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I cento passi, la radio, l’ambientalismo precoce nella Sicilia del cemento, la morte atroce in un vecchio casolare.
L’elenco potrebbe continuare, ma sono senza dubbio questi i pensieri e i temi ricorrenti quando si parla di Peppino Impastato.
Si pensa ad un uomo, un ragazzo, fuori dal comune, ad un santo laico martirizzato per liberare la propria terra dall’oppressione.
La figura umana del giovane di Cinisi è stata al centro di polemiche e ricostruzioni non sempre chiare, dal momento in cui, subito dopo il barbaro assassinio, si insinuò il suicidio di un folle rivoluzionario ai giorni nostri.
Risale a circa due mesi fa il polverone alzato intorno a Peppino Impastato, la memoria difficile di Pino Manzella, che ha coinvolto, tra gli altri, Giovanni Impastato, fratello di Peppino, e Salvo Vitale, storico amico e compagno dello stesso.
Fuor da ogni dibattito polemico e da ogni mistificazione, il modo migliore per ricostruire lo spessore di un’anima, di una figura umana, mitizzata, è affidarsi ai versi dello stesso Peppino.
Un uomo vivo
Con ogni probabilità, tra i 20 e i 22 anni l’attivista antimafia scrisse tra i suoi appunti, senza troppe ambizioni poetiche, i componimenti contenuti in Amore Non Ne Avremo, brevissima raccolta di poesie e immagini curata da Guido Orlando e Salvo Vitale, edita da Navarro Editore.
Le poesie di Peppino nascono dunque da un’esigenza vera, intima e profonda, dalla necessità di mettere su carta sensazioni, stati d’animo, paesaggi e per dirla con Aurelio Grimaldi, autore dell’introduzione alla primissima edizione, pubblicata da Ila Palma nel 1990, sono forti, prosaiche, ritmiche, i versi giocano con la punteggiatura: poco liriche, potenti, dirette. […] C’è dentro più morte che vita; più tristezza che felicità; come in quelli che amano troppo la vita.
E la fine imminente, di quella stessa, breve, vita, pare presagita dal giovane autore, struggente è leggere: Nessuno ci vendicherà;/ la nostra pena non ha testimoni o, ancora, Non si può volere e pensare/ nel frastuono assordante.
Nella celebre Fiore di campo, è riassunto tutto il senso dell’esistenza di Peppino, sembra il suo naturale alter ego quel fiore che nasce dal grembo della terra nera, che poi cresce, per morire lasciando sulla terra gli umori segreti.
L’opera ci restituisce un uomo vivo, come vivo può essere solo chi ad una festa, tra un frusciare di gonne, coglie lo sguardo di due occhi di rugiada e s’innamora, maturando la tremenda consapevolezza che: Amore Non Ne Avremo.