Siamo in contrada Burraiti in territorio di Favara che con le altre vicine contrade rappresenta una delle parti più fertili, almeno, della provincia agrigentina e se non di tutta l’Isola. “E’ terra ca fici u Signuri”, così la definivano in passato gli agricoltori.
Eppure, fino agli inizi degli anni ’70 si coltivava grano e fave che garantivano ridotti, per non dire poveri, ritorni economici agli enormi sacrifici degli coltivatori. Poi, per fortuna arrivò negli anni ’80 l’acqua della diga San Giovanni di Naro e la rete di distribuzione idrica per l’irrigazione e tutto è cambiato in una grande e silenziosa rivoluzione nello sfruttamento del terreni agricoli: le fave e il grano cedettero lo spazio alla coltivazione di meloni Cantalupo fatti conoscere ai coltivatori locali da un bolognese con i primi tunnel a Licata. Arrivarono dopo altri tipi di melone a lunga conservazione persino un tipo denominato “Palumbo”.
L’acqua portò la ricchezza e sdoganò dalla povertà un territorio fertile e produttivo di ricchezza. La lungimiranza della politica del tempo, assolutamente diversa dalla cieca politica di oggi, mise gli agricoltori nelle condizioni di generare ricchezza laddove c’era assoluta povertà.
Giacomo Palumbo è uno degli agricoltori che ha saputo leggere il cambiamento pienamente. Ha visto fave e grano in contrada Burraiti, così come ha visto arrivare l’acqua per l’irrigazione ed ha tra i primi iniziato con la produzione di meloni “che lavoravamo nel 1986 – ci dice – su un tavolo di legno seppure con grandi numeri”.
Adesso il tavolo di legno ha ceduto il passo ai nastri di confezionamento comandati da un computer, ad un capannone dedicato alla lavorazione dei prodotti di 2mila metri quadrati e un piazzale di 6mila metri quadrati.
Giacomo Palumbo con i suoi figli, Mimmo e Luca, guida la lavorazione dei prodotti in 50mila mq di serre e 100mila mq di tunnel che danno lavoro a 65 dipendenti.
I prodotti a marchio “O.P. Palumbo” arrivano nei supermercati in tutta l’Italia e un pò della produzione anche in Francia ed hanno superato lo Stretto già negli anni ’80.
Un imprenditore di successo che non ha mai smesso di lavorare in tutti i settori della sua azienda.
Stamattina, a tal proposito, ho trovato Giacomo e i sui figli Mimmo e Luca confusi tra i loro dipendenti a fare, quasi, lo stesso lavoro, come a significare la loro grande passione in ciò che fanno.
Orgoglio favarese che spesso raccontiamo sulla pagina di SiciliaOnpress, perché rappresenta la voglia di riscatto dalla povertà di una collettività operosa che non aspetta i tardivi interventi di una politica, l’attuale, inadeguata, impreparata ed imparagonabile a quella del passato recente che portò l’acqua, negli anni ’80, per l’irrigazione nei terreni fertili delle diverse contrade a valle della diga San Giovanni e ne decretò la ricchezza.