Giuseppe Maurizio Piscopo
La storia di radio Faraci merita senz’altro un approfondimento particolare per l’importanza ed il ruolo che ha rivestito negli anni 70 come strumento di contro-informazione. Il fenomeno delle radio libere a Favara è stato così importante che il giornale L’Ora ha dedicato un paginone del suo inviato Umberto Rosso dal titolo: “Favara unita dalle radio”. Il periodo di radio Faraci corrisponde agli anni più violenti della storia d’Italia. Questa radio ha segnato una intera generazione di giovani che magari non divennero tutti militanti di qualche partito, ma di certo rimasero simpatizzanti ed elettori di sinistra.
A parlarci di radio Faraci è il professore Giuseppe Alonge storico personaggio favarese.
Giuseppe Alonge nasce a Favara nel 1946. Ha insegnato Italiano, Latino e Storia presso il liceo M. L. King; ha scritto la biblioteca comunale di Favara – Tesi di Laurea pubblicata dalla Biblioteca Nazionale di Storia Patria. Si è battuto per migliorare la realtà culturale stagnante, favarese e siciliana con impegno, militanza politica e culturale.
Quando nasce radio Faraci?
Radio Faraci nasce nel 1977 ed è l’espressione del movimento sessantottino, che va dal 1967 al 1977. A Favara arriva nel 1977 ma già altrove in Italia e in Sicilia erano entrate in tutte le frequenze le cosiddette Radio Libere. La prima radio libera in Sicilia nasce nel 1970 nel Belice in particolare a Partinico ad opera del sociologo Danilo Dolci che dal Trentino si era trasferito al Sud, in quell’area che era stata colpita dal terremoto la notte tra il 14 e il 15 Gennaio del 1968. Per sollecitare le istituzioni ad intervenire e denunciare lo stato di abbandono in cui versava l’area terremotata inventò una radio che restò accesa appena 27 ore e in quelle ore il cronista Danilo Dolci denunciò i delitti culturali, morali e politici che si stavano consumando in quei giorni in quel territorio. La sua radio fu così violenta nel linguaggio e spregiudicata nel fare i nomi, che dopo 27 ore di trasmissione i Carabinieri corsero e si affrettarono a sequestrarla. È l’inizio delle radio libere in Sicilia. Alcune sono semplicemente commerciali e i programmi sono solo musicali, espressione delle Hit Parade di quel periodo, programmi intervallati da pubblicità a pagamento che per alcune emittenti diventò un vero e proprio business.
A fronte delle radio commerciali, cominciano a nascere le radio di movimento che sono la voce delle lotte degli studenti e degli operai. Processano ininterrottamente la classe politica al governo responsabile della condizione economica e sociale del Paese dove ignoranza, sottosviluppo, sfruttamento ed emigrazione dal Sud la fanno da padroni.
Le radio di movimento non hanno alcun finanziamento e non sponsorizzano e pubblicizzano prodotti di nessun genere, perché queste sono le tessere del mosaico capitalista ritenuto, dal movimento, l’unico reo della sub condizione umana, costretta a vivere di stenti e disperazione. Le radio di movimento funzionano col contributo dei militanti per dare voce alla lotta di classe del movimento operaio, dei contadini, degli studenti e delle donne che già hanno dato vita al movimento femminista per rivendicare parità di diritti, di dignità e di eguaglianza con il suo simile: l’uomo.
Inizialmente un gruppo di giovani si riunisce nel cortile Copernico per ascoltare musica e per parlare di politica.
