I rappresentanti del Cartello Sociale della provincia di Agrigento -composto dalle segreterie provinciali di CGIL, CISL, UIL e dai responsabili dell’ufficio diocesano di pastorale sociale e lavoro- hanno scritto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
La lettera ha come oggetto: emergenza sanitaria ad Agrigento ed i firmatari sono rispettivamente Alfonso Buscemi, Emanuele Gallo, Gero Acquisto, don Mario Sorce e Salvatore Pezzino, in rappresentanza -per l’appunto- di quel Cartello Sociale che fonda oggi una speranza, costituendo un’esperienza implicante considerevoli componenti attive della società civile del territorio agrigentino, nella prospettiva di affermare un modello di confronto, di condivisione e di dialogo con i soggetti istituzionali competenti, al fine di affrontare e risolvere le complesse problematiche del territorio.
La lettera al presidente Mattarella stigmatizza lo stato dell’arte della sanità pubblica in provincia di Agrigento, mettendo a nudo “una situazione che ha superato ogni limite di decenza e che si configura come vera emergenza nel nostro territorio”.
Nella lettera viene ricordato come il 17 giugno scorso sia stata svolta una manifestazione popolare con circa 3.500 persone, alle quali si sono uniti 21 sindaci della provincia.
“A conclusione della pacifica marcia” -si legge – “è stato consegnato nelle mani del Prefetto un documento riassuntivo delle principali criticità del sistema sanitario pubblico da consegnare al Governo centrale. Oltre al documento é stata inviata una richiesta d’incontro ma ad oggi il Prefetto ha solo risposto che avrebbe approfondito a diversi livelli per dare una più esaustiva risposta ma finora, a due mesi esatti dalla manifestazione, non si è avuto altro riscontro”.
“Nel frattempo” -prosegue la lettera- “continua lo smantellamento dell’organizzazione dei servizi nei vari ospedali del territorio che registrano una massiccia fuga degli operatori sanitari, stressati da ritmi di lavoro insostenibili .
Clamoroso quanto si è registrato all’Ospedale di Agrigento dove il primario del Pronto Soccorso dopo avere cercato di gestire una situazione impossibile, con grandi sacrifici personali, ha gettato la spugna e ha rassegnato le dimissioni.
Per correre ai ripari, dopo alcune settimane e rinunce, è stato nominato un nuovo primario, ad interim in quanto dirige già il reparto di cardiologia.
A seguito di questa nomina, con grande enfasi, il sindaco di Agrigento ha parlato di svolta e di superamento delle criticità.
Purtroppo, a dimostrazione che non esistono bacchette magiche per affrontare nodi così complessi, dopo qualche giorno una giovane donna al nono mese di gravidanza perde la sua creatura dopo avere atteso, al pronto soccorso dell’ospedale di Agrigento, due lunghe ore prima di essere visitata. Sul caso la procura della Repubblica ha prontamente aperto un’inchiesta”.
Non solo. La lettera del Cartello Sociale si sofferma sul fatto che “il commissario straordinario e il responsabile del Cup dell’azienda sanitaria provinciale sono stati segnalati all’assessorato regionale alla Salute dai carabinieri del Nas di Palermo che, lo scorso 13 luglio, dopo ispezioni e verifiche documentali negli ospedali San Giovanni di Dio di Agrigento e Giovanni Paolo II di Sciacca, hanno riscontrato la sospensione delle prenotazioni per l’erogazione delle prestazioni specialistiche ambulatoriali e strumentali, cosiddette agende chiuse, in contrasto con il divieto, per le aziende sanitarie e ospedaliere, di sospendere le prenotazioni delle prestazioni”.
Ed ancora: “I tempi registrati per una visita medica o un esame diagnostico e/o intervento chirurgico, sono lunghissimi e spingono l’utenza a rivolgersi ai privati ledendo il diritto alla salute e aggravando ulteriormente i bilanci familiari già colpiti dall’aumento esponenziale dell’inflazione”.
Come se ciò non bastasse, “migliaia di cittadini per svariati motivi sono costretti a rinunciare alle cure sono nell’impossibilità di poter far fronte alle spese sanitarie, anche per la compartecipazione ai ticket che comportano cifre non indifferenti”.
Nella lettera emerge poi la giusta critica alle “chiusure di ospedali e reparti” e ai “tagli indiscriminati al personale, ai posti letto e ai servizi”.
E quindi la riflessione sul futuro che è tutt’altro che rosea: “Il rischio che la sanità pubblica fallisca, quindi, è un problema che tocca da vicino sia il personale sanitario che i cittadini. In particolare, va considerato che in tutti i presidi ospedalieri della provincia ci sono stati tagli che hanno portato alla chiusura di diversi reparti mettendo in grande difficoltà le fasce più deboli della popolazione che non si possono permettere esborsi esorbitanti per rivolgersi al privato”.
Rivolgersi al presidente della Repubblica è stato probabilmente un atto -per così dire- di disperazione: ci si è forse arrivati non intravedendo altre strade percorribili, dopo aver fatto tutto ciò che era fattibile per dare voce ai bisogni del territorio e soprattutto alle esigenze di quella parte della popolazione che è più debole, anche dal punto di vista economico, ma continua ad aspirare al diritto alla salute, quale diritto costituzionalmente garantito.
Ecco, lo spirito con cui è nato il Cartello Sociale: quello di dar voce alle fasce più deboli della popolazione locale, anche quando il confronto e la dialettica con i soggetti istituzionali preposti (che è sempre la strada maestra prioritaria) non diano i frutti sperati.
L’auspicio è adesso che il presidente Sergio Mattarella, pur nell’ambito delle sue prerogative, possa dare agli organi competenti la scossa necessaria per produrre più opere e meno parole in un campo molto delicato e importante come quello della salute del singolo e della comunità.