Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero»
Lo stupore di Gesù mi stupisce e nello stesso tempo mi incoraggia, mi catapulta in una visione che appartiene ad una logica che facciamo fatica ad acquisire, a fare nostra: la logica di Dio.
Gesù prima di pronunciare questa preghiera di benedizione dove innalza una lode al Padre, ha sperimentato il fallimento del suo apostolato, della sua missione: coloro che pensava lo ascoltassero si mostrano ostili al suo stile, al suo insegnamento… alla novità. I conoscitori della Legge, coloro che hanno studiato, che possiedono la sapienza rifiutano tutto l’operato del nuovo Maestro di Nazareth.
In una situazione del genere la prima cosa che viene spontaneo fare e mandare tutto e tutti a quel paese, Gesù no, non si lamenta, cambia il suo modo di vedere le cose, inizia a vederle sotto in’altra logica, quella del Padre.
Si stupisce del fatto che coloro che sanno alla fine non sanno e quelli che credono di non sapere… ascoltano, si abbandonano a lui e si fidano di questo giovane che insegna con autorità e mette in pratica ciò che dice. Si stupisce perché il posto vuoto lasciato dai “prescelti” viene occupato dagli anawim, da coloro che vivono le periferie, da coloro che vengono considerati ultimi, da coloro che non hanno titoli. Quelli che non sanno di norme e regole liturgiche, che non conoscono il diritto canonico e il catechismo, coloro che non badano alle forme o alle tradizioni, ma che sono pronti ad ascoltare, a mettersi in discussione, ad apprendere la sapienza della Parola del Verbo… quei piccoli a cui vengono rivelate “queste cose”.
Di quali cose si tratta? Di tutte quelle situazioni che viviamo quotidianamente che vengono affrontate non secondo una logica umana che porta sovente alla divisione, alla sopraffazione dell’altro, a pensare in termini di ragione o torto… ma secondo la logica dell’amore che Dio ci propone: donarsi sempre e comunque senza pretendere nulla in cambio.
Chi non si fa piccolo, chi non prende coscienza di essere mancante in qualcosa e che non è il padreterno, chi si rende conto di non essere il primo o il migliore ma uno dei tanti, capirà che Gesù è venuto a portare la rivoluzione della tenerezza facendosi servo o non padrone.
Gesù si rivolge ad ognuno di noi con parole di conforto e di speranza: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”.
Si fa rifugio per chi capisce che con la rabbia, il rancore, la chiusura in se stessi ci si avvelena la vita. L’apertura ad una vita nuova all’essenzialità, alla disponibilità di imparare da Lui che è mite e umile di cuore, ci permette di uscire dall’io egoista pieno di orgoglio, per stupirci di un Dio che ci ama per la nostra piccolezza, la nostra fragilità e persino quando facciamo le nostre piccoli o grandi cavolate.
Non basta seguire Gesù è necessario assumere la logica del Padre che è quella del dono, dello sapersi spendere per gli altri senza rivendicare nessun diritto.
Entrare nella dinamica della piccolezza significa riconoscere negli scartati del nostro mondo che si ritiene superiore, nei poveri, nei deboli, negli emarginati, il luogo privilegiato in cui Dio ha depositato la sua rivelazione. Andare dal Cristo è imparare da lui per diventare come lui è, mite e umile; solo facendosi piccoli ci è possibile accogliere, e si può cogliere, la rivelazione di Dio.
Solo uscendo dalla logica del mondo possiamo trovare ristoro e pace nella vera Sapienza che è quella del Vangelo.