Con un bando pubblicato come tanti altri, il Ministero della Giustizia indiceva un concorso pubblico per il reclutamento di 754 (poi elevato a 938) allievi Agenti del Corpo di Polizia Penitenziaria.
Tra i partecipanti anche Il sig. G.A., giovane agrigentino di 31 anni, che presentava, nel marzo 2019, domanda di partecipazione, evidenziando di avere svolto in precedenza servizio militare in qualità di volontario in ferma prefissata.
Successivamente, a seguito della correzione della prova scritta che il giovane svolgeva regolarmente nel luglio 2019, venivano pubblicati gli esiti che attestavano il superamento della prova in questione da parte di G.A. Risultato che consentiva di proseguire la propria partecipazione alla selezione concorsuale con lo svolgimento delle ulteriori prove di carattere psico-fisico e attitudinale.
Ciononostante, in data 26.09.2019, il Ministero della Giustizia notificava a G.A. il Decreto di esclusione dal concorso pubblico in questione perché, a dire dell’amministrazione, il giovane (ventinovenne, all’epoca della presentazione della domanda) non risultava in possesso del requisito anagrafico previsto dal bando di concorso, avendo compiuto e quindi superato il ventottesimo anno di età.
A questo punto G.A. proponeva ricorso davanti al TAR Lazio, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Gatto, per l’annullamento, previa sospensione, del menzionato provvedimento di esclusione. In particolare, gli avvocati Rubino e Gatto sostenevano l’illegittimità del detto provvedimento di esclusione, in quanto il limite di età previsto testualmente dal bando (28 anni) avrebbe dovuto essere innalzato, ai sensi dell’art. 2049 del Codice dell’Ordinamento militare, di un periodo pari all’effettivo servizio militare prestato in precedenza dal sig. G.A., ovvero in 31 anni, in quanto il giovane agrigentino poteva vantare ben tre anni di servizio militare volontario.
Il TAR Lazio, Roma, Sezione Prima Quater, condividendo le tesi difensive degli avvocati Rubino e Gatto, accoglieva, con l’Ordinanza n. 8219 del 17.12.2019, la richiesta di sospensione dell’esecuzione del decreto di esclusione, ordinando al Ministero della Giustizia di ammettere G.A. alle successive prove psico-fisiche ed attitudinali previste dalla procedura selettiva per allievi agenti del Corpo di Polizia Penitenziaria.
Ebbene, svoltesi le suddette prove, entrambe superate da G.A., il Ministero della Giustizia, nel dicembre 2020, approvava la graduatoria finale del concorso in questione del quale il giovane agrigentino risultava vincitore, ma inserito con riserva dal Ministero in attesa della pronuncia di merito del giudice amministrativo.
G.A., sempre assistito dagli avvocati Rubino e Gatto, proponeva motivi aggiunti al ricorso, mediante i quali eccepiva l’illegittimità di tale inclusione con riserva in graduatoria, in quanto, in tal modo, anche una positiva pronuncia di merito del Giudice amministrativo non avrebbe consentito al G.A. di essere riconosciuto come un normale vincitore del concorso.
Con sentenza n. 6806 dell’8 giugno 2021, il Tar Lazio, condividendo le tesi difensive ha definitivamente accolto il ricorso principale e i motivi aggiunti presentati, affermando l’illegittimità dell’espulsione dal concorso ed includendo G.A. in posizione utile nella graduatoria del concorso in questione senza alcuna riserva.
Inoltre, con il medesimo provvedimento, il Giudice amministrativo ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese legali del contenzioso, liquidate in € 1.500,00 oltre accessori di legge.