Piero Mangione CGIL SPI
Sappiamo che in questi ultimi anni la politica ha cancellato tante conquiste del novecento, realizzate con la lotta dei lavoratori e dei pensionati, dal sindacato e dalla sinistra.
Sul fisco, principale regolatore della ridistribuzione della ricchezza prodotta dai sistemi Paese, si sono avventati i governi di tutto il mondo.
Sappiamo che in America, patria del capitalismo mondiale, tra il 1944 ed il 1963, si applicava ai redditi individuali superiori a 200 mila dollari, corrispondenti all’attuale milione di dollari, una aliquota fiscale del 91%, dicasi 91%.
Arrivato alla presidenza il democratico Kennedy la tassazione ai ricchi è scesa al 77% ed i suoi successori l’hanno abbassata ancora di più, sino alle attuali regalie alle multinazionali ed ai colossi della rete.
Sappiamo che in Italia, tra il 1976 ed il 1982, la progressività dell’irpef si basava su 32 scaglioni con aliquote variabili dal 10 al 72%.
Sappiamo che, dal 1983 ad oggi, i governi che si sono succeduti hanno fissato il ventaglio fiscale tra il 23 ed il 43%, favorendo le fasce agiate e ricche , il capitale e la rendita del Paese, provocando una forte operazione di diseguaglianza sociale.
E’, quindi, del tutto evidente il perché la CGIL abbia al punto primo della sua domanda al governo la riforma fiscale con una tassazione equa e progressiva: altro che tassa unica, uguale per tutti, come continua a volere la lega, che favorirebbe ancora di più i redditi alti e scapito dei medi e bassi.
Dice Maurizio Landini ”paghi ognuno in rapporto a quello che ha se si crede e si vuole concretizzare un vero “patto sociale” senza contare la non più rinviabile campagna dura e forte contro la evasione fiscale che ammonta a 120 miliardi l’anno.
Sappiamo che con il recovery fund sono stati destinati all’Italia 209 miliardi in ragione del fatto che gli indicatori presi a riferimento dall’UE sono stati il livello procapite del prodotto interno lordo e della occupazione/disoccupazione italiano nel rapporto con gli altri Paesi europei, riferiti ai 4 anni precedenti il corona virus.
E se questo gup è ancora tale da farci assegnare le risorse più alte, sappiamo che è dovuto non al merito ma alla condizione del sud nazionale, alla sua debolezza strutturale, economica, produttiva e sociale, per cui sarebbe cinico e deprecabile non dargli le risorse utili alla lotta per uscire dalla crisi che l’attanaglia e che il corona virus ha aggravato e continua ad aggravare.
Sappiamo che è falsa la riconversione di Salvini all’europeismo dopo che è stato, sino a ieri, sovranista, nazionalista, nemico dichiarato dell’UE e dell’euro, amico dichiarato di leader autoritari come Putin, Orban, Lepen e dell’estrema destra di “alternative” in Germania.
E’ del tutto evidente che il forte apparato industriale, imprenditoriale e bancario del nord, cosa che, purtroppo, non abbiamo al sud, ha costretto Salvini a dichiarare, senza crederci, la sua illuminazione europeista, sostenendo Draghi. Almeno per ora !
Anche il Presidente del Consiglio, che è, tra l’altro, persona smaliziata ed avveduta, deve tenere conto di questa falsa conversione.
Egli saprà difendere in Europa e nel mondo gli interessi nazionali mettendo in crisi il sovranismo ed il nazionalismo di casa nostra.
Dovrà assumere in prima persona ogni definitiva decisione sulle destinazioni dei fondi recovery, specialmente dopo avere affidato il ministero dello sviluppo economico del turismo e della transizione ecologica ai leghisti.
Anche la CGIL deve tenerne conto insieme a tutta la classe dirigente meridionale, politica, economica, produttiva e sociale che ha il dovere di proporre il suo parco progetti e di vigilare sull’azione governativa. Ma non basta !
Sappiamo bene che i due governi Conte hanno, grazie ad una forte spinta dei 5S, ridistribuito risorse pubbliche a partire dal reddito di cittadinanza che registra su 3 milioni e mezzo di beneficiari, 2 milioni e 200 mila di residenti al sud, determinando, finchè dura, una distribuzione sul meridione di 4 miliardi l’anno destinanti alle fasce più disagiate e povere, al di la delle truffe dovute alla colpevole mancanza d”relazioni parlanti” tra i vari pezzi delle pubbliche amministrazioni.
Sappiamo che l’ex ministro Provenzano, del PD, aveva programmato una spesa per investimenti con Piano SUD di 140 miliardi da spendersi entro il 2030.
Ed, ancora,40 miliardi destinati agli sgravi fiscali alle imprese del sud e 21 miliardi del bilancio statale, facendo rispettare il vincolo del 34% di spesa statale al sud. Domanda: il 34% al sud è applicabile al ricovery fund?
La Regione siciliana dov’è?
Quindi? Quindi tutte le forze politiche, economiche, sociali del mezzogiorno devono fare “cartello unico” per evitare di restare ancora vittima dell’asse del nord che, con la lega e non solo, rivendica ancora l’autonomia regionale differenziata per (scusate) fotterci.