Giuseppe Maurizio Piscopo
Maria Montessori è una delle più importanti pedagogiste del mondo. In Italia il suo metodo non ha avuto il riconoscimento che merita. Fino agli anni settanta è stata esclusa dai testi di storia e di pedagogia. L’attualità, l’importanza del suo pensiero, del suo metodo educativo viene espresso in questa intervista.
Sonia Coluccelli è laureata in filosofia, dal 1994 è docente di scuola primaria. Dal 2013 è coordinatrice della Rete scuole Montessori dell’alto Piemonte, formatrice e responsabile formazione per Fondazione Montessori Italia. Ha pubblicato: Un’altra scuola è possibile; Il metodo Montessori ed altri libri molto interessanti.
Con lei cercheremo di conoscere meglio il pensiero, l’attualità di Maria Montessori a 68 anni dalla sua scomparsa.
Qual è l’attualità del pensiero di Maria Montessori?
A 150 anni dalla sua nascita vale la pena pensare che è stata una grande innovatrice e ci debba lasciare dei passi su cui camminare e anche delle domande su cui fare ricerca. Credo che rimanga la sua principale lezione che purtroppo è ancora poco applicata nelle scuole, quella per cui lei ci dice di osservare e seguire il bambino più del metodo stesso. Lei diceva:- “seguite il bambino e non seguite me”. Era l’osservazione di una donna di scienza che sapeva che soltanto da un’osservazione continua, oggettiva, attenta e metodica si può giungere ad una comprensione del fenomeno, anche del fenomeno dell’apprendimento. A volte noi costruiamo percorsi, progetti, attività e non osserviamo quanto il bambino riesca davvero ad apprendere. Questa mi sembra una verità che abbiamo bisogno di rimettere al centro del nostro lavoro pedagogico e didattico.
Cosa è cambiato oggi rispetto agli inizi, nella scuola di Maria Montessori?
Maria Montessori è una grande ricercatrice e questo a noi tocca fare da montessoriani, continuare a farci domande sui bambini, osservandoli e costruendo strategie e soluzioni che corrispondano ai bisogni più attuali. Noi oggi abbiamo una scuola che è profondamente diversa dalla scuola di cento anni fa o più di cento. E’ una scuola che accoglie utenze diverse, che appunto accoglie i figli di una società profondamente diversa, e quindi c’è sicuramente un bisogno di dare risposte nuove a domande che non esistevano quando Maria Montessori faceva le sue osservazioni ed elaborava le sue teorie e apriva le sue case dei bambini. Penso in particolare negli ultimi anni, alla Basilicata dei bambini stranieri che sarebbe bene trovassero una speciale accoglienza nelle scuole Montessori per il lavoro sull’approfondimento della lingua e sull’apprendimento generale. Nelle scuole montessoriane l’esperienza educativa passa attraverso esperienze dirette, non mediate dalle parole, dalle spiegazioni che facilitano molto chi non conosce la lingua italiana e chi ha bisogno di un linguaggio universale per diventare cittadino a tutti gli effetti della nostra comunità. Occorrono dei cambiamenti di carattere sociale e culturale che la scuola montessoriana deve recepire ed accogliere e saper dare risposta con qualità e con cura come ha saputo fare Maria Montessori.
Come si spiega il successo della scuola di Maria Montessori all’estero?
In Italia ci sono delle resistenze molto forti al cambiamento, ma sono resistenze culturali che attraversano tutti gli ambiti di vita non soltanto quello pedagogico didattico e quindi scolastico. Da una parte c’è una tendenza a reiterare modelli già esistenti, quel si è fatto sempre così, che diventa un pò una condanna per tutto, ed è più forte che altrove culturalmente, la resistenza a modificare i paradigmi stessi nelle categorie con cui si ragiona per cui noi abbiamo da 8 anni indicazioni nazionali. C’è un documento bellissimo che riforma l’idea di scuola in maniera assolutamente viva, attiva, innovativa ma che rimane così sconosciuto e di conseguenza rimane inapplicato nella maggior parte delle scuole. All’estero, non ovunque ovviamente, c’è una maggior plasticità in qualche modo culturale, collettiva di cui la scuola è sempre specchio in qualche modo. Sappiamo che la scuola rappresenta in maniera fedele quelli che sono i fenomeni culturali della comunità in cui è inserita, la nostra rimane una comunità conservatrice sostanzialmente anche quella scolastica. Quando saremo capaci di metterci in gioco e di osservare i cambiamenti necessari per il benessere di tutti, quando saremo capaci di uscire dalla nostra zona di comfort che funziona per il resto del mondo, per il benessere di tutti, per agire per l’interesse comune forse anche le scuole di Maria Montessori troveranno spazio nella nostra geografia scolastica.
Che cosa è la libertà educativa per Maria Montessori?
