L’imperativo è: riaprire i pozzi e trovarne nuovi per alimentare il sistema idrico nelle città della provincia maggiormente colpite dagli effetti della siccità.
I soldi sono già previsti dal Piano per l’emergenza idrica, finanziato con 20 milioni di euro dal governo nazionale a cui si stanno aggiungendo altri 38 milioni di risorse regionali.
Tre ore d’applausi rigorosamente in piedi ai nostri eroi, a qualsiasi livello, che nel mese di Agosto, ormai alla fine, trovano la soluzione, quando da mesi gli agrigentini patono la sete.
Ai pozzi si poteva già pensare in tempo per scongiurare sofferenze alla gente e all’economia del territorio, specie a quella legata ai settori turistico e agricolo.
Tra l’altro, molti ci sono da anni.
Hanno parlato di nave cisterna della Marina militare e persino di paradossali raddoppi di condotte idriche pur in assenza di acqua da immettervi. Insomma, di tutto e di più per approdare ai pozzi, molti dei quali, dicevo, già esistenti.
Perché non pensarci prima? È la spontanea domanda di chi vive da lungo tempo la mortificante situazione di non avere l’acqua.
Non hai l’acqua, c’è il pozzo, aprilo!
Aprilo, prima di subito, per scrivere la parola fine ad una distribuzione idrica di poche ore dopo, mediante, dieci giorni di attesa. Ci sono utenze, poche per fornura, che non ricevono il prezioso liquido dal mese di giugno scorso, approvvigionate dal servizio alternativo.
Aprilo per porre fine alla fornitura con l’utilizzo delle autobotti.
C’è il risvolto della medaglia in tutto e non fa eccezione la siccità che ha visto, in una rarissima occasione, gli agrigentini scendere a migliaia in piazza per protestare e dare così, mia opinione, una indubbia accelerazione alle soluzioni, speriamo davvero concretamente risolutive o, almeno, migliorative. E nel risvolto della medaglia c’è anche il costante lavoro del Cartello Sociale.
Adesso dovrebbe esserci chiaro che pure ad Agrigento nel gioco delle parti, il popolo, uso un termine ormai in disuso, deve svolgere il suo. Se tace acconsente…