Coordinamento Titano
Non potremmo spiegarci l’attuale fallimento dei vertici ATI, se non cercassimo di ritrovare la strada d’uscita da questo inestricabile labirinto. Come fece Arianna lasciandosi dietro il filo,così faremo noi ripercorrendo la via dell’acqua, su fino alle fonti per trovare così le risposte che ci servono.
Nella Caporetto dell’ATI, la conferenza stampa del 7 agosto, il vice presidente e sindaco di Santa Elisabetta Mimmo Gueli riferisce che l’ambito di Agrigento è RICCO d’acqua e che si potrebbe/dovrebbe puntare all’indipendenza dall’approvvigionamento idrico da Siciliacque (che ci rivende la nostra stessa acqua a 0,69 cent al metro cubo), concordando fuori tempo massimo con quanto affermato da noi all’origine della battaglia per l’azienda consortile pubblica. L’acqua dell’Ambito va quindi “captata” dove essa sgorga più abbondante; anche dalle fonti dei paesi della montagna, un tempo definiti ribelli.
Se all’inizio della gestione con Girgenti acque la resistenza dei ribelli e quindi la loro mancata consegna delle reti a Girgenti Acque, pur essendo una violazione di legge, poteva avere senso nel no alla gestione privata, questo atteggiamento di mancata consegna delle reti, una volta che si è sciolto il contratto con Girgenti Acque, e si andava verso una gestione pubblica unitaria, non aveva più senso. Ad ogni modo, finchè la resistenza è stata fatta alla privatizzazione ha avuto il plauso e l’appoggio di molti.
Ma è bastato che nel settembre del 2019 l’Assemblea votasse, per il dopo Girgenti Acque, la costituzione di un’AZIENDA SPECIALE CONSORTILE PUBBLICA, per far emergere (tra tutti i comuni, non solo tra i ribelli) egoismi, opportunismi di natura politica, ostruzionismi vari di una parte politica contro l’altra, fregandosene del rispetto di leggi, norme e dettati della Corte Costituzionale. In questa vicenda non ha brillato per prontezza e celerità nemmeno la Regione, omettendo di far rispettare la delibera numero 80 del febbraio del 2019, che prevedeva il commissariamento dei comuni che non consegnavano la gestione delle loro reti e addirittura dopo 60 giorni dalla diffida di Ati, prevedeva anche la possibile decadenza dei sindaci ‘inadempienti’.
Quest’ATI, che ora piange lacrime di coccodrillo, ha, di fatto, prorogato il salvacondotto per 8 comuni della montagna (i detentori delle fonti) dando loro prescrizioni precise, ben sapendo che non le avrebbero potute rispettare neanche volendo e consentendo loro di guadagnare tempo (tempo che come si è visto non abbiamo perché tra pochi mesi scadranno ingenti risorse).
Sempre l’irriducibile Mimmo Gueli dichiara che la concessione agli 8 è stata data in via PRELIMINARE previo controllo dei requisiti a data da destinarsi. Non bisogna essere blasonati giuristi per capire quanto sia illegittimo questo procedimento che ha già prodotto due ricorsi da parte dei comuni che non hanno goduto della stessa benevolenza da parte dell’ATI.
Nelle stessa conferenza cade un altro caposaldo dei difensori della gestione comunale dell’acqua (non consentita dalla normativa): i comuni detentori delle fonti hanno sempre fornito (a sentir loro) all’Ambito l’acqua in eccedenza per solidarietà nei confronti dei comuni meno fortunati (molte grazie davvero). Ebbene non essendo essi provvisti di contatori alle fonti e di contatori alle utenze, non è possibile per l’ATI calcolare quanta acqua ricevono, quanta ne utilizzano e quanta se ne perde, quindi neanche quanta ne cedono ad altri. Si aggiunga che non è mai stata approntata una condotta che consentisse una reale distribuzione da quelle fonti al resto dell’Ambito e il quadro è completo.
Come mai tanto zelo da parte di ATI nel salvaguardare gli interessi degli 8 mentre il resto dell’Ambito soffre e lamenta la scarsità d’acqua che stiamo vivendo in questa torrida estate?
Come mai si persevera nell’errore di concedere tali privilegi ad alcuni condannando a vivere di stenti gli altri?
Come mai il direttivo non si è ancora dimesso per chiara inadeguatezza nel fare gli interessi della collettività?
Intanto stiamo rischiando di perdere finanziamenti milionari e avere uno dei peggiori servizi idrici al maggior costo possibile. Ciò che spiace è che ad aver affiancato e sostenuto queste assurde posizioni siano state associazioni e, con il loro silenzio, altri che avrebbero dovuto avere a cuore i sacrosanti diritti di tutti i cittadini piuttosto che di una parte di essi. Qualcuno ancora oggi ripete la stessa lettura stantia del nemico alla Regione pronto a privatizzare quando l’origine del disastro è come abbiamo visto da addebitare all’ineffabile bassezza con la quale una parte dei sindaci e il direttivo hanno guidato l’Ambito. Ma purtroppo, ancora oggi, questo accade nella terra di Pirandello e del Gattopardo.