Prof. Giuseppe Alongi Dr. Giuseppe Presti
Cinque anni fa l’onda populista e festaiola del movimento grillino – cinque stelle – o forse sarebbe meglio dire di una meteora, giunse anche a Favara, dove tutti quelli che invece di operare sul sociale, erano stati davanti a un computer a comunicare, scambiare e dialogare, come nuovi “rivoluzionari”, della nuova Italia che si apprestavano a conquistare il potere nella maniera più pacifica ed inetta dopo che il maximo leader aveva attraversato lo stretto di Messina a nuoto.
L’Italia, la Sicilia e Favara erano rimasti sbigottiti e incantati per il gesto atletico del leader Grillo. Il risultato delle elezioni fu una vera e propria valanga sull’Italia, sulla Sicilia ed anche su Favara.
Vince una candidata che non aveva mai fatto politica, non si era mai occupata di problemi sociali, di bilanci, di x ed y per non citare le cose più elementari che richiede la gestione di un comune del Sud. Pensavano i provetti politici, che bastava dire “GRILLO” per determinare, certificare e deliberare questo, quell’altro o altro ancora. Fu la vittoria della protesta, del gesto atletico eclatante, del nuovo modo di pensare, della fine di un regime accartocciato su se stesso o meglio ancora lo sforzo di cambiare tutto per poi scoprire che era meglio quello di prima. Siamo convinti che l’inesperienza, spesso l’ignoranza hanno avuto, come era logico, il sopravvento su un gruppo di bravi ragazzi che invece di andare per i quartieri a studiare le condizioni economiche e sociali, hanno solo pronunciato la parola d’ordine: GRILLINO. La storia insegna che i fatti si muovono non con le parole ma con azioni concrete. Una nuova classe dirigente che conosce solo il computer ed il voto espresso mattina, mezzogiorno e sera, cioè ogni qualvolta che il “massasantissima” Casaleggio o Grillo chiedevano un si o un no per questo o per quel modo di essere ed agire. Parole, parole, soltanto parole che si sono scontrati davanti la realtà quotidiana della gestione della cosa pubblica.
Il prossimo futuro a Favara è incerto e titubante. Tutti vogliono correre a ricoprire la carica di sindaco, ma pochissimi hanno esposto e proposto un progetto, un programma, un qualcosa che lasci sperare una città abbandonata e distrutta come Favara. Questa volta neanche una traversata a nuoto da Agrigento a Lampedusa, riuscirà ad entusiasmare gli italiani, i siciliani e i favaresi in particolare.
Governare ed amministrare un comune, una città, una regione, richiede figure politiche con un alto grado di competenza, una cultura profonda ed acuta non solo in politica, ma in tutti i campi possibili ed immaginabili. Riportare in vita un cadavere come Favara è quasi impossibile. Gli improvvisatori, i faciloni, i furbacchiotti, i prestigiatori non hanno più motivo di esistere. Occorre umiltà, dignità, professionalità, rispetto per le persone e per la cosa pubblica. A tutte le ordinarie cause e problematiche, il 2020 si è caratterizzato per l’invasione di un virus del quale, nonostante i primi interventi del vaccino sperimentale, si parla di una terza ondata che prefigura una strage di vittime innocenti, nonostante le quotidiani raccomandazioni e gli atteggiamenti da mantenere. Certo che davanti ed in presenza di un simile virus, è difficile fare politica per la salvaguardia della salute pubblica.
Non basta più attraversare a nuoto lo stretto di Messina e farci una bella risata. Occorrono specialisti che non fanno ridere, bensì parlano poco ed intervengono con competenza. Le prossime elezioni non saranno più come quelle del dopoguerra dove l’interlecutore del candidato era il minatore o il servo garzone del feudatario, oggi gli interlocutori siamo tutti i cittadini ognuno in rappresentanza di se stesso o di una singola categoria. Non sarà certo la fine del mondo il coronavirus, solo se anche in periferia a guidare le sorti di una città ci saranno persone competenti e convinti del ruolo straordinario che i cittadini e non la politica gli conferiranno.