Giuseppe Maurizio Piscopo
Lina Urso è la maestra che avremmo voluto incontrare nella nostra vita. Tra i suoi sogni c’era quello di fare il medico. Tra le sue grandi passioni il giardinaggio. Lei ama le piante grasse, le conosce, le cura, le sa ascoltare e le ortensie sono le sue preferite. Ne ha una bella raccolta. E poi i viaggi, la famiglia, i figli e nipoti, di cui è un punto fermo di riferimento. Per lei è importante l’amicizia. E’ attaccata alle tradizioni siciliane. Ha seguito sempre tutte le processioni del Venerdì Santo che a Favara sono un culto. Avrebbe potuto intraprendere la carriera politica, ma ha scelto la famiglia. E’ una donna positiva che sa affrontare i problemi con serenità e determinazione.
E’ un’operatrice culturale a 360 gradi, donna di cultura in un paese che ha vissuto grandissimi cambiamenti nel corso degli ultimi anni. E’ la Presidente del Centro culturale Renato Guttuso responsabile del Premio mimosa d’oro che quest’anno sarà assegnato alla memoria di Lorena Quaranta.
E’ molto legata a Favara ed è certamente uno dei personaggi più importanti. Per tutti noi e per le nuove generazioni è un esempio positivo di generosità.
Che maestra sei stata, puoi tratteggiare un ricordo?
Sono una maestra per caso. Da piccola sognavo di fare il medico, sogno osteggiato dai miei familiari non ritenendolo adatto ad una ragazza di quei tempi, e quindi, quasi costretta, ho preso il diploma magistrale.
Fu un sacrificio che cambiò la mia vita, mai avrei immaginato quanto possano dare i bambini con la loro innocenza, con i loro sguardi, i loro sorrisi, i loro abbracci. Il mio lavoro è diventato presto una passione.
Ho amato molto i miei alunni e ho amato stare con loro, io ho dato loro e loro hanno dato a me. Mi hanno insegnato la spensieratezza, la spontaneità, a gioire delle piccole cose, a non vergognarsi delle proprie debolezze. Mi hanno insegnato ad agire con il cuore. Ho insegnato loro il sapere con amore, li ho accettati per quello che erano con pregi e difetti, con le paure e le incoscienze, li ho guidati senza imporre la mia esperienza, li ho aiutati a tirar fuori il meglio di sé.
Penso di aver dato ai miei bambini gli strumenti per crescere bene umanamente e per inserirsi nel tessuto sociale con sani principi e grandi valori.
Un ricordo?
Una bambina di prima elementare sapeva che mi piacciono le piante, alla fine dell’anno, mi ha regalato una grande conchiglia con dentro una piantina e porgendola, mi disse: “Maestra non l’ho comprata, l’ho piantata io, ti piace”? Ancora oggi conservo quella conchiglia, mi ricorda un genuino gesto d’amore.
Chi sono i bambini?
I bambini, diceva Maria Montessori, “sono la parte migliore del mondo”. Sono la purezza, la semplicità, la speranza, la vita. Poter stare vicina a loro, ascoltarli, seguirli, è stato per me un privilegio, una forza che ha dato un senso alla mia vita e al mio operare.
Come si fa a dedicare la propria vita alla Cultura?
Sono stata insegnante, sono mamma, nonna, moglie e non sono mai venuta meno, ai miei doveri familiari.
Da 35 anni Presidente del Centro “R. Guttuso, ho organizzato il premio “Mimosa d’oro”, il premio “I. Buttitta”, e tantissime altre iniziative, compresi i viaggi culturali in varie parti del mondo.
Da 28 anni sono delegata AIRC.
Il motto di mia madre, che ho sempre ripetuto ai miei figli, ai miei nipoti e ai giovani, è: “Fai le cose con passione e con amore” l’amore è là dove ogni cosa si fa con il cuore, se fai una cosa solo perché la fanno gli altri, per sentirti importante e non ci credi, fallisci.
Ognuno di noi ha il dovere di dare un contributo al miglioramento culturale, politico e sociale del nostro Paese. Amo la mia terra, la mia gente, il mio paese e a loro dedico il mio tempo con passione e spirito di sacrificio.
Quante persone fanno parte del Centro Renato Guttuso?
Il centro Guttuso ha 90 soci, che potrebbero essere tanti, tanti di più, se lo volessimo. Noi preferiamo che il Centro cresca qualitativamente. Una commissione seleziona le richieste, che sono tante e sceglie persone che condividono con noi idee, progetti, sentimenti.
Come ti trovi a Favara?
Vivo in un paese meraviglioso ma difficile, un paese dalle mille contraddizioni, c’è tanta brava gente che s’impegna e insieme quella che le cose belle sa solo rovinarle, tanti palazzi e un centro storico fatiscente, tante macchine di lusso e tanta disoccupazione.
Quando 35 anni fa un gruppo di amici pensò di creare il Centro Guttuso era consapevole di tutto ciò, sembrò strano che a presiedere fosse una donna. Il mondo ancora apparteneva agli uomini. Era una sfida che ho accettato con qualche perplessità, non ero sicura di farcela, però avevo tanta voglia di rendermi utile, di smuovere, assieme agli amici, una Favara un pò spenta culturalmente e socialmente.
Renato Guttuso e Ignazio Buttitta sono due grandi personaggi di Bagheria. Qual è attualmente il rapporto tra Favara e Bagheria?