E’ uno dei concetti più fraintesi del pensiero Montessoriano, lei coniuga strettamente libertà e disciplina. Parlare solo di libertà è rischioso. Maria Montessori ci diceva che la libertà non è un insieme di azioni disordinate compiute senza scopo. Il bambino che agisce in maniera non intenzionale, in maniera disordinata non è un bambino libero, ma libero è un individuo che è padrone di se stesso, capace di ubbidire ad una regola di vita laddove sia necessario. Bisogna formare dei cittadini che sappiano regolare da se i propri comportamenti ancora una volta per il bene della comunità, essendo diretti da una consapevolezza che li porti ad essere padroni di se stessi quindi non diretti dall’esterno, ma capaci di seguire regole che servono alla comunità. E’ un obiettivo alto che non ha nulla a che fare con fai quello che vuoi, ma cerca di scegliere quello che fai. Scegli le tue azioni secondo un criterio di valore e di giudizio puntando sempre verso il bene comune.
Maria Montessori era un medico, uno scienziato, una femminista, una che si batteva per i diritti delle donne, per i diritti dei bambini. Per quale ragione ha viaggiato tanto intorno al mondo?
I viaggi di Maria Montessori hanno diverse origini, le sue permanenze in India, la sua presenza, quella di un’italiana in terra inglese a causa della seconda guerra mondiale che ha dovuto fermarsi a Londra in una sorta di esilio dorato ma di confine. Quando la guerra è terminata lei è rimasta per altri anni in India, perché aveva trovato un terreno culturalmente fertile, interessante per le sue scuole ma anche per la sua crescita personale e spirituale. Altri viaggi sono dovuti al fatto di avere un forte desiderio di diffondere il suo metodo in vari territori ed in altri casi ancora è dovuto al fatto che aveva trovato poca ospitalità, poca condivisione nel suo stesso paese per cui la prima relazione positiva, un primo accordo con Benito Mussolini l’aveva tenuta fortemente legata all’Italia. Negli accordi successivi era nata una forte conflittualità, soprattutto nella fase più forte del fascismo, che l’aveva portata a diffondere il suo pensiero altrove perché non era sicuramente tempo di libertà in Italia. Per i suoi viaggi ci sono molte ragioni, andava anche a cercare attenzione, sostegni e supporti ai suoi progetti educativi quindi arrivando fino in America, ospitata anche in circuiti prestigiosi . Era molto amata ed era diventata molto celebre già in vita, chiamata in circuiti diversi da quelli da cui era partita. Lei aveva aperto una scuola a San Lorenzo in un quartiere ghetto di Roma dove vivevano non i poveri ma i negri, i miserabili. Lei venne chiamata a presentare i suoi progetti nei circoli elitari statunitensi, chiamata da chi aveva compreso che per i bambini poteva essere un’opportunità straordinaria avere a che fare con una realtà, con una scuola pensata secondo i principi di Maria Montessori. Lei andava dove c’era un terreno fertile. L’ultimo viaggio di Maria Montessori che non ha potuto compiere, ma che sognava con intensità, che non ha potuto realizzare per motivi di salute e per la sua morte era un viaggio in Africa in Ghana dove il governo da poco indipendente di quel paese l’aveva chiamata per organizzare il sistema scolastico, in un paese poverissimo. Sarebbe bene che questi bambini arrivati in Italia conoscessero Maria Montessori. Lei avrebbe voluto raggiungerli nel loro paese per aiutarli.
Maria Montessori ha avuto una vita molto travagliata”…
Maria Montessori ha avuto una vita travagliata nelle vicende personali e come tutte le donne e uomini inquieti con desiderio di realizzare i sogni importanti. Ha incontrato ostacoli ed ha affrontato sfide inedite, nel suo caso donne della sua generazione nei luoghi dove lei ha lavorato. Sicuramente è stata la seconda donna medico in Italia, ha lavorato unica donna in gruppi di ricerca medici e scientifici prevalentemente maschili. E’ stata una donna che ha trovato ed affrontato percorsi inediti e di conseguenza non scontati, con ostacoli ricorrenti dovuti al momento storico in cui ha vissuto e si è mossa tra le difficoltà con il regime fascista che sono stati motivi di sofferenza e fatica nella sua storia professionale.
Esiste un patto educativo nella scuola montessoriana tra i bambini, i genitori e gli insegnanti?
