Giuseppe Maurizio Piscopo
Ho conosciuto Maurizio Bologna a Custonaci sul set del film di Rosario Neri Colomba Legend e sono rimasto profondamente colpito per la splendida interpretazione di Fra Bernardino. Mi sembrava di averlo già conosciuto in un convento di Assisi dove ho studiato da giovane. Maurizio Bologna ha la faccia da cattivo, nella vita invece è affettuoso e comprensivo. Bologna è un attore multitasking che ha interpretato ruoli diversissimi in moltissimi film di successo come:“La mafia uccide ancora” di Pierfrancesco Diliberto, “Ore 18 in punto” regia di Pippo Gigliorosso, “La trattativa” regia di Sabina Guzzanti, “La voce negli occhi” regia di Rosario Neri; “In guerra per amore” regia di Pif; “Sicilian Ghost Story” regia di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza; “La mossa del cavallo” regia di Gianluca Taravelli; “Vite da sprecare” regia di Giovanni Calvaruso”; “Colomba Legend” di Rosario Neri prodotto da Lorebea Film; “Tuttaposto” regia di Gianni Costantino; “The last planet” regia di Terrence Malick; “Il giovane Montalbano”; “Agrodolce”; “Le mani sulla città “diretto da Matteo Lena e Fabrizio Lazzaretti, Il commissario Montalbano regia di Alberto Sironi;
“I Topi”per la regia di Antonio Albanese e moltissime altre produzioni di qualità che l’hanno fatto conoscere al grande pubblico del Festival del cinema di Venezia e al pubblico internazionale. Maurizio Bologna è un attore simpatico che ti mette di buonumore non solo al cinema ma anche al teatro. E’ un personaggio di cui sentiremo parlare molto negli anni che verranno. Ne sono certo.
- Quando hai iniziato a recitare? Ho iniziato veramente piccolo, mia sorella agli inizi degli anni 70 faceva parte di una compagnia teatrale “I Cardonazzi”.Un giorno ci fu bisogno di un bambino in scena per un lavoro dialettale, mia sorella Rosalba propose me e il regista mi diede quel ruolo. Oggi non sono più un bambino, ma da allora, non sono sceso più dal palco.
- Cosa significa recitare per un attore?
Significa entrare in un mondo magico, dove tutto è possibile, dove tutto può accadere, dove la finzione diventa realtà e la realtà si confonde con la finzione. Significa che il tempo assume un valore diverso, si può giocare con le emozioni di vario genere, ma sempre con la consapevolezza di non farsi mai del male.
- Da bambino i tuoi genitori ti osservavano con attenzione, ma in quel momento stavi recitando. L’arte ha fatto sempre parte dei tuoi sogni?
Mio padre era un artista, negli anni 40 fu ballerino di Tip tap e ballo russo in compagnie di giro, poi dopo la guerra conobbe mia madre e decise di metter su famiglia, ma rimase sempre nel mondo artistico e della creazione con la sua passione per la pittura. Già da piccolo io oltre al gioco canonico… avevo i miei momenti di evasione dalla realtà e improvvisavo nella mia cameretta storie che poi per i miei, diventavano veri e propri spettacoli con tempi infiniti e una drammaturgia quasi sempre tragica. Ma allora il mio più grande sogno artistico era fare il trapezista in un circo. Amavo così tanto il mondo circense che un giorno decisi di partire di nascosto con un circo che aveva finito i giorni di tour a Palermo, ma i carabinieri mi tolsero quel sogno…
- Cosa preferisci fra Teatro, Tv e Cinema?
Sono tre forme espressive ed interpretative diverse, il teatro dona l’immediato riscontro e una reciproca sinergia emozionale che non ha eguali. Tra il cinema e la tv “fiction” c’è una grande differenza, oltre che nella sfera recitativa/interpretativa, soprattutto nella tempistica di realizzazione, cioè, in una produzione cinematografica l’obbiettivo finale non è solo creare un prodotto da consegnare nel più breve tempo possibile per svariate situazioni che non sto ad elencare, il cinema riesce a dare anche quella serenità e oculatezza nel raggiungimento dell’ opera per cui l’attore può godere di tempi meno frenetici e stressanti che invece spesso si trovano in set televisivi.
- Oltre ad essere un attore, sei un regista ed un autore di piece teatrali. Cos’hai scritto?