È strano. Favara ha legato il suo nome a due figli illustri di Bagheria. Il primo Centro Culturale intestato a Renato Guttuso è nato nel nostro paese, così pure il primo premio di cultura e poesia siciliana Ignazio Buttitta. Che siano entrambi di Bagheria è una pura coincidenza.
Sarebbe molto bello poter stringere maggiori rapporti culturali con la città che a loro ha dato i natali.
Favara e la violenza sulle donne è un capitolo amaro: la scomparsa di Gessica Lattuca, l’uccisione di Lorena Quaranta. Come si può spiegare questa violenza contro le donne?
Il femminicidio è un capitolo amaro, non solo per Favara, ma per il mondo intero, un’emergenza non sufficientemente riconosciuta e denunciata.
La sparizione di Gessica Lattuca, l’uccisione della giovane Loredana Quaranta hanno riaperto il dibattito a Favara sul perché e sul come arginare il fenomeno.
Gli uomini spesso non accettano i cambiamenti del ruolo femminile nella società. Queste donne sono martiri della libertà, uccise nel momento in cui hanno detto basta, nel momento in cui hanno alzato la testa e fatto valere le proprie ragioni.
E’ necessario un grande cambiamento culturale, una maggiore attenzione sociale verso le donne, a cominciare dalla famiglia, dalla scuola, dai media e dalla società. Le donne devono denunciare e chiedere aiuto senza vergogna, senza paura di essere giudicate. E’ una battaglia che va combattuta anche dagli uomini per cancellare stereotipi, discriminazioni e violenze.
Penso, che per un bambino quello che conta non è la quantità di tempo trascorso con i genitori ma la qualità.
La donna è alla pari dell’uomo e forse, per i ruoli che svolge continuamente e contemporaneamente nella sua vita sociale, dovrebbe esser onorata per la sua capacità di esser madre, moglie e figlia.
Mi puoi parlare della Mimosa d’oro?
La “Mimosa d’oro” è un appuntamento che si svolge da 30 anni con l’obiettivo di promuovere i valori della tolleranza, della solidarietà e della legalità.
Da qui il premio a Claudia Koll, Chiara Amirante, Titti Pastiglione, Claudia Lodisani, Dacia Maraini, Flavia Petrin, Simona Atzori ecc… nomi di eccellenza che abbracciano diverse forme della vita culturale e sociale del nostro Paese, tutte personalità di rivelante spessore che hanno un comune denominatore: la difesa dei diritti umani, la pace, la solidarietà.
A decretare la vincitrice è un’apposita commissione composta da valide persone impegnate nel mondo dell’economia, delle istituzioni, dell’informazione.
Da sempre Mimosa d’oro vuol dire anche SOLIDARIETA’, una solidarietà tangibile. Grazie all’impegno dei soci del centro Guttuso e del grande cuore degli studenti di tante scuole agrigentine ogni anno vengono raccolti dei soldi che sono devoluti in beneficenza. Ricordo: l’associazione Onlus “Le Opere del Padre” fondata da Claudia Koll; quella di Chiara AMIRANTE Comunità Nuovi Orizzonti; l’associazione LAD ONLUS di Cinzia FAVARA. Quest’anno il premio è stato sospeso ma non è stata sospesa la solidarietà, infatti, grazie al grande cuore dei soci e del centro Guttuso, abbiamo raccolto una cospicua somma che abbiamo donato all’associazione “Agrigento non si arrende” formata da medici, per l’acquisto di un respiratore polmonare e di altri e DPI per i medici e gli infermieri o comunque per gli operatori sanitari degli ospedali di Agrigento.
La giuria del premio Mimosa d’oro quest’anno ha scelto Lorena Quaranta, la giovane dottoressa che voleva cambiare il mondo. E’ un gesto bellissimo, ricco di significato.
Uno dei Riconoscimenti Speciali che fanno da corollario alla Premio Mimosa d’oro 2020 è stato assegnato alla memoria di Lorena Quaranta, la giovane medico di Favara vittima di femminicidio uccisa barbaramente dal suo fidanzato. Con Lorena vogliamo ricordare tutte quelle donne vittime di violenza, un Riconoscimento per tenere acceso il dibattito sul tema della violenza sulle donne presente in ogni strato della nostra società che mette in risalto, purtroppo, una società malata. Ricordando Lorena e aprendo un dibattito sul femminicidio vogliamo dare anche il nostro contributo per far sì che barbarie del genere non avvengano più e che le donne siano più tutelate.
Molti scrittori importanti sono nati nella provincia di Agrigento?
Agrigento è la Valle dei Templi, ma è anche molto altro. E’ la provincia con il più alto tasso di scrittori di levatura internazionale: Pirandello, Sciascia; Tomasi di Lampedusa, il nostro Antonio Russello, Camilleri, Agnello Hornby, e molti altri che andrebbero riconosciuti meglio e rivalutati.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Più che progetti, ho sogni e ne ho tanti, in particolare riguardano le mie nipoti e con loro tutti i giovani ai quali, veramente, ho dedicato la mia vita; vorrei che si sentissero soddisfatti della loro vita, felici di vivere in un mondo sano, ricco di affetti sinceri e affrontino il futuro con gioia e determinazione.
Quanto a me, non chiedo altro che dedicarmi ai tanti progetti in cui sono coinvolta con l’associazione, cui mi fregio appartenere.
Mi piacerebbe, inoltre, concedermi, assieme ai miei amici soci, qualche altro bel viaggio, cosa che oggi, causa l’emergenza coronavirus, mi sembra improbabile.