I giovani del futuro movimento scambiavano le proprie idee o passeggiando o stando seduti sui gradini delle costruzioni che sorgono lungo il corso principale, il sabato diventava più numeroso perché rientravano, alla fine della settimana, gli studenti universitari che frequentavano a Palermo o a Catania. Più passavano i giorni e più cresceva il numero, allora chiamato contestatori della società. E così, che si ritenne opportuno trovare un locale dove potersi incontrare, discutere, ciclostilare i volantini, progettare manifestazioni e organizzare il dissenso. Furono trovati due ampi vani a piano terra nel Cortile Copernico, traversa del corso principale del paese. Il proprietario era un vecchio compagno dissidente del PC, che fu felice di locarlo agli extraparlamentari, così si sentì anche lui dissidente ed extraparlamentare. Il collettivo proletario quindi aprì in Cortile Copernico nell’autunno del 1976. Io ero rientrato dalla Sardegna per trasferimento al Liceo Scientifico di Casteltermini. Quindi da Giugno del ’76 ad Ottobre passai il mio tempo a conoscere la situazione politica del mio paese e incrociavo i contestatori che facevano riferimento chi a Lotta Continua, chi a Il Manifesto, chi al PDUP. Decidemmo di affittare un locale per progettare un programma di lotta. È doveroso ricordare che il gruppo iniziale era costituito da: Pasquale Castellana diplomato, Saro Moscato universitario, Franco Moscato, fratello di Saro, studente del professionale, Franco Zarcone giovane disoccupato, i fratelli Lillo e Totò Liotta studenti universitari, Antonio Marotta universitario in Medicina, Lorenzo Di Caro giovane pensionato per un incidente sul lavoro all’età di 15 anni, Diego Matina studente, Cosimo Cassaro dipendente SIP, Carlo Marotta imprenditore, Angelo Castronovo studente, Enzo Di Caro studente, Antonio Di Stefano universitario, Lillo Infurna universitario, Antonio Pecoraro maestro. Come gruppo ci si incontrava il sabato, ma durante la settimana i meno impegnati si incontravano per discutere seduti o per ascoltare musica psichedelica e canzoni di lotta preferibilmente di Francesco Guccini, gli Inti-Illimani, Claudio Lolli, Francesco De Gregori, Antonello Venditti, Maria Carta che saranno poi gli autori delle nostre ore musicali nella futura Radio Faraci.
A chi venne l’idea di fare una radio?
Ad un certo punto ci si accorse che i volantini anche se venivano distribuiti per il corso principale o in Piazza Cavour avevano sempre gli stessi lettori. Studenti, pensionati e giovani nullafacenti che frequentavano questi luoghi che sono stati l’eterno spiazzo per le persone di tutti i tempi. Per potere parlare alle casalinghe, agli uomini e a tutti quelli che non gradiscono passeggiare o fermarsi in Piazza Cavour a discutere, sull’onda delle radio libere si pensò di fornirci di questo strumento per allargare il dissenso e coinvolgere più protagonisti. A Favara già esisteva una radio ben collaudata che era lo specchio della società borghese allora dominante e padrona. Radio Favara 101, così si chiama ancora adesso, prima trasmetteva dal centro del paese poi si trasferì nei locali del convento di San Francesco e da lì informava e sollazzava gli ascoltatori con musica leggera, con interviste ai notabili e alla classe dirigente del paese fatta di democristiani e socialisti.
La pubblicità era regolarmente a pagamento. Un’altra radio sorse sul corso principale ed era sul modello della 101 con pubblicità e musica a richiesta e Hit Parade del giorno: Radio Centrale. Quando si parlò al collettivo di radio, a nessuno venne in mente una radio diversa da quella dei movimenti di protesta, per cui già a priori sapevamo tutti che non sarebbe esistita la pubblicità a pagamento, che la musica sarebbe stata quella delle canzoni di lotta, della contestazione, della cultura alternativa, dell’emancipazione della donna, e pertanto il costo della gestione era a carico dei militanti. L’idea della radio non fu di un singolo compagno, ma pian piano era maturata l’idea di una radio tutta nostra, per fare controinformazione e denunciare la situazione economica prodotta e gestita dai partiti dominanti.
Chi scelse il nome di Radio Faraci?
