Giuseppe Maurizio Piscopo
Vincenzo Arnone è nato a Favara (AG) nel 1945, abita a Campi Bisenzio (FI), dove è parroco.
Laureato in lettere moderne presso L’università La Sapienza di Roma, rivolge le sue maggiori attenzioni verso tematiche letterarie e religiose, nella saggistica e nella narrativa. E’ stato docente incaricato del Corso di Bibbia e letteratura presso la Facoltà Teologica dell’Italia Centrale.
Collabora a riviste e giornali letterari (Avvenire, Vita pastorale, Il nostro tempo, Il governo delle cose, Toscana oggi). Nell’ambito del Sinodo diocesano di Firenze del 1989-92 ha curato il Gruppo sinodale degli scrittori fiorentini (Luzi, Pampaloni, Saviane, Doni).
Ha tenuto un Corso di Letteratura italiana del Novecento di ispirazione cristiana nelle Facoltà Teologiche di Firenze e di Palermo.
Come vivi a Firenze e cosa ti manca della Sicilia?
Quando uno vive, per molti anni, in una città che non è quella dove è nato o ha la volontà e la capacità di adattarsi oppure passa i suoi giorni nelle difficoltà. Io credo- almeno in buona parte-di essermi adattato alla vita di Firenze anche perché ho un riferimento preciso, un habitat specifico che è la parrocchia. Ho un ruolo religioso e pastorale che non contraddice di svolgere attività culturali.
La Sicilia manca a tutti i siciliani che vanno fuori. Però aiuta molto il fatto di voler mantenere costantemente i rapporti.
Chi è un prete nei tempi difficili che viviamo?
Il prete ha sempre vissuto in difficoltà nella società.Se si leggono pagine di scrittori o storici di cento-duecento anni fa o di 50 anni fa, ci si rende conto che anche allora la figura, il ruolo, la missione del prete era immersa nelle difficoltà. E sarà sempre così perché il messaggio che propone il prete non è suo, ma di Gesù Cristo e del Vangelo e ciò provoca tante divisioni nella società. È pur vero che ci sono a volte degli errori o scandali, ma il valore della Missione non diminuisce mai.
Hai scritto molti libri a quale ti senti più legato e perché?
I libri, uno dopo l’altro, sono i segnali della crescita di un uomo e di uno scrittore. Mi auguro che lo siano stati anche per me. Ho scritto 26 libri e ricordo in modo particolare il primo L’avanguardia perenne di Antonio Pizzuto non perchè abbia avuto una particolare importanza, ma solo perché è stato il primo. E poi ricorderei alcuni titoli degli ultimi libri come Bibbia e letteratura, Gerusalemme dove volano i poeti, La leggenda del raccontatore errante, Come Dio si muove sul palcoscenico…
Che cosa rappresenta Favara il paese del “Cammino della speranza” nel tuo percorso spirituale?
Nel 1986 scrissi il libro Favara, non a carattere prevalentemente storico, ma di costume, di vita, come una sorta di lunga interrogazione con il paese, e ciò mi ha portato a leggere i sentimenti, le passioni, i sogni, e anche le contraddizioni di un paese di cui tu fai parte, sei attore. Forse adesso, a distanza di tanti anni, prevarrebbe il senso della responsabilità, della luce, della resurrezione in un cammino della speranza che proprio per questo motivo deve avere un approdo, un porto sicuro, una motivazione profonda altrimenti rimane un… gioco.
Mi puoi aiutare a comprendere una frase del Vangelo: “Ama il tuo nemico”…
E’ una frase che si trova nel Vangelo di San Matteo al capitolo 5, nell’ambito di quel che viene chiamato il Discorso della montagna. Va tenuto in conto: Dio non è un Padre bonaccione che chiude un occhio…come dire: fate quello che volete fare. Ma Se Dio- come è vero- è la Perfezione, L’eterno, l’Immenso, è la Verità, propone a noi di tendere alla Perfezione, alla Verità anche in questo caso; il testo esatto dice: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.”
