La situazione come tutte quelle gestite dalla politica locale è gravissima, quando a fine mese c’è da pagare lo stipendio a 300 lavoratori ed è indispensabile assicurare il servizio all’utenza. Servizio nella sua qualità, al momento peggiorato.
Filippo Cardinale
Furono molti i “cattivoni”, specie da parte del centrodestra del Consiglio comunale di Sciacca (specie Bono e Milioti) a chiedere lumi, piani finanziari, documenti che avrebbero dovuto prospettare il percorso finanziario da intraprendere. Ingenti somme che si caricavano sulle spalle dei cittadini attraverso le casse comunali. Non era dato sapere e i grandi “luminari”, gli ottimisti spinti dalla incoscienza puerile dissero che intanto si stava approvando lo schema di statuto e poi si sarebbe passati, in altri step successivi, alla visione dei documenti finanziari della nuova società, quali il piano finanziario, il piano degli investimenti, la tariffa. Insomma, si nascondeva la polvere sotto il tappeto.
Sulla scorta di tale puerile procedere, sindaci e consiglieri comunali, alcuni dei quali si sarebbero incatenati se non fosse stato approvato lo statuto (vedi caso di Sciacca, intervento consigliere comunale grillina) approvarono lo statuto; in alcuni casi intervenne il commissario ad acta inviato dalla Regione. Poi venne la grande commozione per la costituzione della Aica (Azienda idrica dei comuni agrigentini). Con le lacrime agli occhi per la commozione si produssero comunicati stampa di felicitazioni, momento storico, svolta.
Poi venne il tempo, ieri pomeriggio, in cui finita la sbornia apparve la dura, difficile e complessa realtà in cui i sindaci si sono imbattuti trascinando per mano i loro Comuni, i quali soffrono di crisi finanziaria e devono sobbarcarsi un gentile prestito di 10 milioni di euro concesso dalla Regione tramite il Fondo delle Autonomie dell’assessorato regionale alle Autonomie Locali. Prestito da restituire in 5 anni più gli interessi.
Ieri pomeriggio, l’Aica si è riunita nell’interezza dei soci, cioè i sindaci i quali si sono portati a supporto segretari comunali e direttori di ragioneria. I nostri sindaci pensavano (o hanno fatto finta di pensare) che l’assessorato staccasse l’assegno di 10 milioni con facilità estrema. Invece, le cose stanno in maniera diversa.
Il prestito di 10 milioni di euro è stato partorito con legge dell’Ars n. 22 del 3 agosto e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 34 del 6 agosto 2021. Basta leggerla per capire che la Regione si è messo il classico ferro dietro la porta. All’articolo 2, infatti, si specifica che “le somme di cui al comma 1 sono erogate ai Comuni facenti parte dell’Aica in rapporto alla popolazione residente e sono rendicontate e recuperate in cinque anni, sulla base di un dettagliato piano finanziario di rimborso annuale approvato dal Consiglio comunale”.
L’articolo 3 specifica anche come recuperare le somme nel caso in cui i Comuni ritardano a restituire le rate: “In caso di omesso versamento delle rati annuali, le stesse sono recuperate nei confronti dei singoli Comuni debitori con le modalità di cui al comma 24 dell’articola 7 della legge regionale 17 marzo 2016, n. 3 e successive modificazioni”. Significa che la Regione taglia i trasferimenti che dal Fondo delle Autonomie finiscono ai Comuni e che servono per finanziare servizi importanti per la comunità.
Dunque, i 10 milioni arriveranno ai Comuni, che poi gireranno all’Aica, attraverso la stesura di un dettagliato piano finanziario di rimborso che ogni Comune dovrà approntare e passarlo all’approvazione dei Uffici Ragioneria, Revisori dei conti e Consiglio comunale. Insomma, ognuno dovrà assumersi proprie responsabilità. Ma soprattutto non è un passaggio che si risolve in qualche giorno.
Questo hanno ben capito i sindaci e dirigenti degli uffici di ragioneria che ieri pomeriggio si sono riuniti in fretta con la presenza dell’assessore alle Autonomie Locali, Marco Zambuto. Questa è la realtà. La realtà di una consortile nata con un capitale sociale da 20 mila euro (tipico di una società di piccole dimensioni e per gestire un fatturato modesto) con la pretesa di gestire una montagna complessa e difficile, quella del servizio idrico e della depurazione nella nostra provincia.
Una consortile che già avrebbe ricevuto un no da una banca per l’accensione di un prestito. Una consortile che inizia con un debito di 10 milioni di euro (prestito della Regione) più 1.2 milioni da versare all’Enel nell’arco di tre mesi, previa interruzione del servizio elettrico che alimenta gli impianti di pompaggio e di sollevamento per la distribuzione idrica.
Ieri pomeriggio i sindaci hanno capito che l’ebbrezza da buon vino dà inizialmente un senso di leggerezza e allegrezza, ma poi si ripresenta interamente la realtà nuda e cruda. Tanto è vero che la riunione ha sortito fumata nera ed è stata aggiornata a lunedì prossimo.
I sindaci hanno chiesto all’assessore Zambuto se i 10 milioni potessero transitare direttamente all’Aica e non ai Comuni e poi Aica potesse girarli ai Comuni. Giro di valzer con voli pindarici. Ipotesi, questa, assai difficile. Dal cilindro delle fantasie hanno tirato l’ipotesi di chiedere un prestito di 3 milioni di euro come anticipazione dei 10 milioni di euro all’Irfis (Istituto regionale per il finanziamento alle imprese siciliane). Forse dimenticano che l’Irfis non è un istituto di beneficenza e che l’Aica è attualmente solo una società con un capitale di 20 mila euro, senza soldi, nullatenente.
Intanto, il tempo passa e a fine mese bisogna pagare gli stipendi ai 300 lavoratori, con annessi contributi previdenziali. Ieri pomeriggio, i sindaci non sorridevano e avevano smaltito la sbornia della “storicità” del momento scoprendo la durezza della realtà, la complessità della vicenda, ma soprattutto che i loro Comuni devono appesantire le già precarie casse comunali. Quasi tutti i Comuni sono in crisi finanziaria, in predissesto o in dissesto finanziario.
Ci sono Comuni grossi come Sciacca e Agrigento che devono accollarsi un prestito che oscilla tra un milione e un milione e mezzo da restituire in cinque anni più gli interessi. I nodi, prima o poi, tornano al pettine. Intanto, i Comuni agrigentini soffrono la scarsa distribuzione idrica, i continui disservizi.