Un nome venne proposto da tanti e da tutti. Alla fine fu accolta la proposta di Diego Matina con un nome che rispondeva alla collocazione geografica del paese di Favara: Radio Faraci per ricordare che ad Ovest del nostro paese c’è la collina di Caltafaraci che in stretto siciliano noi pronunciamo “cantafaraci”. Al collettivo mi sono permesso di illustrare perché quella collina si chiamasse Caltafaraci ed ancora oggi si trova nel territorio di Agrigento. Il nome cantafaraci ho informato l’assemblea, nella tradizione popolare, veniva detto quando dalla montagna Favara giungevano i lamenti dei torturati dal faraone di Agrigento, appunto Faraci. La tortura consisteva nell’introdurre nel ventre di un cavallo di rame il condannato a morte e ai piedi del cavallo veniva acceso un fuoco. Il condannato man mano si scaldava il rame, cominciava ad emettere prima grida e poi lamenti che uscendo dalla bocca del cavallo sembravano un canto. Nel borgo Favara, posto a valle, quel lamento veniva percepito dalla gente che ironicamente esclamava: Canta Faraci!
La denominazione della radio forse è inappropriata dissi a tutto il collettivo, ma il Faraci della radio non canta ma si ribella e denuncia le malefatte dei potenti del nostro tempo. In sintesi radio Faraci era ed è stata la voce degli esclusi, di chi non aveva avuto fino al quel momento la parola e la voce per ribellarsi.
So che il trasmettitore venne fornito da Radio Sud Palermo e il mixer di sei canali da un tecnico di Caltagirone
Con l’accordo di tutti i compagni iniziò la corse alla realizzazione di Radio Faraci. In poco tempo i fratelli Carlino Pippo e Carmelo, studenti universitari uno alla facoltà di Ingegneria e l’altro in Architettura trovarono il trasmettitore che venne fornito da un compagno di Radio Sud Palermo; il mixer di sei canali venne procurato da Cosimo Cassaro che con il suo lavoro alla SIP venne a contatto con un compagno di Caltagirone e Pasquale Castellana, uno dei pochi a disporre di una macchina lo andò a ritirare dopo che noi avevamo raccolto un pò di soldi per comperare l’usato.
La radio ebbe sede a Favara nel cortile Priolo la parte alta di via Zanella, centro storico della città. Che atmosfera si viveva nel 1977 all’interno della radio?
Radio Faraci viene montata in cortile Priolo, vicino la chiesa San Vito, in una casa di proprietà del Signor Giuseppe Fanara. Quando cominciò a trasmettere, nel Febbraio del ’77 gli ascoltatori si accorsero subito che questa era una radio diversa, aperta a tutti, purchè venissero rispettate le regole di una radio di movimento e di lotta. Vennero donne, anziani, vecchi compagni minatori, i quali invece di stare seduti in Piazza Cavour venivano ad ascoltare un po’ di musica che Lillo Bellomo e Calcedonio Zarcone offrivano facendo sentire canti di minatori e vecchie nenie delle nostre antenate. Ricordo che una sera si è esibito dal vivo il gruppo popolare favarese ed altri musicisti.
Gaetano Ricotta e Salvo Patti universitari a Bologna quando si trovavano in paese o a Bologna facevano sentire la loro voce intervenendo sui problemi del momento o mettendoci addirittura in collegamento con Radio Onda Rossa.
