Giuseppe Maurizio Piscopo
Angelo Cutaia è nato a Racalmuto nel 1952, dove vive. Laureatosi in ingegneria civile presso il Politecnico di Torino, esercita la professione ed ha insegnato Costruzioni al Geometri e poi Matematica e Fisica presso il Liceo Empedocle di Agrigento. In pensione dal 1 settembre 2020. Si è occupato di vigne e vino. Studia l’evoluzione del territorio siciliano ed ha pubblicato contributi sulla viabilità storica, le comunicazioni ottiche medioevali e le fortificazioni bizantine. Ha acquisito e consolidato, a sua cura e spese, il Castelluccio svevo di Gibillina in agro di Racalmuto.
Come e quando nasce la tua passione per l’archeologia?
Nel 1975, quando ho assistito a due scassi di terreno per vigna: a Garamuli ed alla Menta. Vi erano moltissimi frammenti ceramici a me sconosciuti. Ho scoperto poi che erano romani ed arabi. Allora non si facevano scavi all’infuori della Valle dei Templi. Invece documentare la colonizzazione romana e araba ha un riscontro nella conoscenza del territorio.
Racalmuto è una città d’arte. C’è una parte misteriosa e sconosciuta ancora da scoprire?
Certo. Il centro storico di origine araba. I palazzi borghesi. I castelli svevi. Le fontane monumentali. Le ville suburbane. Le aree archeologiche.
Chi ha paura della matematica?
Chi non intende seguire un percorso logico impegnativo nel tempo. Chi studia a memoria senza approfondire la natura delle cose. Chi non conosce la divina proportione. Chi non ha interesse per la geometria della natura. La matematica, rendendoci conto della relazione fra le quantità, è accessibile a tutti.
Racalmuto è una città di artisti, letterati , tenori, musicisti, scrittori e pittori come Pietro D’Asaro…
Si. Esiste una vasta attività, in ogni campo dell’arte e della cultura di autori racalmutesi, che non accenna a diminuire.
Lo scrittore Leonado Sciascia amava molto le opere di Pietro D’Asaro?
Sicuramente. Tanto che si fece promotore della grande mostra del 1985.
Qual è il fascino della pittura di Pietro D’Asaro influenzata dalle opere di Caravaggio e di Filippo Paladini. Questa pittura ci riporta al diciassettesimo secolo.
Pietro D’Asaro, pittore della prima metà dei Seicento, bravo nel disegno e nella composizione. Molto abile nella tecnica coloristica. Mirabili i tessuti, i volti delle madonne, i fiori e le nature morte. Suggestionato dalla cesta del Caravaggio, ne dipinse nelle sue opere migliori, le Sacre Famiglie. Forse l’introduttore primo delle canestre e delle nature morte. Molto abile nelle miniature. Ben inserito nelle correnti culturali del suo tempo. Aveva committenti in tutta l’isola, religiosi e nobili. I suoi quadri trasmettono un’armonia, una grazia, particolari, non si dimenticano.
Che lavoro state svolgendo tu Peppe Guagliano capogruppo, Piero Carbone, Carmelo Vaccaro, Giuseppe Gueli, Ciccio Conti, per valorizzare le opere di Pietro D’Asaro ed aprire la pinacoteca a Racalmuto di concerto con il sindaco architetto Vincenzo Maniglia?
Tentiamo di raccogliere le opere del D’Asaro per una mostra permanente e così dare lustro finalmente al nostro concittadino. Le opere non reperibili saranno riprodotte in digitale o in copia.
Perché è importante conoscere il geografo arabo Al Idrisi?
Al Idrisi ci descrive la Sicilia della metà del XII secolo. Ci indica abitati non più esistenti e le condizioni del paesaggio di allora: boschi, coltivazioni, fiumi, mulini, commerci, opifici, ecc. Una campagna capillarmente coltivata ed abitata, sicura, ancora tranquilla malgrado le tensioni sociali che di lì a poco sarebbero sfociate in pogrom ad opera dei cristiani e in ribellioni musulmane.
Si è mai interrotto il rapporto tra la cultura araba e quella siciliana?
Mai. Dobbiamo molto agli Arabi in svariati campi. Cucina, coltivazioni, allevamenti, pasticceria, toponomastica, onomastica, idronimi, fitonimi, contenitori, pesi, misure, mestieri, giochi, leggende popolari, tessuti, canti, poesie, architettura, individualismo, ipertrofia dell’ego, attaccamento alla famiglia e al clan, ecc.
Cosa rappresenta Racalmuto nella tua formazione culturale?
