E’ davvero desolante scoprire che la nostra provincia ha più quiescenti che lavoratori.
Da uno studio CGIA, che ha elaborato dati statistici INPS e ISTAT, risulta infatti che nel territorio della provincia di Agrigento ci sono 146mila pensionati e 113mila occupati.
Un dato in linea con quello regionale che vede, in Sicilia, un numero di pensioni pari a un milione e 640mila, a fronte del numero degli occupati ammontante a un milione e 337mila; il saldo negativo è di 303mila unità.
Il dato nazionale è invece pari a 22milioni e 772mila quiescenti e a 23milioni e 99mila lavoratori, con un saldo positivo di 327mila unità.
Sono dati davvero preoccupanti. E’ già sconfortante che -a livello nazionale- il rapporto tra pensionati e occupati sia di uno a uno. Ma nel mezzogiorno d’Italia e in Sicilia, il sorpasso delle pensioni sulle occupazioni è addirittura drammatico.
E la provincia di Agrigento rispecchia questa situazione di drammaticità, in cui la popolazione invecchia sempre più, le nascite crollano costantemente e il lavoro irregolare aumenta regolarmente.
Quest’ultimo fattore, come gli altri due, caratterizza tutto il territorio nazionale, tanto che -secondo l’ISTAT– i lavoratori in nero sarebbero oltre 3 milioni, dislocati nelle fabbriche, nei campi, nel terziario d’ ogni area geografica della nostra penisola.
Ma anche la denatalità è fenomeno non indifferente, se durante gli Stati Generali della Natalità dello scorso maggio si è pure registrata la presenza, quali protagonisti, di papa Francesco e di Giorgia Meloni.
Eppure le misure incentivanti la natalità sono tuttora gravemente insufficienti: occorrono maggiori aiuti alle giovani mamme, ci vogliono bonus perduranti post-nascita e sino a una certa età per i minori, servono molti più asili-nido a tempo pieno, etc…
Ed è auspicabile che sia innalzato il livello di istruzione della forza lavoro (che in Italia è ancora tra i più bassi di tutta l’UE) e che sia incentivato ulteriormente l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro.
Ma torniamo alla provincia di Agrigento, dove il tasso di occupazione è pari ad appena il 31,9%, della popolazione residente, mentre quello femminile si abbassa addirittura al 21,2%.
Una situazione davvero scoraggiante, nonostante le prospettive di sviluppo nel settore turistico che allo stato attuale non hanno comunque dato i risultati in astratto consentiti dalle ottime potenzialità sussistenti.
C’è il rischio che, così continuando le cose, la situazione possa implodere a livello di sanità (i segnali nei nostri territori già ci sono tutti) e a livello di previdenza.
Si devono cercare e concretizzare soluzioni adeguate (oltre quelle evidenziate sopra) e, prima tra tutte, quella dell’effettiva emersione e regolarizzazione del lavoro in nero nei campi, nei cantieri, nei servizi, a domicilio…