In provincia di Agrigento il contesto criminale mafioso è caratterizzato dalla presenza diffusa di “Cosa Nostra” che confermerebbe la sua ripartizione in 7 mandamenti nel cui ambito risultano operare 42 famiglie.
E’ stata presentata dal Ministro dell’Interno al Parlamento la Relazione della Direzione Investigativa Antimafia sull’attività svolta e sui risultati conseguiti nel secondo semestre del 2020. Così si legge nella nota introduttiva della relazione. “In questo periodo di riferimento il perdurare dell’emergenza sanitaria da COVID-19 ha accentuato le conseguenze negative sul sistema sociale ed economico italiano originate dalle severe misure rese necessarie per contenere l’espandersi del contagio. Della difficoltà finanziarie delle imprese potrebbero approfittare le organizzazioni malavitose, per altro sempre più orientate verso una sorta di metamorfosi evolutiva volta a ridurre le strategie cruente per concentrarsi progressivamente sulla silente infiltrazione del sistema imprenditoriale”.
Per la criminalità organizzata siciliana sostanzialmente si confermano le dinamiche operative e gli assetti strutturali che vedono famiglie di Cosa Nostra coesistere e talvolta stringere alleanze occasionali per il raggiungimento di specifici obiettivi criminali, con altre organizzazioni dai contorni più fluidi, meno gerarchizzate, ma ugualmente aggressive quali la Stidda.
In Sicilia coesistono organizzazioni criminali eterogenee e non solo di tipo mafioso. Nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento è egemone Cosa Nostra. Del resto quest’ultima, poiché impossibilitata a ricostituire un organismo di vertice per la definizione delle questioni più delicate, risulta avere adottato un coordinamento basato sulla condivisione delle linee di indirizzo e della ripartizione delle sfere d’influenza tra esponenti di rilievo dei vari “mandamenti”, anche di Province diverse.
In provincia di Agrigento il contesto criminale è caratterizzato dalla presenza diffusa di Cosa Nostra che confermerebbe la sua ripartizione in area in 7 mandamenti nel cui ambito risultano operare 42 famiglie. Mandamenti di Agrigento, Burgio, del Belice, Santa Elisabetta, Cianciana, Canicattì e Palma di Montechiaro. Si tratta di un numero di articolazioni particolarmente elevato in relazione alla limitata vastità del territorio e soprattutto considerando che anche la Stidda continua a registrare un ruolo di rilievo in alcune porzioni della Provincia. La Stidda risulta presente nei territori di Palma di Montechiaro, Porto Empedocle, Naro, Favara, Canicattì, Campobello di Licata, Camastra, Bivona e Racalmuto.
Cosa Nostra agrigentina conferma i caratteri di un’organizzazione verticistica e rispettosa delle tradizionali regole. Evidenzia inoltre collegamenti con le famiglie catanesi, nissene, palermitane e trapanesi non disdegnando rapporti con realtà criminali oltre lo Stretto. Nel recente passato sono spesso emerse relazioni con le cosche calabresi, principalmente per l’approvvigionamento di stupefacenti. Emblematiche nel senso le risultanze dell’operazione “Passepartout” del novembre 2019 che ha inoltre disvelato il tentativo di ricostituzione di una rete di relazioni anche di carattere internazionale. Sono stati infatti documentati i rapporti intrattenuti da affiliati a cosa nostra di Sciacca (AG) con mafiosi operanti a Porto Empedocle (AG), Castelvetrano (TP), Castellammare del Golfo (TP) e con taluni soggetti contigui alla famiglia mafiosa GAMBINO di New York, nonché con mafiosi agrigentini emigrati in Canada e negli USA.
