Giuseppe Maurizio Piscopo
In Piazza Cavour presso il Bar Opera incontriamo uno dei tenori più importanti del mondo Josè Todaro nato a Tripoli nel 1940.Todaro ha trascorso moltissima parte della sua infanzia a Favara paese a cui è molto legato.
Quello che colpisce in questo uomo che ha vissuto grandissime emozioni, che ha viaggiato tanto intorno ai più grandi teatri del mondo riscuotendo sempre consensi e successo, è la sua semplicità e l’attaccamento fortissimo alla sua terra.
Mi ha detto: -“Se la mia terra chiama, sarò felice di cantare per lei”.
La brillante carriera artistica di Giuseppe Todaro gli ha regalato moltissime soddisfazioni. Il tenore ha calcato i palchi dei più prestigiosi teatri del mondo condividendoli assieme ai big della lirica mondiale. Il canto è sempre stato nel suo DNA. Prima di intraprendere gli studi musicali voleva fare l’avvocato ma, per le ragioni che accomunano tante storie di emigranti, ha dovuto lasciare Favara per raggiungere i suoi fratelli in Francia.
Dopo un iniziale lavoro da elettricista in fabbrica Josè Todaro, nonostante le perplessità di molti, con impegno e sacrifici si iscrive al conservatorio di Metz. Il suo debutto a teatro arrivò nel 1965 a Bruxelles, dove nella Bohème di Puccini interpretò Rodolfo.
A che età ha raggiunto i suoi fratelli maggiori che si erano trasferiti in Francia?
A diciotto anni. Ero sul treno quando ho compiuto 18 anni. Mia mamma mi ha accompagnato. La settimana prima mi era arrivato il foglio per la visita militare. Ero triste e deluso perché mi mancava il lavoro. Tre giorni dopo in Francia ho trovato un lavoro.
Lei ha trovato un lavoro di elettricista?
Si esattamente. Non avevo esperienza in materia, ma con la logica sono riuscito a superare l’esame, anche se nella mia vita non avevo mai fatto l’elettricista.
Leggendo la sua biografia si racconta che lei ha lavorato anche nelle miniere.
No, non ho mai lavorato nelle miniere. Questa è solo una leggenda.
Quale ricordo ha del Conservatorio di Metz?
Ricordo ancora il giorno dell’iscrizione. Era il mese di febbraio ed erano chiuse le iscrizioni. La segretaria ha detto decisa: lo scriviamo a settembre. Mi sono presentato al direttore George Genet tenore e direttore del teatro dell’Opera di Parigi. In quell’occasione ho seguito un’aria della Tosca di Puccini. La consideravo una canzone napoletana, ma il direttore è rimasto sorpreso perché ha sentito una buona interpretazione e immediatamente ha chiamato il Conservatorio ed ha anticipato i tempi permettendomi di iniziare cinque mesi dopo che era scaduta l’iscrizione.
Quante volte ha interpretato la Boheme di Puccini?
Non l’ho contato! Penso 350 volte.
Lei ha realizzato circa 600 repliche al Teatro du Chatelet di Parigi con l’opera Gypsy…
E’ stata una creazione scritta appositamente per me da un grandissimo compositore che si chiama Francis Lopez, Autore di più di 80 operette scritte per un grandissimo tenore franco-spagnolo Luis Mariano, una grandissima celebrità che per tre generazioni ha fatto sognare il mondo intero.
Mi può parlare del teatro dell’Opera di Parigi dove è stato scritturato nel 1980?
Sono uscito dal Teatro du Chatelet dopo aver trascorso 8 anni ed aver realizzato due creazioni, una che è durata 3 anni e l’altra creazione che si chiamava Volga e che è durata solo un anno. Allora e lo ricordo benissimo, avevo ben 32 opere nel mio repertorio. Il direttore dell’Opera di Parigi era molto dispiaciuto nell’apprendere che lasciavo il Teatro. Il primo contratto doveva durare tre anni. Alla fine sono rimasto 11 anni.
Lei si è esibito spesso in Canada con altre opere: la belle de Cadiz e al Mogador di Parigi .
