Ci sono stati interventi istituzionali ufficiali, interventi politici, interventi tecnici, persino interventi accademici.
Ma solo per litigare, per essere gli uni contrapposti agli altri.
E a sentire le dichiarazioni ufficiali, come riportate dagli organi di stampa, il cittadino fatica a farsi un’opinione propria. Perché non ci capisce realmente nulla. E magari assume posizione solo per partito preso. Quando non esclama: “il solito schifo!…”
Ma diciamo la verità. Le cose di cui si parla sono quasi sempre questioni di lana caprina. Che non c’entrano niente con il vero motivo del contendere.
Può essere mai il motivo quello che non ci sono i Comuni tra i soci fondatori previsti dallo schema di statuto? O può essere che davvero l’architettura statutaria proposta sembri carente dal punto di vista della trasparenza e della democrazia? O può essere, ancora, che l’atto costitutivo della Fondazione andasse approvato in unico contesto con lo schema di statuto? O che quest’ultimo (lo schema di statuto) non preveda espressamente la personalità giuridica pubblica della costituenda Fondazione?
Ma finiamola…
Il vero motivo del contendere è la partecipazione dell’associazione culturale MeNO quale socio fondatore della costituenda Fondazione che gestirà il progetto Agrigento Capitale della Cultura 2025, e -secondo lo schema di Statuto- sarà responsabile per il primo triennio del coordinamento del programma culturale ed esprimerà per il suddetto periodo le figure del Project Manager e dell’Executive Manager, i cui compiti e relative retribuzioni saranno definite dal Consiglio di Amministrazione.
Ecco: questo è il vero motivo dei litigi, anche se non emerge mai in maniera netta e chiara.
Il resto è polemica pelosa, questione di lana caprina.
Il testo dello schema di statuto della costituenda Fondazione, così come approvato dalla Giunta Comunale di Agrigento, è questo: schema di statuto . Ne avevamo parlato sin da subito in questo articolo.
Ed oggi non vogliamo entrare nel merito delle ben dieci pagine di parere sfavorevole reso dal collegio dei revisori dei conti sulla proposta di deliberazione consiliare del comune di Agrigento ad oggetto: “Capitale Italiana della Cultura 2025”. Approvazione statuto della Fondazione di partecipazione “Agrigento 2025”.
Del resto, il dirigente degli affari generali e legali del Comune di Agrigento ha fornito le dovute controdeduzioni, chiedendo di rivedere il parere sfavorevole.
E sinceramente non può costituire un motivo ostativo la mancata iscrizione al RUNTS (ammesso che sia necessaria) dell’Associazione MeNO.
Né sussiste un obbligo normativo in capo alle fondazioni di partecipazione di fare avvisi pubblici o procedimenti ad evidenza pubblica per scegliere un socio fondatore privato. Magari, se il Comune l’avesse fatto, avrebbe agito con obiettività e trasparenza. Ma, non avendolo fatto, non ha violato alcuna legge o principio dell’ordinamento giuridico. E c’è stato un motivo per aver scelto in maniera diretta. Almeno da ciò che capiamo un motivo c’è: ed è importante e ci torneremo tra un po’.
Per adesso vogliamo dire che non sussistono preclusioni ad applicare gli istituti e le norme di diritto comune per scegliere i vertici del management della Fondazione.
D’altronde, chi ha predisposto il progetto per la candidatura della Città di Agrigento a Capitale Italiana della Cultura 2025? Chi ha progettato il dossier “Il sé, l’altro e la natura-relazioni e trasformazioni culturali”, allegato alla manifestazione d’interesse per la candidatura?
E’ stata l’associazione MeNO.
Adesso che la candidatura è diventata realtà, questa associazione non serve più? Si può andare avanti senza di essa?
Sarebbe il caso di dare uno sguardo alle attività dell’associazione, alla sua professionalità e competenza, ai risultati raggiunti coi progetti e nei settori in cui ha operato. Sarebbe il caso di spulciare i curricula dei consiglieri direttivi dell’associazione.
E comunque, smettiamola davvero!
Pensiamo a costruire. Anche dialetticamente.
Abbiamo già abbastanza problemi con la pulizia della città e con l’inciviltà di coloro i quali (per fortuna, una sparuta minoranza) vedono la cosa pubblica solo come cosa altrui per i doveri e come cosa propria per i diritti.
Armiamo di ottimismo le nostre volontà. Così anche le nostre intelligenze lavoreranno più serenamente e produrranno più proficuamente.