La strana coincidenza
A volte le coincidenze sono davvero strane.
Il 29 ottobre, l’Assemblea Regionale Siciliana approva per legge l’ennesimo rinvio delle elezioni (e l’ulteriore proroga dei commissari straordinari) nelle ex Province. Il 31 ottobre, la Corte Costituzionale deposita la sentenza con cui dichiara incostituzionale una delle precedenti numerose analoghe leggi regionali di ennesimo rinvio delle elezioni “provinciali” e di ennesima proroga del commissariamento.
Che farà la Regione, dopo la decisione della Consulta? Orecchie da mercante, ancora?
Non è la prima volta che la Corte si pronunci sulla incostituzionalità siffatta.
L’aveva già fatto il 6 luglio 2023, dichiarando illegittima un’altra legge della Regione Sicilia (la legge regionale n.26 del 2022) con cui erano state rinviate le elezioni cosiddette “provinciali” ed era stato prorogato il termine delle gestioni commissariali nelle province al 31 agosto 2023.
Ma, all’indomani (cioè il 7 luglio 2023) della sentenza della Consulta del 6 luglio 2023 (cliccare qui per scaricarla e leggerlapdf), la Regione siciliana ha pubblicato egualmente nella Gazzetta Ufficiale la legge approvata una decina di giorni prima e promulgata il giorno antecedente il deposito della sentenza de qua.
Si trattava allora della legge regionale n.6 del 5 luglio 2023 che è proprio quella che viene adesso dichiarata incostituzionale con la recente sentenza di illegittimità costituzionale del 31 ottobre che si può scaricare e leggere,cliccando qui.
Prima della dichiarazione di incostituzionalità
Intanto, prima che uscisse la notizia della dichiarazione di incostituzionalità, l’assessore regionale alle Autonomie Locali, Andrea Barbaro Messina, aveva chiarito gli ulteriori passaggi dopo l’approvazione, da parte dell’Assemblea Regionale Siciliana, della norma che rinvia le elezioni di secondo livello dei presidenti e dei consigli dei Liberi consorzi comunali e delle assemblee delle Città metropolitane.
Le consultazioni, precedentemente fissate per il 15 dicembre, sono state spostate al prossimo anno, in una domenica compresa tra il 6 e il 27 aprile. Così, “si interrompe il procedimento elettorale”- aveva detto l’assessore Messina.
“Il differimento delle elezioni” – aveva aggiunto – “fa venir meno il decreto del Presidente della Regione con il quale erano state indette le elezioni per il prossimo mese di dicembre”.
“Non appena la norma verrà pubblicata sulla Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana ed entrerà in vigore” -aveva concluso- “il dipartimento delle Autonomie Locali provvederà al formale annullamento del procedimento elettorale in corso, ponendo in essere tutti gli atti consequenziali”.
Dopo la dichiarazione di incostituzionalità
Adesso, in presenza della sentenza della Consulta che censura i continui rinvii delle elezioni e il perdurare dei commissariamenti, si procederà egualmente nel modo annunciato dall’assessore regionale?
Oppure, si lascerà in vita il decreto che il Presidente della Regione aveva firmato il primo di ottobre, stabilendo che “per il giorno di domenica 15 dicembre 2024 sono indette le elezioni dei Presidenti e dei Consigli dei liberi Consorzi comunali di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani nonché dei Consigli Metropolitani di Palermo, Catania e Messina”? (il decreto presidenziale può essere scaricato e può essere letto cliccando qui)
Intanto, la norma regionale che rinvia queste elezioni ad una domenica compresa tra il 6 e il 27 aprile 2025 non è stata promulgata e quindi non ancora pubblicata. E’ una norma che è stata inserita (per la gioia delle tecniche legislative innovative) nell’articolato di una legge riguardante la materia urbanistica.
Dovrebbe accadere che, in presenza della sentenza di incostituzionalità della Consulta, la norma che sposta le elezioni cosiddette “provinciali” venga stralciata dalla legge urbanistica che verrebbe così pubblicata senza la norma di rinvio elettorale, in quanto sostanzialmente incostituzionale.