Perché per i bambini è più facile raggiungere il Regno dei Cieli?
La frase esatta di Gesù è nel vangelo di san Matteo al capitolo 19: “Lasciate che i bambini vengano a me perché di questi è il regno dei cieli“. Vorrebbe indicare la rettitudine e la semplicità che si trova nei bambini, due caratteristiche che aiutano a entrare nel regno dei cieli, cioè nella piena fede. Questa frase è stata ripresa in modo particolare da Santa Teresa di Gesù Bambino, da madre Teresa di Calcutta… cioè da santi che hanno fatto della semplicità per Dio lo scopo della loro vita.
Che cos’è il perdono nel mondo in cui viviamo?
Il perdono nel mondo in cui si vive, come qualsiasi altra cosa che appartiene alla sfera altamente spirituale e cristiana, è diremmo…fuori posto, è messo sempre alla prova. Ma proprio per questo fatto indica che ha un grande valore che supera i tempi e i continenti. Rientra nel comandamento nuovo: Amare Dio e il prossimo come se stessi.
Qual è il più forte insegnamento che ci ha lasciato San Francesco?
San Francesco NON HA LASCIATO un messaggio caramelloso e sdolcinato, ma forte, duro, austero, frutto di immensi sacrifici e di un eroico amore per Dio e il prossimo. Abbandoniamo l’immagine di San Francesco arrendevole e piegato solo ad accarezzare animali e fiori. Aveva invece una personalità grandiosa e forse per questo è causa di equivoci e di giudizi un po’…accomodanti. Se pensassimo veramente alla grandezza spirituale di San Francesco, ne avremmo un senso di …paura.
Qual è l’attualità di Don Lorenzo Milani prete di Barbiana?
E’ un tema vasto e vario, comunque don Milani ha lasciato, tra l’altro, un messaggio di grande integrità e rettitudine, di grande rigore morale; egli teneva in grande conto la cultura, la lettura, la trasmissione dei valori, l’ubbidienza alla sua missione anche in un piccolo borgo come Barbiana. L’avere fatto l’obiezione di coscienza alla vita militare- che a quei tempi era un reato- lo pone in un piano di profezia e di coraggio del tutto particolare. Se venisse oggi però…. forse verrebbe preso a pesci in faccia perché condannava la grande, troppa, eccessiva attenzione che si dava e si dà allo sport o a cose futili e meno alla vita rude del sacrificio.
Perché non bisogna avere paura della morte in questo mondo?
La cultura attuale vorrebbe rimuovere la realtà della morte e forse per questo se ne parla troppo, attraverso parole, immagini violente. Io direi che umanamente parlando della morte bisogna aver paura forse perché in questo modo si valorizza di più la vita; mentre invece il proporre continuamente scene violente ti fa capire istintivamente che la vita non ha valore…in rapporto a una rapina, a una vendetta… a uno sport estremo…
Qual è l’impegno di uno scrittore che conosce le sacre scritture e il significato vero della vita?
L’impegno è quello che ci viene appunto dalla Sacra Scrittura come parola di Dio e non dell’uomo. Una frase che ricorreva alcuni anni fa diceva: bisogna avere a destra il Vangelo e a sinistra il giornale; per indicare che il Vangelo ti porta sempre in alto e il giornale ti porta alla vita quotidiana nelle sue difficoltà, senza rinunciare al Vangelo. Ma oggi l’immagine dello scrittore è molto cambiata o va cambiando o va scivolando in un certo eclettismo giornalistico che mette insieme tutto. Gli anni Settanta-Ottanta con scrittori come Mario Pomilio, Leonardo Sciascia, Giovanni Testori, lo stesso Pasolini…sembrano tramontati.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
L’attività religiosa nella chiesa di San Giovanni Battista all’autostrada a Firenze Nord, che è un punto di incontro tra arte e fede e poi l’attività teatrale in modo particolare con testi su Leonardo da Vinci, Pirandello, Savonarola, Dialogo tra le Sante….