Dopo varie collaborazioni e rifacimenti di testi scritti da altri autori, mi sono cimentato anch’io a scrivere qualcosa di originale e ad oggi ho quattro lavori teatrali e un paio di monologhi.
- Ricordi il primo spettacolo nel quale hai recitato. Che parte interpretavi?
Credo che fosse Fra Diavolo.
- Maurizio Bologna grande attore di cinema in diversi film importanti: “La mossa del cavallo”tratto da un’opera di Camilleri, in C’era una volta Vigata, con Pif ne: “La mafia uccide solo d’estate”, nel film: “Ore 18,00 in punto” di Pippo Gigliorosso e recentemente in Colomba Legend capolavoro di Rosario Neri, in concorso per il Premio David di Donatello, dove facevi la parte di fra Bernardino interpretata con grande maestria. Cosa ti ha dato il Cinema?
Dopo decine di anni in teatro, con i ritmi che lo stesso ti abitua ad avere, il cinema e la tv, oltre ad avere un pizzico di popolarità in più, mia ha aperto la possibilità di conoscere moltissime persone ed addetti ai lavori nel territorio nazionale.
- Che cosa provi quando reciti in costume sulla sella di un cavallo?
L’ esperienza di un film in costume e nello specifico ambientato nel 1877 è stata particolarmente articolata, i costumisti attentissimi ad ogni dettaglio e premurosi a tal punto che per la vestizione pre-set erano loro stessi a vestirci di tutto punto prima di girare. La scena in sella ad un cavallo bianco è stata particolarmente emozionante , sia per me, che per lui. Io non avevo mai girato su un cavallo al trotto mentre gli gridi come un pazzo di sopra… e credo che nemmeno lui aveva mai avuto di sopra un fantino così strano.
- Maurizio Bologna e il teatro dialettale. Ti senti a tuo agio ad interpretare il personaggio di Nofriu nel Cortile degli aragonesi di Ignazio Buttitta?
Il personaggio di Nofriu del Cortile degli Aragonesi in questa vastasata del 700 mi ha dato tantissimo e lo sento particolarmente mio. In un ventennio sono due le versioni che ho portato in scena, quella di Buttitta e quella di La Porta. Anche Franco Scaldati mi aveva fatto leggere una sua versione ma non siamo riusciti a metterla in scena.
- Tu hai fatto 44 anni di Teatro. Hai mai provato la sensazione di non farcela, hai mai avuto paura che in uno spettacolo non riuscissi ad essere all’altezza di come l’avevi sognato durante le prove? Questa sensazione è molto frequente perché si cerca di raggiungere sempre il massimo, ma nelle varie produzioni capita che il proprio personaggio alla fine non convinca fino in fondo.
- Hai detto: – “Il teatro è fatto di sacrifici, di grandi sacrifici e il pubblico non sa mai come ti senti veramente dentro ogni sera”… Puoi spiegarti meglio?
- Il pubblico vede il prodotto finito, che ogni sera deve essere sempre rappresentato nella forma più fedele possibile a tutte le repliche che si propongono. Dietro c’è un lavoro preparatorio di settimane o anche di mesi, non sempre gli umori come in tutte le persone che normalmente lavorano sono propositivi e sereni, ma, in scena questo non può trapelare. Per farti un esempio, anni fa ero in teatro con un lavoro comico, dove ogni sera dovevo far ridere il pubblico, l’unico a non ridere ero io che alla fine dello spettacolo tornavo in rianimazione da mia madre.
- Cosa senti del pubblico mentre stai recitando. Cosa succede nella tua mente prima di andare in scena?
- Del pubblico riesco quasi a captare ogni singolo respiro e altalenante emozione, mentre quello che io ho in mente prima di entrare in scena è sempre la stessa cosa, il nulla… poi superate le quinte ti si apre un mondo.
- Per un attore è più facile far ridere o far piangere?
- Su questo ci sono pareri discordanti e varie scuole di pensiero, io credo che nessuno dei due sentimenti sia facile tirar fuori se non è fatto con naturalezza.
- Oggi è più facile o più difficile fare l’attore rispetto ai tempi di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia?
- Non è una questione di difficoltà, ogni periodo storico ha avuto le proprie esigenze e svariate forme artistiche e di stile, oggi c’è una straordinaria offerta di artisti e quindi forse si deve sgomitare un pò di più.
- Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Di questo ne parliamo domani.