La vicenda riguarda un cittadino della provincia di Agrigento, originario di Caltabellotta e attualmente residente a Santa Margherita Belice. Il quale -nel lontano 1996- si è visto revocare dalla Prefettura di Agrigento la patente di guida per asserita mancanza dei requisiti morali, rinvenuti nella sua sottoposizione alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.
Il ricorso giurisdizionale innanzi al TAR-Catania
L’interessato, dopo aver espiato la misura di prevenzione, domandava il rilascio della propria patente di guida, ma la Prefettura di Agrigento respingeva la richiesta. Egli pertanto, ritenendo illegittimo il provvedimento della Prefettura di Agrigento, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza, proponeva un ricorso giurisdizionale innanzi al TAR-Catania.
Il ricorso veniva accolto in fase cautelare e, conseguentemente, veniva rilasciato un titolo provvisorio di abilitazione alla guida.
Il giudizio di riassunzione avanti il giudice ordinario
A distanza di diversi anni dall’istaurazione di tale giudizio, il TAR- Catania declinava la propria giurisdizione in favore del Giudice Ordinario competente per territorio, sicché la causa veniva celermente riassunta avanti il Tribunale Civile di Palermo.
Nell’ambito del giudizio di riassunzione, gli avvocati Rubino e Piazza (confermati legali di fiducia nel nuovo processo) deducevano in giudizio l’illegittimità del provvedimento con cui la Prefettura di Agrigento aveva negato la restituzione della patente al proprio assistito, per violazione e falsa applicazione dell’articolo 120 del C.d.S., evidenziando che, nel caso di specie, non vi fossero più elementi ostativi, concreti ed attuali, volti a legittimare la revoca della patente.
Ebbene, con sentenza dello scorso 3.11.2023, il Tribunale Civile di Palermo, dopo ben 23 anni dall’inizio del contenzioso, in accoglimento delle tesi difensive sostenute dagli avvocati Rubino e Piazza, accertava la sussistenza del diritto del ricorrente alla restituzione della patente di guida, illegittimamente negatagli dalla Prefettura di Agrigento, che veniva anche condannata al pagamento delle spese di lite.
L’equo indennizzo per l’irragionevole durata del giudizio
A questo punto, l’interessato, con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino, Daniele Piazza e Gaia Fiorentino, proponeva innanzi alla Corte di Appello di Catania ricorreva contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze, al fine di ottenere l’equo indennizzo per l’irragionevole durata del giudizio durato complessivamente ben 23 anni.
Ebbene, con decreto dell’11.06.2024, la Corte di Appello di Catania, ritenendo sussistenti tutti i requisiti previsti per il riconoscimento dell’equo indennizzo, data l’irragionevole durata del processo, ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento della somma di 8 mila euro in favore del ricorrente, a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale sofferto.