Ho trascorso infanzia ed adolescenza a Racalmuto. Coincidente con la trasformazione epocale della civiltà agricolo-pastorale in industriale e dei sevizi e telecomunicazioni. Cinquanta anni fa ho visto come vivevano gli Arabi mille anni fa. Questo mi consente di avere una visione più precisa delle civiltà passate. I Racalmutesi hanno una particolare disposizione alla vita sociale. Attivano bene la loro corda civile. Battuta sempre pronta ed arguta, recitano in piazza come fossero in teatro. Persino Sciascia ne fece tesoro.
Puoi parlarmi della fortezza medievale del Castelluccio?
Si tratta di una fortificazione voluta da Federico II nell’ambito della difesa rurale. Costituiva il centro amministrativo del feudo e controllava la strada verso l’interno e verso Palermo. Era il battifredo del Castello svevo di Racalmuto che, per la sua posizione, controllava poco territorio. Era il sito ideale per la caccia col falcone. Architettura di tradizione islamica con influssi cistercensi.
Il Culto di Santa Rosalia ha radici molto antiche che tu hai approfondito…
Racalmuto vanta la prima chiesa al mondo dedicata a S. Rosalia nel 1208. Il suo culto è ininterrotto fino ai nostri giorni. Nel 1625, debellando la peste, ne è divenuta anche patrona. Resiste una sua antica immagine nell’edicola lungo il corso maggiore. A distanza di otto secoli si tramanda il suo rapporto con Racalmuto, malgrado la concorrenza della Madonna del Monte, compatrona.
Come sarà Racalmuto tra 10 anni?
Sarà una cittadina turistica. Oltre alla Fondazione Sciascia, Teatro, Casa Sciascia, Castello, chiese, avrà la Pinacoteca D’Asaro, il museo archeologico, la mostra permanente mineralogica, almeno un mulino ad acqua restaurato e zone archeologiche fruibili. Il recupero dell’agricoltura tradizionale è una proposta che vado facendo e che spero trovi attuazione. Racalmuto è il paese dei fichi e delle noci oltre che dei fioroni di melone.
Chi salverà la Sicilia la Cultura o la bellezza?
La bellezza non ha mai salvato nessuno. Dalla cultura procede l’economia, il benessere.
Hai scritto libri molto particolari, uno sulle trazzere. Ne vuoi parlare?
Le trazzere, di origine araba, erano il sistema nervoso del territorio. Purtroppo oggi si trovano spesso abbandonate ed usurpate. Lungo le trazzere principali, nel periodo arabo, sorgevano i rahal, i punti di sosta e di posta, corrispondenti alle antiche statio romane, che qualche volta divennero abitati: rahal Mut, Racalmuto, rahal Mari, Racalmari, rahal Hadid, Ranciditi, ecc. Ho studiato l’itinerario di Al Idrisi da Sutera ad Agrigento localizzando al Minsciar al Serrone di Racalmuto e al Qattà al Poju Gattu di Favara.
Esistono ancora i mulini ad acqua in Sicilia?
I mulini idraulici sono stati introdotti dagli Arabi nel IX secolo. Li dedussero dalla Persia. Da qui si sono diffusi in Italia. Ovviamente quelli a ruota idraulica orizzontale, poiché quelli a ruota verticale erano già noti ai Romani. Ben restaurato e funzionante quello de Li Xiaccati di Roccapalumba. A Racalmuto ve ne sono ancora cinque nella valle del Raffo, contornati dagli orti di origine araba.
Come dovrebbero essere progettate nel futuro le strade della Sicilia?
Ecocompatibili. Seguendo il più possibile l’andamento altimetrico del territorio in modo da evitare i muri in cemento armato. I muri dovrebbero essere limitati a quelli a secco di max 2 metri. Con ponti ad arco per eliminare le tensioni ed aumentarne la durata. In ogni caso senza esasperare l’acciaio ed il calcestruzzo. Lasciando i corridoi verdi per gli animali. Regimentando le acque in modo da evitare allagamenti. Piantando alberi autoctoni nelle scarpate: fichi, zorbe, zalore, caccami, per nutrire gli uccelli. Lecci, sugheri, ecc.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Scrivere qualche libro. Studiare e valorizzare il paesaggio per il suo restauro. Le nostre colline ed i nostri corsi d’acqua sono spogli, privi della vegetazione autoctona. Occorre un grande sforzo regionale per restaurarli e migliorare l’ambiente. Vi immaginate il Platani e l’Akràgas contornati di pioppi, salici, canne?