Atmosfera di novità e di festa si respirava dentro Radio Faraci. Era una conquista del movimento ed era la voce del movimento stesso. Il massimo del coinvolgimento della città e delle aree circostanti fu quando i compagni di Radio Popolare di Milano ci informarono che stava arrivando Roberto Mander per raggiungere il confino di Linosa, accusato per la strage di Piazza Fontana avvenuta nel 1969 assieme a Pietro Valpreda. Al seguito di Roberto Mander c’era tutta la stampa nazionale: da Paolo Liguori (oggi uomo di punta di Mediaset), allora con lo pseudonimo di straccio firmava gli articoli su lotta continua. Miriam Mafai moglie di Giancarlo Pajetta corrispondente dell’Unità, Stefano Chiodi che scriveva articoli per il periodico L’Europeo e L’espresso e decine di compagni milanesi e romani. Anch’io accompagnai Roberto assieme ad Enzo Di Caro e da lì scrissi degli articoli per il quotidiano dei lavoratori che era l’organo di avanguardia operaia e poi di democrazia proletaria. Per le forze dell’ordine Radio Faraci era complice e connivente con i terroristi nazionali. La situazione precipitò quando il 16 Marzo del ’78 a Roma in Via Fani si consumò la strage delle guardie del corpo e il sequestro di Aldo Moro.
Radio Faraci che faceva da ponte con Radio Popolare, Radio Onda Rossa di Bologna e le radio di movimento romane divenne il centro di informazione per aggiornare le condizioni di Mander. Fu un vero e proprio terremoto. Seguimmo con ansia ed attenzione sia i terribili fatti nazionali che quelli locali. Ci apostrofarono terroristi e di conseguenza il controllo era diventato più rigoroso. Furono due mesi di sgomento, apprensione e di naturale condanna del criminale gesto delle Brigate Rosse. La gente aveva difficoltà a distinguerci dalle BR perché noi eravamo extraparlamentari dell’ultrasinistra, per cui per l’opinione pubblica non c’era alcuna differenza. Il massimo della rabbia esplode il 9 Maggio quando viene trovato a Roma il cadavere di Moro e sulla linea ferroviaria Palermo-Trapani il cadavere di Peppino Impastato. Radio Faraci si mette subito in contatto con Radio Aut ma al telefono rispondono voci a noi sconosciute e subito abbiamo capito che erano dei poliziotti che presidiavano lo studio della radio. La sera i partiti dell’arco costituzionale hanno organizzato la manifestazione e noi ci siamo aggregati sia per protestare contro le BR sia contro la mafia sicuramente l’assassina di Impastato. 2/3 del corteo favarese si mise dietro lo striscione di Democrazia Proletaria, la lista in cui era candidato Peppino a Cinisi e io, Peppe Alonge, a Favara. L’onorevole La Russa, Filippo Lentini e il PC alla fine della sfilata per la città non ci hanno fatto salire sul balcone del comune assieme a loro per il comizio conclusivo e la condanna degli attentati mafioso-brigatista. Per loro noi di DP ed Impastato eravamo brigatisti e quindi terroristi per cui non avevamo diritto di parola. La rabbia è esplosa anche nei compagni più riflessivi e pacati. Impastato dicevano era un brigatista ed è morto mentre preparava un attentato sul binario da dove sarebbe passato il treno Palermo-Trapani. Da quel momento le radio di movimento approfondiscono le cause della morte di Peppino Impastato e per noi fu subito, senza ombra di dubbio, delitto di mafia, camuffato per atto terroristico. Il tempo è galantuomo e subito si seppe che Impastato prima fu ucciso in un casolare e poi fu fatto brillare sulla ferrovia: ucciso due volte. Peppino io l’avevo incontrato in una riunione di radio libere collegate alla FRED (Federazione Radio ed Emittenti Democratiche), prima a Bagheria e poi ad Enna dove mi avvicinò e volle sapere notizie sulla lista di DP e soprattutto della gestione del sequestro Moro.
Perché la radio chiuse nel 79?
Il periodo di vita di Radio Faraci corrisponde agli anni più violenti della storia d’Italia. Dal 9 Maggio in poi il nostro tragitto è stato Favara-Cinisi per partecipare al funerale e alle varie manifestazioni pertinenti la morte di Peppino.
