La Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza di primo grado del giudice del lavoro, in base alla quale è nulla il provvedimento di ingiunzione emanato dalla pubblica amministrazione nei riguardi di un proprio dirigente al fine di ottenere la restituzione di sommme percepite a titolo di retribuzione di risultato.
Parti in causa sono l’Agenzia delle Entrate e un suo ex dipendente, il dr. G.L.R., già direttore dell’ufficio provinciale di Caltanissetta della medesima Agenzia.
La notifica dell’ingiunzione risale al 2018 ed aveva lo scopo di recuperare le somme già corrisposte a titolo di indennità di risultato relativa all’anno 2013. Ad essa il dr. G.L.R., originario di Campobello di Licata, si è opposto, col patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Mario La Loggia, riuscendo a far dichiararare infondata la pretesa recuperatoria e nulla l’ingiunzione con sentenza del Tribunale di Palermo, nella qualità di giudice del lavoro, in primo grado.
Ma l’Agenzia delle Entrate ha voluto insistere, proponendo l’ appello e costringendo il dr. L.R.G., sempre con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Mario La Loggia, a costituirsi innanzi la Corte d’Appello di Palermo, per dimostrare in giudizio l’illegittimità del provvedimento di ingiunzione, disposto in violazione del Codice di Comportamento dell’Agenzia delle Entrate (l’allora direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate -secondo gli avvocati Rubino e La Loggia– si sarebbe dovuto astenere dal valutare, nel 2016, l’operato del dr. G.L.R., in ragione delle accertate acredini sorte, in precedenza tra i due).
Non solo. Gli avvocati hanno pure dedotto in giudizio l’illegittimità della valutazione operata dal Direttore Regionale per carenza assoluta di legittimazione (la valutazione negativa relativa all’anno 2013 emanata nei confronti del dr. G.L.R., infatti, non era stata compiuta entro l’anno 2014, ma ben due anni dopo, nel 2016, mentre l’allora Direttore Regionale dell’Agenzia delle Entrate risultava già in quiescenza e quindi non poteva emanare alcun atto in nome e per conto dell’Agenzia).
Così, la sentenza della Corte d’Appello di Palermo non solo ha confermato la statuizione di primo grado, ma ha pure condannato l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali in favore del dr. G.L.R.
Il quale non dovrà restituire alcunchè all’amministrazione presso la quale lavorava.