Ma potrebbe accadere che si vada avanti a faccia tosta: pubblicando la norma in gazzetta e facendola entrare in vigore, nonostante l’illegittimità costituzionale.
La norma di rinvio elezioni verrà pubblicata?
Se si va avanti indossando la faccia di bronzo, gli enti di vasta area (città metropolitane e liberi consorzi) continueranno ad essere commissariati. Un commissariamento che dura da 11 lunghi anni. I commissari sono, per definizione, straordinari, in quanto richiamano una situazione di mancata ordinarietà.
Ma cosa vogliamo abbiano di straordinario se perdurano da oltre 11 anni consecutivi (il primo commissario dell’ex provincia regionale è stato nominato il 18 giugno 2013 e da allora si è sempre proceduto a proroghe e/o nuove nomine senza mai tornare al voto).
La verità è che il rinvio da dicembre ad aprile delle elezioni di secondo livello era stato concepito con la volontà di varare una legge che faccia tornare l’elezione diretta, come avevamo anticipato in un precedente articolo di questo quotidiano online che, se si ha voglia, può essere letto cliccando qui.
Gli studi del Dipartimento AA.LL.
Il Dipartimento delle Autonomie Locali ha fatto uno studio in cui esprime forti perplessità sulla legittimità costituzionale dell’elezione diretta dei presidenti e dei consiglieri degli enti di vasta area.
Per l’occasione, si sono pure pronunciati costituzionalisti e docenti universitari, osservando che l’ordinaria legge regionale non può introdurre l’elezione diretta sino a quando c’è la legge Del Rio a vigere nello Stato italiano.
Non solo. Il Dipartimento delle Autonomie Locali ha fatto una stima di quanto costerebbero le elezioni provinciali svolte in modo diretto e a suffragio popolare: quindici milioni di euro.
Quindici milioni per fare cosa?
Ecco, cose tipo queste: installazione e pulizia dei seggi elettorali; stampa e trasporto schede elettorali e buste pertinenti ciascuno dei 9 enti di vasta area; stampa tabelle di scrutinio e verbali; manifesti dei candidati da affiggere nelle migliaia di seggi sparsi in tutti i Comuni siciliani; inchiostro, tamponi, timbri metallici, matite copiative; pagamento dei componenti dei seggi elettorali (presidenti, segretari e scrutatori), degli straordinari del personale comunale, provinciale e regionale addetto agli uffici elettorali, pagamento dei gettoni delle commissioni e delle sottocommissioni elettorali, etc…
Nelle spese, ovviamente, non sono compresi gli importi per le indennità di carica spettanti agli amministratori eletti e a quelli nominati, poiché essi sono a carico del bilancio di ciascuno degli enti di vasta area.
Non è bene intestardirsi
Così stando le cose, non si capisce perché ci si dovrebbe intestardire ed andare avanti a faccia tosta…
Che abbia ragione Antonello Cracolici?
Cracolici dice che “la maggioranza ha rinviato le elezioni di secondo livello nei liberi consorzi comunali e nelle città metropolitane perché si sente minacciata, non vuole competitori nei territori e non si è messa d’accordo su come spartirsi i presidenti degli enti”.
In altri termini: i sindaci che diventano presidenti degli enti di vasta area (specialmente se lo diventano al di là degli accordi con le deputazioni), acquisiscono maggiore potere e quindi maggiori consensi, probabilmente sino al punto di minacciare la ri-elezione di molti deputati regionali uscenti; di qui, la paura di far eleggere, in questi enti, i nuovi presidenti che, forti della carica rivestita, potrebbero candidarsi con successo alle prossime elezioni regionali.
Non crediamo, ma tutto è ormai divenuto probabile. Stavolta però sarò molto più difficile e complicato andare avanti a faccia tosta.
La scorsa volta, la legge regionale (dichiarata oggi incostituzionale) era stata promulgata il giorno prima del deposito della sentenza della Corte che dichiarava incostituzionale una precedente analoga legge. Adesso, l’ennesima analoga legge (approvata nei giorni scorsi) dovrebbe essere promulgata dopo l’avvenuto deposito della sentenza della Consulta. Si avrà sufficiente coraggio?