Chi partiva alla volta della “Merica”, alla fine del 1800 fino alla prima metà del 1900, nella stragrande maggioranza di casi, non ritornava, anzi altri pezzi della sua famiglia, anno dopo anno, andavano a ricomporre il mosaico del nucleo familiare nel Nuovo Mondo. Affrontavano enormi sacrifici, avvertiti come una sorta di passeggiata abituati come erano alla fame e al duro lavoro nei campi e nelle miniere del Paese d’origine. Chi ritornava godeva in città di grande considerazione ed era “ntiso” da tutti come u miracanu o a miricana. Il titolo si estendeva agli ascendenti e ai discendenti, si era figlio, moglie, fratello o sorella du miricanu. Personalmente ero “ntisu” come il figlio da miricana, mia madre fece parte, per fortuna o per sfortuna, dei pochi a fare ritorno. Giuseppe Maurizio Piscopo ci racconta la storia di uno dei pochi favaresi ritornati dall’America a Favara. F. P.
di Giuseppe Maurizio Piscopo
Nella discesa che porta dalla Matrice a Piazza Cavour, uno degli angoli più poetici e suggestivi di Favara, c’era una volta un negozio di scarpe.
Era quello di u miricaneddru un tipo molto eccentrico che vestiva all’americana e ogni tanto masticava qualche parola di inglese, famose le sue scarpe bianche e le giacche a righe.
Un giorno arrivò da lui un favarese che era stato qualche settimana a Bruccolino e per vanità gli voleva far sentire che in poco tempo aveva imparato l’americano, quando lui l’ascoltò, quasi infastidito dalla pronuncia, lo fermò subito con una frase ad effetto ed un sorriso di scherno, lui che sorrideva raramente gli disse:-“Take the bread on the mouth” che tradotto significa mettici pani m’bucca, come dire vedi di parlare come ti ha insegnato tua madre!
Oggi al posto di quel negozio “storico” c’è un fioraio. U miricaneddru abitava in via Sottotenente Giglia. Gli piaceva molto cantare ed accompagnarsi con una vecchia chitarra, i vicini a quanto pare non gradivano la sua musica e spesso e volentieri nascevano discussioni e problemi, perché con i favaresi soprattutto al primo incontro bisogna trovare la chiave giusta, saper parlare e saper chiedere le cose con i giusti modi per ottenere qualcosa altrimenti è la fine per sempre! Si racconta che il campiere infastidito e nervoso per ragioni personali, dopo un’accesa discussione gli sfondò la chitarra in testa.
Un giorno e lo ricordo benissimo, come fosse ieri, con mia madre siamo andati nel suo negozio per comprare un paio di scarpe per la festa. Si avvicinava il Natale e a Favara come vuole la tradizione quel giorno i bambini mettono il vestitino e le scarpe nuove.
Il negozio era piccolo ed era strapieno di scarpe, sistemate ovunque alla rinfusa, una scatola sopra l’altra in maniera disordinata. Quel giorno nel negozio una signora molto “camurrusa”, cercava un paio di scarpe per il figlio Lilliddru, un bambino bello, grassottello e capricciosissimo, che stava mangiando un panino con la mortadella nel negozio e la cosa infastidiva non poco u Miricaneddru che guardò negli occhi la signora come a dirle. “Non lo sa che nel negozio non si mangia”? E la signora leggendo quello sguardo facendolo sentire a tutti, con voce decisa rispose: “E chi voli u picciliddru havi fami, havi a crisciri! Il bambino che dava grandi morsi a quel panino, ogni minuto chiedeva l’acqua alla mamma per non strafogarsi e ridacchiava ogni volta che u Miricaneddru era in difficoltà. Tutte le scarpe che aveva provato erano strette poiché aveva un piccolo problema al piede destro. Fu allora che u Miricaneddru, che spesse volte perdeva la pazienza con i clienti, prese la scala a forbice e salì per prendere un ultimo paio di scarpe che aveva sistemato molto in alto.
Andava di fretta perché aveva la casa piena e ogni scalino che saliva diceva forte: sei anni 28 sei anni 28 per ricordare la misura. Ora, forse perché aveva messo la scala male o non l’aveva fissata bene, aprendola di fretta, o per una storta al piede, ricordo che mentre era in alto in alto, fece un tonfo con la scatola che teneva ben stretta tra le mani.
Tutte le scarpe volarono come stracci, le scatole si aprirono facendo un grande rumore e creando lo scompiglio e il terrore fra i clienti. Chi si fici, chi si fici gridarono tutti? Per fortuna non ci fu bisogno del dottore. U Miricaneddru si alzò da terra sanguinante, disse delle parole incomprensibili in inglese e quel giorno si rifiutò di vendere le scarpe alla signora, che cacciò via e con voce ferma le disse:-“ Signu pi vossia scarpi un ci nn’è, si li issi accattari a n’antra banni nu Granmillanu o Carminu e si livassi davanti! Come in, come in disse rivolgendosi alle persone di fuori che erano accorse per godersi lo spettacolo! Le persone uscirono dal negozio stordite e strada facendo commentavano, chi mala iurnatu pi u Miricaneddru!