei mercenari.