IL TAR LAZIO RINVIA ALLA CORTE COSTITUZIONALE LA NORMA SUL CONCORSO PER IL RECLUTAMENTO DEGLI AGENTI DELLA POLIZIA DI STATO: ACCOLTO RICORSO DI UN GIOVANE AGRIGENTINO
La prima sezione quater del TAR del Lazio ha accolto il ricorso presentato da un agrigentino aspirante allievo agente della Polizia di Stato che era stato escluso dalla graduatoria del concorso per l’assunzione di 1.148 Allievi Agenti.
In particolare, i giudici amministrativi dopo aver ammesso con riserva il giovane, difeso dagli avvocati Vincenzo Caponnetto, Michele Melfa e Alfonso Neri, alle prove di accertamento dei requisiti fisici, hanno dichiarato con ordinanza “rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 11, comma 2 bis, lettera b) del decreto-legge numero 135 del 2018, introdotto, in sede di conversione del decreto-legge, dalla legge 11 febbraio 2019, numero 12, nella parte in cui dispone: ‘purché in possesso, alla data del 1 gennaio 2019, dei requisiti di cui all’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982, n. 335, nel testo vigente alla data di entrata in vigore della legge 30 dicembre 2018, n. 145, fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 2049 del citato codice dell’ordinamento militare’ per contrasto con gli articoli 97 e 3 della Costituzione”.
Più precisamente, la vicenda ha avuto inizio con il concorso pubblico per il reclutamento di 893 agenti di Polizia indetto, con decreto del 18 maggio 2017, dal Ministero dell’interno. Tra i requisiti per la partecipazione al concorso era previsto un limite massimo di età pari ad anni 30 ed il possesso del titolo di studio della licenza media inferiore. Nella graduatoria definitiva del concorso, oltre ai vincitori, erano collocati tutti i candidati che avevano riportato almeno la sufficienza nella prova scritta, ma non erano stati convocati, per mancanza di posti disponibili, alle ulteriori prove selettive. Si trattava quindi di candidati non ancora idonei, non avendo essi completato la selezione concorsuale, ma potenzialmente interessati ad eventuali provvedimenti di scorrimento della graduatoria, qualora si fossero resi disponibili ulteriori posti da coprire senza l’espletamento di un nuovo concorso.
Nel corso della procedura selettiva, veniva modificato il Regolamento che stabilisce i requisiti di partecipazione ai concorsi pubblici per l’accesso alla qualifica di agente di Polizia diminuendo il limite di età per l’accesso al suddetto da 30 a 26 anni.
Successivamente, veniva disposta l’assunzione degli agenti della Polizia di Stato mediante scorrimento della graduatoria limitatamente ai soggetti risultati idonei alla relativa prova scritta d’esame e secondo l’ordine decrescente del voto in essa conseguito purché in possesso del nuovo requisito di età da ultimo modificato.
Di conseguenza sono stati esclusi tutti coloro che, nel frattempo, avevano superato il limite di età di 26 anni, tra cui il ricorrente assistito dagli avvocati Caponnetto, Melfa e Neri.
Il TAR Lazio in accoglimento della tesi difensiva ha rilevato come la limitazione dello scorrimento della graduatoria ai soggetti in possesso del nuovo requisito di età (26 anni e non più 30) si traduce nell’introduzione di un criterio di selezione non previsto dal bando e soprattutto dopo la formazione della relativa graduatoria.
La graduatoria, in sostanza, è stata modificata a posteriori, in modo da escludere dall’assunzione numerosi candidati utilmente classificatisi in base al criterio a beneficio di altri candidati, meno meritevoli, stando ai criteri di valutazione concorsuali, ma più giovani di età. Modificare le “regole del gioco” mentre la “partita” è in corso determinerebbe la violazione della par condicio dei partecipanti e del principio di tutela dell’affidamento.
Il Tar Lazio quindi, in accoglimento delle tesi difensive degli Avv. Caponnetto, Melfa e Neri ha sospeso il giudizio ordinando l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e la relativa comunicazione alle parti costituite, al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.