Giovanni Panepinto
La situazione in Sicilia e in provincia di Agrigento è veramente grave, drammatica ed è al collasso. Non mi attarderò a parlare dei cambiamenti climatici oramai, purtroppo, consolidati. Non voglio manco polemizzare con chi avrebbe dovuto, già a novembre, interrogarsi su cosa fare per ridurre i danni per la mancanza di acqua per uso potabile e agricolo. Il lago castello oggi potrebbe disporre di tre milioni di metri cubi d’acqua in più se si fossero create le condizioni tecniche per il sollevamento dal fiume verdura. Nello scorso inverno ovviamente. I ritardi, le omissioni e le sciatterie sono tanti. Vengono da lontano, da quando in Sicilia non si è più programmato nulla. Dei trecento milioni di euro per efficientare le dighe siciliane con adduttori e rete di distribuzione, nella vecchia programmazione dei fondi comunitari 2014/2020 ( resi disponibili nel 2017) ne sono stati spesi solo venti.
La legge n.19 approvata nell’agosto del 2015, per tutelare e ri-pubblicizzare la gestione del servizio idrico integrato, che ha impegnato il parlamento siciliano per due anni, fu svuotata di significato dalla sentenza della Corte Costituzionale del maggio 2017. Il governo regionale del tempo non si costituì manco in giudizio davanti al giudice delle leggi.
Apprezzabile e necessario l’intervento autorevole del sig. Prefetto di Agrigento, che ha supplito anche ai ritardi di chi doveva prendere coscienza e consapevolezza della cronaca di un disastro annunciato.
Le istituzioni devono agire per fronteggiare l’emergenza ma il tamponare l’emergenza in quanto tale non risolverà le antiche e odierne cause della siccità.
Pensare a trivellare comunque e ovunque le falde dell’area interna agrigentina e palermitana produrrà più danni che soluzioni.
Verrà distrutto un ecosistema ambientale e naturale, che ha resistito, con mobilitazione popolare e democratica , anche a scelte scellerate degli anni settanta dell’ Ente Acquedotto Siciliano .
I governi degli enti locali devono concertarsi con il governo regionale e i suoi uffici di ogni tipo , che si occupano di emergenza idrica .
Ha ragione il sindaco di Santo Stefano Quisquina a dire no alla realizzazione di nuovi pozzi. È necessario che venga inoltre,rispettata ed applicata una legge dello Stato, la n.168 del 2017, ai molti sconosciuta . La legge dice che la Repubblica tutela i corpi idrici che hanno avuto una loro specifica destinazione e tutela soprattutto l’ambiente formatosi grazie proprio ai corpi idrici li presenti . La legge 168 dice anche che le generazioni future devono ereditare “intatto” il patrimonio ambientale, naturale e paesaggistico. Credo che prima che parta la campagna di trivellazione le popolazioni interessate hanno il diritto di conoscere il piano degli interventi e anche di rifiutarlo e lottare democraticamente per impedirlo.