Intanto il Signor Fanara ci invitò cortesemente a liberare l’immobile perché l’avrebbe dovuto restaurare per adibirlo a civile abitazione. La verità era tutt’altra. La gente gli rimproverava di avere affittato una casa a dei brigatisti e non degli amanti della musica di Claudio Villa e Luciano Tajoli.
Sloggiammo e trovammo una soluzione nel quartiere Palma Oliva notoriamente conosciuto come la piccola Mosca di Favara. È stata chiamata così perché il quartiere era abitato da minatori e alle elezioni le sezioni del quartiere erano un voto plebiscitario per il PCI. Quartiere rosso dunque.
L’estate del ’78 di Radio Faraci è segnata da questa pausa e per riprendere le trasmissioni a fine anno da un altro punto della città, molto più difficile, vista la posizione del quartiere per cui le onde sonore non possono coprire tutta la città. Intanto, in quel mese di Settembre mi sono dovuto allontanare perché mia madre era stata colpita da un tumore ai polmoni per cui dal Settembre del ’78 all’8 Marzo del ’79, giorno del suo decesso, sono stato travolto da una impensabile tragedia della quale fui io il massimo responsabile della gestione per tentare l’impossibile per un’eventuale guarigione. Intanto la morte di Moro, lo sbandamento del movimento a livello nazionale si è ripercosso anche sulle radio. Nelle grandi città le radio resistettero ancora per un po’, ma furono costrette ad abbassare i toni o addirittura vennero bloccate dalla magistratura. Radio Faraci rimase in vita un paio di anni, ma credo che abbia lasciato il segno in una intera generazione di giovani che magari non divennero tutti militanti di qualche partito ma di certo rimasero simpatizzanti ed elettori di sinistra.
Radio Faraci trasmetteva sugli 88,900 MHz. Furono trasmessi parecchi dibattiti sui grandi temi come l’aborto, il nucleare, il divorzio, i problemi della carenza idrica. Come reagiva la gente a questi dibattiti?
Radio di movimento vuol dire anche coinvolgimento degli ascoltatori alla realtà quotidiana dibattendo i problemi che allora erano i più scottanti: il divorzio, l’aborto, l’occupazione, il nucleare e qualche anno più tardi i missili di Comiso, il Sud e l’abbandono delle campagne, l’eterno problema dell’acqua. La gente telefonava, chiedeva spiegazioni e proponeva soluzioni.
Radio Faraci e radio Aut di Cinisi. Che rapporto c’è stato tra le due radio di contro-informazione?
Il rapporto tra Radio Faraci e Radio Aut s’intensificò nella primavera del 1978 quando DP riuscì a presentare la lista per il rinnovo dei consigli comunali a Cinisi e Favara. Fu una campagna rovente primo perché era in corso il sequestro di Aldo Moro e poi perché il 9 Maggio vennero uccisi sia Moro che Impastato. Il 25 Aprile del ’78 venne a sostenere le liste siciliane di DP, come detto a Cinisi e Favara, il professore Pino Ferraris, docente di storia contemporanea all’università di Torino e Camerino. La mattina aveva comiziato a Cinisi, la sera i compagni con una macchina lo accompagnarono a Favara dove alle 20 in Piazza Cavour parlammo ad una folla di migliaia di persone. Mi venne spontaneo chiedere a microfono aperto che impressione avesse avuto della realtà di Cinisi. Mi rispose con queste testuali parole:- “Se Impastato non lo fanno fuori prima sicuramente a Cinisi prenderemo il consigliere”. Impastato non venne mai a Favara e i nostri Rapporti furono di movimento e di lunghezze di onda. Dopo la morte ci fu tutt’altro rapporto con Cinisi, con la mamma di Peppino e con Giovanni.