Ho fatto moltissime esperienze ed ho anche partecipato con successo ad un programma di grande ascolto al canale 10 della Tv Tele Metropole dove ero l’animatore. In un primo momento ho realizzato Speciale Todaro. Il direttore del programma ha visto che avevo la parola facile e mi ha proposto un programma che è durato tre anni sempre al canale 10. Ho cantato più volte Colorado, Cadiz, Gypsy, del Messico ed ho fatto molti concerti. Ricordo, ancora un concerto che mi ha sorpreso, in una grandissima sala. Sono arrivato due giorni prima, mi sono presentato e quella era la sala che poteva contenere 14000 persone. Qui avevano presentato le Olimpiadi. Era il 1973. In Canada sono andato sia nel periodo dello Chatelet, sia nel periodo dell’Opera di Parigi.
Con quali case discografiche ha registrato i suoi dischi?
Con la Cbs, la Decca , la Bmg e la Sony music.
Cosa c’è nei suoi dischi?
I miei dischi sono arie d’opera, canzoni viennesi, canzoni di operette e si trovano ancora in giro per le città del mondo.
Mentre intervisto Josè Todaro siamo interrotti due volte da due chiamate. In una abbiamo ascoltato in diretta la voce di una persona, in lingua francese disposta a spendere 5000 euro per avere un suo disco, con tre titoli ormai introvabili che il suo ammiratore cerca da più di 20 anni…
Lei è un cantante d’opera. Quali sono i suoi autori di riferimento?
Sono tutti i compositori italiani.
Stradella, Verdi, Puccini, Mascagni, Cilea. Una grandissima lista e direi che i miei compositori preferiti sono italiani perché, i francesi sono bravi ma si preoccupano molto poco della poesia. Le voci italiane sono molto apprezzate all’estero per il loro tocco di originalità e di poesia. All’estero dicono che gli italiani hanno le più belle voci del mondo. Se l’opera viene cantata in francese finisce la magia dell’opera…L’esempio quando viene cantata La donna immobile con il testo in francese finisce tutta la poesia e tutto viene stravolto.
E’ vero che il suo sogno è quello di cantare a Favara e se lo chiameranno tralascerà tutti gli altri impegni più importanti?
Il mio sogno è stato sempre quello di ritrovare la mia famiglia, di ritrovare i miei amici, il mio paese e quello di toccare i più grandi teatri del mondo. Ad un certo momento della mia vita ho preso la decisione di acquistare una casa qui. Volevo da tempo conoscere e riscoprire Favara.Probabilmente non sarò invitato per uno spettacolo. Qui a Favara manca la tradizione e la cultura dell’opera. Sono pochi qui gli amanti di questo genere. Ma via non sono triste, in fondo ho fatto tanto, ho dato tanto, e anche se non canterò a Favara vivrò lo stesso…
Quali teatri ricorda in maniera particolare dove ha condiviso le opere con i big internazionali della lirica?
La mia esperienza è durata 50 anni e le posso dire che il pubblico è riuscito a darmi sempre grandissime emozioni. La gente che segue l’opera vuole ascoltare le belle voci, le belle interpretazioni, vuole godere per le belle opere e ognuno manifesta grande entusiasmo. Sale strapiene con gente, che ride, piange, si alza in piedi per lunghe ovazioni. In America, in Brasile,in Inghilterra o nei paesi dell’Est, in Francia o in Italia cantare in Teatro è sempre una festa. Anche al Massimo di Palermo ho trovato la stessa accoglienza dell’Opera di Parigi. Sono stato accolto sempre bene e con grande calore da tutti. Questi anni sono trascorsi come in un giorno! Avrei voluto i fischi, le bagarre, le lotte con la gente, che se ne va rompendo le sedie come avveniva all’inizio del secolo nei teatri del mondo, quando si creavano le fazioni e il teatro era l’occasione per cambiare il mondo e nel teatro esplodevano le contraddizioni della società. A me succede sempre che il pubblico alla fine dello spettacolo mi aspetta per abbracciarmi per ringraziarmi, per la mia interpretazione.
Con quali direttori di orchestra ha lavorato?