Particolarmente rilevante per la ricostruzione delle dinamiche criminali della Provincia è poi l’operazione “Xydy” Il provvedimento ha colpito 23 soggetti appartenenti sia a Cosa Nostra sia alla Stidda, a vario titolo ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, favoreggiamento personale, tentata estorsione e altri reati commessi con l’aggravante dell’agevolazione dell’associazione di tipo mafioso, cui si accenna anche se conclusa il 2 febbraio 2021. Tra i destinatari del relativo provvedimento di fermo c’è infatti anche Matteo MESSINA DENARO che avrebbe mantenuto attive le comunicazioni con i capi delle famiglie agrigentine e un ruolo di rilievo per le decisioni strategiche. Risulta infatti che al latitante i capimafia della provincia “…riconoscono unanimemente l’ultima parola sull’investitura ovvero la revoca di cariche di vertice all’interno dell’associazione…”. Il boss castelvetranese sarebbe quindi “…a tutt’oggi in grado di assumere decisioni delicatissime per gli equilibri di potere in Cosa Nostra, nonostante la sua eccezionale capacità di eclissamento e invisibilità”. Più nel dettaglio l’investigazione si è incentrata sul mandamento di Canicattì epicentro di un potere mafioso capace di proiettarsi sull’intera area orientale della provincia agrigentina. In particolare è emersa la figura carismatica del capo famiglia e capo mandamento di Canicattì e sono stati dimostrati stabili e attuali collegamenti tra il suddetto mandamento e un ergastolano originario di Campobello di Licata, ritenuto già capo della provincia mafiosa di Agrigento, in atto in regime di detenzione speciale. Un ruolo di rilievo risulta essere stato ricoperto dalla compagna di un “uomo d’onore” avvocatessa difensore di fiducia di numerosi affiliati del mandamento. Sfruttando le garanzie del mandato la professionista avrebbe agevolato la consorteria mettendo, tra l’altro, il proprio studio legale a disposizione per l’esecuzione di summit mafiosi.
In particolare, l’indagine ha rivelato “…un’eccezionale e ininterrotta sequenza di riunioni svoltesi per un arco temporale di circa due anni e tutte intrattenute tra esponenti di vertice di cosa nostra, anche appartenenti a province diverse. Luogo prescelto ove si sono svolte dette riunioni è stato lo studio legale dell’avvocato …, nota penalista agrigentina impegnata nell’intero Distretto di Palermo in numerosi processi alle cosche mafiose…”.
Pur conservando una struttura fondamentalmente unitaria, in alcune articolazioni mafiose da tempo emergono contrasti che degenerano in episodi di violenza. Da ultimo, il 3 aprile 2020 si è verificato a Lucca Sicula (AG) un omicidio verosimilmente maturato in ambito mafioso. La vittima era rimasta coinvolta nell’ambito dell’operazione “Maginot” del 2011. Una dinamica confermata dall’operazione “Mosaico” conclusa nel settembre 2020 dalla Polizia di Stato e dalla Polizia belga con l’arresto di 8 persone per tentato duplice omicidio consumato il 23 maggio 2017 a Favara. L’episodio sarebbe da inquadrare in seno a una “faida” sviluppatasi tra gli anni 2015 e 2018 sull’asse “Favara – Belgio” nell’ambito di un gruppo criminale dedito al traffico di armi e droga. Le investigazioni hanno ricostruito l’evoluzione della consorteria risultata inizialmente coesa e poi scissasi in due gruppi contrapposti. Altra indagine conclusa nel luglio 2020 con l’arresto di 5 persone, ha fatto luce su 2 omicidi, Rispettivamente consumati nel 2015 a Palma di Montechiaro e nel 2017 ad Agrigento, originati da uno scontro tra i “paracchi”.
