“Se si rinuncia a raccontare e svelare, allora si rinuncia al cambiamento”. Questa frase è stata scritta da Rita Borsellino nella prefazione al volume di cui si sta scrivendo e sintetizza splendidamente, ma drammaticamente, il pericolo che si potrebbe correre non facendo conoscere, tra le tante narrabili, l’esistenza quotidiana in uno dei quartieri più difficili e controversi di Palermo. “Brancaccio. Storie di mafia quotidiana” è il titolo del volume, realizzato dai giovani palermitani Giovanni Di Gregorio, sceneggiatore, e Claudio Stassi, disegnatore, per la casa editrice BeccoGiallo. Una graphic novel appunto, che ha la precisa finalità di “raccontare e svelare”, utilizzando la tecnica narrativa del fumetto, un frammento di vita quotidiana di uno dei quartieri simbolo del potere mafioso e della contemporanea e coraggiosa lotta allo stesso. La storia narrata si dipana in tre episodi, legati tra loro da una riuscita simultaneità degli eventi e anche da una crescente drammaticità degli stessi. I disegni di Stassi, attraverso un potente bianco e nero che richiama tratti d’ispirazione espressionista, accompagnano le parole in un crescendo visivo netto, quasi spigoloso, come a voler accompagnare il lettore negli oscuri meandri della realtà narrata.
Protagonista del primo episodio è il piccolo Nino, consapevole della realtà che lo circonda e di come ci si debba comportare per non avere problemi in ogni momento della giornata. E’ solare, pieno di vita e convinto che con la sola forza della sua volontà potrà riuscire dove gli altri non potranno a causa della loro passività. Ma Nino muore improvvisamente, investito da un pirata che non si ferma ad assisterlo, nello stesso giorno in cui scrive e spedisce una lettera indirizzata alla persona di cui più si fida: padre Pino Puglisi.
Il secondo episodio ha per protagonista Pietro, il padre di Nino. Venditore ambulante di “fritti alla siciliana”, brava persona che si comporta in modo tale da non infastidire nessuno, anche lui pienamente cosciente di come giorno per giorno debba guadagnarsi una relativa serenità per vivere e lavorare nel quartiere. Ma è anche un uomo dalla personalità, suo malgrado, pesantemente schiacciata e mortificata dalla soffocante realtà mafiosa in cui vive. Durante una consegna obbligata e fatta controvoglia per don Santo, il boss del quartiere, Pietro, distratto da pensieri di pentimento per ciò che aveva appena fatto, senza quasi accorgersene e sotto una pioggia battente investe un ragazzino in moto, che procede a fari spenti. Non si ferma a soccorrerlo e resosi conto della disgrazia, impietrito dalla paura, lo lascia vilmente a terra sotto l’acqua e in una pozza di sangue. Quel ragazzino era Nino, suo figlio.
Infine, il terzo episodio vede protagonista Angelina, madre di Nino e moglie di Pietro, la quale, in alcune sequenze dal “taglio” neorealista, assiste inerme all’assurda e non giustificabile morte del figlio.
Il libro termina con le toccanti e intense parole scritte da Nino nella lettera a padre Puglisi, già assassinato dalla mafia e unica “presenza” positiva partecipe del racconto grafico : “caro padre Pino… anche se non ci sei più..io solo di te mi fido, perché tu ci volevi bene, e volevi bene a tutto il quartiere…io voglio andare via, così imparo un mestiere…ma prima però devo avere la scuola media, così poi me ne posso partire…e a Brancaccio non ci torno più”. Parole che esprimono una genuina speranza nel futuro e una sincera esigenza di riscatto da quella “non vita”. Sentimenti di un ragazzo ancora puro, che osserva e sente il pesante peso che grava sulla sua esistenza e che al contempo auspica sì di trovare la sua libertà ma, consapevolmente, lontano da quel mondo, da quella mentalità e da quell’ambiente. Desideri e sogni infranti in un drammatico incidente sotto la pioggia, segno di un tragico intreccio di vite nella quotidianità e nelle difficoltà di ogni giorno.
Antonio Fragapane