Con Herbert Von Karajan, con George Brett, con grandi maestri stranieri, con Alberto Erede, un grande maestro molto severo ed esigente che ha diretto i più grandi tenori del mondo Corelli, Del Monaco ed altri. Ho cantato con lui a Berna, a Zurigo nella Traviata riscuotendo un grande successo di pubblico e di critica.
Ha mai cantato per il cinema?
Me l’hanno proposto, ma il soggetto non mi ha convinto e quindi non ho accettato la proposta.
Le piace lo stile di Enrico Caruso?
Si, moltissimo. Se venisse a cantare oggi, forse non farebbe carriera. Oggi c’è una disciplina che non perdona. Bisogna eseguire le note come sono scritte nello spartito, non si possono prendere le licenze del passato, come ai tempi di Caruso. Allora c’era più spontaneità. Sono i direttori d’orchestra che danno la linea guida. Vorrei che un cantante fosse più libero nell’eseguire un’opera, mettendo il suo cuore, la sua anima ed il suo temperamento. Cento anni fa si cantava con un’anima differente. Quando si cantava la Ida in Teatro era una guerra. Oggi i direttori d’orchestra e gli sceneggiatori non permettono molta libertà ai cantanti che sono “condannati”, stretti in una morsa a rispettare ogni nota della partitura.
E’ vero che quando lei si esibisce il suo primo pensiero va a Favara al suo paese, ai suoi affetti più cari ?
Si è vero. Io penso spesso alla mia famiglia, soprattutto quando ricevo un trofeo, un premio. Ogni volta che raggiungo un traguardo importante penso ai miei familiari, ai giovani che hanno sofferto come me. Nel mio cammino non c’è stato uno che mi ha dato un consiglio.
Il canto è nel suo dna ma lei da grande voleva fare l’avvocato per sistemare la Sicilia e il suo paese.
Io sono di una famiglia numerosa e allora ci mancavano i soldi e i mezzi per realizzare questo sogno. Avevo le idee ma mi mancavano i mezzi. Qui a Favara c’erano molte ingiustizie. Fabaria vuol dire abbondanza d’acqua eppure l’acqua manca. Volevo studiare legge per mettere ordine su questo ed altre cose…
Ha mai cantato nel teatro Regio di Parma.
No, mai. L’ho vistato ed è un vero gioiello. Lo sapevi che il teatro di Barcellona appartiene alle famiglie e viene tramandato da padre in figlio?
Quali sono i suoi progetti per il futuro?
I miei progetti erano moltissimi. Con mia moglie avevamo deciso di finire la carriera a 60 anni. Abbiamo cantato molto. Mia moglie è stato compagna nella scena e nella vita. Non ci siamo mai separati. Mi ha dato veramente tanto, mi ha garantito sempre. Lei apparteneva ad un livello sociale più alto. E mi ha aiutato ad esprimermi meglio, mi ha aiutato a comprendere il mondo. Per pochi giorni abbiamo visto il sole. Siamo stati sempre impegnati in teatro e quindi ci volevamo fermare a 60 anni, per vivere ed essere utili agli altri. Mia moglie ha salvato molti bambini. Spesso ci siamo dedicati ad opere di beneficenza. Volevamo essere ancora utili ma ritirarci dai contratti. L’anno scorso ho cantato davanti al presidente della Repubblica Macron per il 75 anno dello sbarco in Normandia. Mia moglie ci ha lasciato e da allora la mia vita è cambiata. Penso che continuerò a partecipare ai progetti di beneficenza, cose serie e di un certo prestigio, con maestri e orchestre importanti. Con mia moglie dicevamo sempre, che volevamo andare verso il sole… Poi sono tornato in Sicilia e mio nipote Gaetano mi ha portato a vedere la Scala dei Turchi un capolavoro naturale che sconoscevo. Da qui mi è venuta la voglia di restare nella mia terra. Mi piacerebbe tornare in Francia dove c’è mia figlia, in America, in Brasile paese di mia moglie. Il ritorno a Favara per me è stato come un dono: è come se Dio mi avesse voluto dare una ricompensa per tutti gli anni che sono stato lontano…