Alcune difficoltà si riscontrerebbero inoltre sulla scelta per la reggenza di mandamenti e di famiglie resa necessaria dal contrasto investigativo. In altri casi è da sottolineare la rilevanza delle scarcerazioni di importanti boss che facendo ritorno al territorio d’origine, nel periodo si segnala la scarcerazione di un soggetto arrestato il 6 marzo 2007, all’epoca ritenuto “uomo d’onore” della famiglia mafiosa operante a Favara, potrebbero essere intenzionati a riconquistare l’antico potere anche in forza di personali contatti con altre consorterie. Si sarebbe evidenziata inoltre una sorta di “emigrazione criminale” verosimilmente conseguente alla volontà di abbandonare un’area troppo “sfruttata” per trasferire i propri interessi illeciti in territori ove il fenomeno mafioso non risulta ancora immediatamente riconoscibile.
La forte emigrazione agrigentina in Europa e verso il continente americano avrebbe inoltre condotto alla ricostituzione in territorio straniero di aggregati delinquenziali che mantengono legami “d’affari” con quelli locali. Tradizionalmente le consorterie agrigentine occidentali appaiono proiettate verso i Paesi del Nord America e in taluni casi dell’America latina (specie Venezuela e Brasile), mentre quelle del versante orientale verso i Paesi del nord Europa, con particolare riguardo a Germania e Belgio.
Le attività criminose si realizzano in primo luogo tramite la consueta pressione estorsiva sulle attività imprenditoriali, anche agropastorali, esercitata con minacce e danneggiamenti. Per altro verso numerosi sono gli arresti di soggetti che gestiscono le locali “piazze” di spaccio. Altro settore d’interesse mafioso è quello relativo al controllo del gioco d’azzardo. Al riguardo, è da segnalare il sequestro operato dalla DIA, tra il settembre e l’ottobre 2020, del patrimonio di un imprenditore del comparto per un importo stimato in circa 1 milione e 200 mila euro.
Va poi evidenziata la sinergia tra la criminalità organizzata e alcuni esponenti di quella ”imprenditoria grigia” che intrattengono relazioni d’affari con cosa nostra o con altre organizzazioni di tipo mafioso. In assenza di specifiche evidenze nel semestre, si rammentano le recenti operazioni “Sorella Sanità” e “Waterfront”. È inoltre significativa la capacità di Cosa Nostra agrigentina di orientare le scelte degli Enti locali per l’aggiudicazione degli appalti pubblici attraverso l’infiltrazione, il condizionamento o la corruzione. Pratiche che hanno condotto nel corso degli ultimi anni allo scioglimento di diversi Comuni. Allo stato permane la gestione commissariale di quello di San Biagio Platani, l Comune di San Biagio Platani è stato sciolto con decreto del Presidente della Repubblica del 6 agosto 2018, prorogato con DPR del 5 dicembre 2019. Le elezioni amministrative programmate per la tornata elettorale del 22 e 23 novembre 2020 sono infatti slittate a causa dell’emergenza Covid e sono state riconvocate per il 10 e 11 ottobre 2021; mentre a Camastra le elezioni amministrative si sono svolte nell’ottobre 2020. Nel periodo in esame è stato eseguito un provvedimento di sequestro operato dalla DIA nel luglio 2020 dei beni riconducibili a due fratelli intranei alla famiglia di Favara e attivi nel settore edilizio e del movimento terra.
Nel contesto criminale agrigentino continuano infine a operare gruppi di matrice etnica, in particolare si tratta di compagini maghrebine, egiziane e romene. Esse sono tollerate dai sodalizi mafiosi in quanto dedite a pratiche illecite non di diretto interesse quali il riciclaggio di materiale ferroso, i reati predatori, lo sfruttamento della prostituzione e lo spaccio al dettaglio di sostanze stupefacenti. Si rammenta da ultimo l’operazione “Bazar” che nel maggio 2020, ha permesso di fermare soggetti italiani e stranieri ritenuti appartenenti a un sodalizio criminale che avrebbe gestito una consistente rete di spaccio di droga. Al vertice del gruppo erano alcuni tunisini..In termini prospettici, si può ritenere che l’egemonia di Cosa Nostra proseguirà, con il mantenimento di “un equilibrio” con la Stidda nei territori d’elezione della stessa.