Si . Esiste un patto educativo che stabilisce tra genitori e insegnanti quelle che sono le linee guida che possono avere declinazioni sia in ambito domestico, che in ambito scolastico su quei principi: l’autonomia, la responsabilità, la cura dell’ambiente, la motivazione ad apprendere, a fare, a crescere, direi che quello che viene esplicitato in fatto educativo, che racconta qual è l’orizzonte verso cui ci si muove e quali sono gli asserti pedagogici fondamentali affinchè quella scelta da parte dei genitori di una scuola metodo possa portare questa comunità educante ad una scelta consapevole. Con i bambini ogni giorno si costruisce un consenso, un patto, una corresponsabilità. Sono i bambini i costruttori del loro sapere e siamo noi i responsabili di un’offerta che permetta loro di agire in maniera utile ma con il loro primario impegno. E’ proprio un accordo quotidiano quello che si stabilisce con i bambini in quest’ottica della libertà montessoriana che spinge, che aiuta, che è un aiuto alla vita in quanto è un aiuto all’autoregolazione, all’autocorrezione, all’autoeducazione.
Come funziona un bambino e di che cosa
ha bisogno per imparare, per crescere, per diventare grande?
Il bambino per Maria Montessori e non solo per lei, ma per tutto l’attivismo è costruttore del suo sapere e di se stesso. Quello che ha bisogno è un cantiere come un piccolo muratore, ha bisogno di un cantiere predisposto con materiali di lavoro, con le attrezzature, con gli spazi necessari, per poter edificare se stesso e le sue conoscenze.
Perché sono così importanti i materiali delle aule scelte con grandissima attenzione nella scuola di Maria Montessori?
I materiali sono esattamente quegli strumenti quel cemento, quelle cazzuole che usano i muratori che servono per costruirsi. I materiali diceva la Montessori, sono astrazioni materializzate, concetti su cui è possibile mettere le mani. Nel momento in cui un bambino di sei, sette, otto anni, ma anche della scuola dell’infanzia e in particolare della scuola primaria può toccare con le sue mani i concetti che poi porterà ad astrazione e quindi ad apprendimento, ecco che quei mattoni possono essere efficacemente messi uno sopra l’altro e permettere una costruzione di una casa solida e resistente che possa fare da piattaforma per i piani successivi.
Come vengono valutate le competenze, basta soltanto l’osservazione?
L’osservazione è sicuramente lo strumento principale. C’è però un tema importante legato all’autovalutazione e all’autocorrezione. I materiali sono auto correttivi. Un insegnante che sa osservare e si sa muovere mentre i bambini lavorano, saprà cogliere anche gli errori oggettivi che il bambino compie e che il materiale spesso segnala. Si ragiona sulle competenze dei bambini. Non vengono svolte verifiche o tratte valutazioni numeriche. Le competenze sono declinazioni di conoscenze specifiche. L’osservazione rimane lo strumento principale.
Perché i bambini scappano dalla scuola pubblica?
Perché sono poco osservati. Nella scuola tradizionale c’è una fortissima standardizzazione delle pratiche didattiche ed educative per cui tutti fanno la stessa cosa nello stesso momento. Nella scuola di Maria Montessori esiste un tempo molto lungo in cui i bambini si dedicano alla libera scelta dei materiali. Soltanto una minima parte del tempo è condotto dall’insegnante in attività comune per tutti. I bambini scelgono come lavorare sulla base dei loro interessi e dei loro bisogni di apprendimento. I bambini nella scuola tradizionale dimenticano facilmente i contenuti di ciò che hanno appreso.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Mi interessa molto il tema dell’incontro tra Maria Montessori ed altre pratiche didattiche, scuola attiva, l’esperienza del dialogo, delle fraternità pedagogiche tra il pensiero montessoriano e le pratiche di Barbiana di Don Lorenzo Milani, di Mario Lodi, di Gianni Rodari, e di maestri come possono essere oggi Franco Lorenzoni o maestri di educazione educativa in senso più esteso, l’educazione diffusa, l’apprendimento cooperativo. Ci sono tanti dialoghi che Maria Montessori non ha potuto sviluppare per motivi storici perché la sua vita è finita a 82 anni e per l’epoca anche generosa e quei dialoghi secondo me devono camminare sulle nostre gambe adesso. Bisogna essere capaci di rendere viva Maria Montessori continuando la sua ricerca e permettendo quei dialoghi che lei stessa aveva tenuto tutta la vita alla base del suo lavoro per cui aveva elaborato il suo principio di educazione cosmica negli incontri in India con Gandhi e con Tagore e con tutto quel mondo che fa dell’unità del sapere e dell’essere e degli esseri un principio fondante. Il nostro compito lo sento nelle mie corde, è quello di continuare a lavorare, ho scritto un libro Maria Montessori incontra e intendo continuare a lavorare sui dialoghi di Maria Montessori ed altri essendo capaci di trasformare una fedeltà ad un metodo, ad un’esperienza viva che è capace di integrare e contaminare e trasformare le pratiche montessoriane in qualcosa che corrisponda ai contributi che con gli occhi suoi possiamo accogliere oggi, dando vita a qualcosa di nuovo. E’ un percorso che ha senso percorrere nei tempi in cui viviamo.
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La scuola di Maria Montessori, intervista a Sonia Coluccelli
By vedisotto12 Minuti di lettura