Peppino Impastato e Danilo Dolci con la radio dei poveri Cristi avevano capito che la Sicilia stava per essere soffocata dalla mafia e da una certa classe politica. Entrambi sono stati massacrati dal potere. Ecco quello che i siciliani non hanno capito: chi sta veramente dalla loro parte…
Giuseppe Impastato e Aldo Moro muoiono lo stesso giorno 9 maggio 1978. Sulla stampa sono apparsi grandi articoli per la morte di Aldo Moro e un trafiletto su Peppino Impastato…
Peppino ebbe rapporti politico culturali con Danilo Dolci e prese spunto da Danilo l’idea della radio come strumento di comunicazione e di denuncia. I responsabili della miseria della Sicilia erano la DC e quelli come Gaetano Badalamenti. Nell’estate del ’78 come radio, come DP e come movimento venne un gruppo folk da Cinisi creato da Peppino. Ricordo, che la ballata che cantarono all’inizio e alla fine dello spettacolo si concludeva così: “Una data unni scurdamu, chiddra di lu 9 Maggio”. Ovviamente la coincidenza della morte di Peppino nello stesso giorno della morte di Moro fu fatta passare in silenzio, il suo valore e il suo messaggio. C’è voluta tutta la cultura e la forza dei democratici e della scienza del Dottor Professor Ideale del Carpio, medico legale del policlinico di Palermo per sbugiardare la versione ufficiale delle forze dell’ordine sulla morte di Peppino Impastato. Del Carpio accertò con la sua autopsia che già sulle rotaie della ferrovia Peppino era morto, ucciso con diversi colpi di arma da fuoco. Poi c’è voluta la determinazione di Umberto Santino, storico e militante palermitano per dimostrare che la versione dei servizi segreti, i quali dicevano che Impastato era un terrorista, era solo un’invenzione politica per allontanare i sospetti dai reali mandanti ed esecutori del delitto: La mafia su ordine di Badalamenti. Oggi dopo 50 anni in tutte le scuole il 9 Maggio viene ricordato Impastato come martire della mafia e da allora scuole, vie e quanto altro hanno preso la denominazione di Peppino Impastato vittima della mafia. Finita la DC nessuno si ricorda più di Moro, dovrà finire la mafia invece per dimenticare Impastato.
Guido Pollice, Roberto Chiodi e molti altri giornalisti sono passati dalla radio?
Paolo Liguori, Stefano Chiodi e Pino Ferraris vennero a Favara e dai microfoni di Radio Faraci hanno salutato i compagni e i lettori di Favara.
E’ vero che questa radio faceva paura ai politici ?
La prova che Radio Faraci fosse temuta dal potere l’abbiamo avuta la sera del 9 Maggio 1978 quando La Russa e i suoi compari ci hanno negato la parola in Piazza Cavour alla fine di una manifestazione di cui i 2/3 del popolo di Favara era dietro lo striscione di DP con la scritta: “Peppino Impastato sarai vendicato dalla giustizia del proletariato”.
Avete mai ricevuto minacce alla radio?
Le minacce furono un fatto quotidiano: telefonate anonime, macchine graffiate, ma la vera minaccia l’ho subita nell’Aprile del 1981 durante la campagna elettorale per il rinnovo dell’Assemblea Regionale, come sempre per noi infuocata e personale, quella volta era candidato Lorenzo Di Caro, per non candidare sempre Peppe Alonge, ma comunque io ero quello più in vista e la notte del 30 Aprile del 1981 ci hanno tagliato 800 ceppi di vigna piantata da due anni e che quell’anno avrebbe prodotto il primo raccolto. “Così impari mi dissero con una telefonata anonima”.
Cosa stai facendo di bello in questi anni?
Questa esperienza e questo messaggio è rimasto per molti anni vivo e scolpito nel cervello della gente e in alcuni come me nel cuore. Oggi mi illudo di fare il pensionato anche se ancora non mi sono fermato un giorno. Mi occupo come sempre dal ’94 del Centro Studi Monsignor Giudice e della campagna che in questo momento è l’unico luogo, col permesso del Coronavirus, dove mi posso muovere in libertà.