Coordinamento Titano
Spesso la realtà non è come vogliono farcela apparire, diceva un vecchio saggio. Siamo spinti ad alcune riflessioni sulle vicende che in questi giorni stanno portando alla transizione dalla vecchia gestione del Servizio Idrico Integrato alla nuova.
Tutti o quasi, abbiamo gioito per l’approvazione del Piano d’Ambito nell’Assemblea del 29 dicembre u.s. salvo apprendere che vi sono comuni (Agrigento) che preferirebbero una Spa al posto dell’Azienda Speciale Consortile votata all’unanimità (Agrigento compresa) oltre un anno fa. Altri, come Favara, accampano esiziali critiche prive di fondamento pur di non approvare lo statuto della Consortile. Ai consiglieri comunali favaresi nessuno ha spiegato che non spetta al Comune il compito di riscuotere le bollette idriche (oggi lo fa la gestione commissariale domani lo farà la Consortile) e a 8 mesi fuori tempo massimo lo statuto si può solo approvare o bocciare, non emendare. Resta il fatto che la Commissaria ad acta su questo non interviene ancora. Con una mossa a sorpresa scopriamo inoltre che, su iniziativa del Comune di Menfi insieme agli altri 7 Comuni che da sempre si battono per la gestione autonoma, viene affidata ad uno studio legale l’analisi per appurare se sia possibile resistere alla diffida emessa dalla Commissaria ad acta per la consegna di reti, condotte, strutture e quant’altro, così come prescrive il decreto di nomina regionale. Si direbbe una congiura bipartisan per ostacolare in tutti i modi la conversione in ente pubblico del gestore del Servizio Idrico, come chiedono da 13 anni i cittadini e le associazioni. Ma a far rispettare queste volontà e a difendere gli interessi comuni chi ci pensa?
Dal Piano d’Ambito apprendiamo che esso comprende tutti i 43 Comuni dell’Ambito, nessuno escluso e da ciò discendono tutte le evidenze sul Piano degli interventi, sul Piano economico-finanziario, sulle tariffe. Abbiamo già detto che non ci troviamo nulla di anomalo se qualcuno vuole tutelare i propri interessi, veri o presunti che siano. Ci sorgono però alcuni interrogativi che desideriamo condividere con tutti i cittadini degli 8 Comuni autonomisti (e di tutti gli altri) per capire insieme a cosa vanno incontro se non rinunziano al totem della gestione autonoma:
dal piano d’ambito apprendiamo che molti dei finanziamenti da realizzare sono a compartecipazione. Ciò significa che il finanziamento che si riceve deve essere integrato di quasi il 30% per avere il totale occorrente alla realizzazione dell’opera; quel 30% deve essere spalmato sulle bollette dei cittadini beneficiari (ossia solo dei Comuni autonomi interessati dall’opera finanziata). Se uno dei Comuni avesse assegnate risorse, per esempio, di 6 ml di euro, per avviare e portare a compimento l’opera quel Comune dovrà reperire, in prestito, altri 3 milioni che poi verranno spalmati sulle bollette dei propri cittadini. Entrando nel consorzio invece, si spalmerebbero sulla tariffa dell’intero ambito. Sono a conoscenza i cittadini che per avviare la richiesta di finanziamento i Comuni devono esibire all’Ati una delibera di Consiglio Comunale dove dichiarano che ad opera ultimata, (Depuratore, acquedotto, rete fognaria), la stessa sarà consegnata all’Ati per trasferirla al Gestore Unico? Se questo iter non si dovesse concretizzare l’Unione Europea potrebbe sospendere o peggio ancora ritirare il finanziamento e rivalersi, per le risorse utilizzate, sia sul diretto Comune interessato che sull’Ati, oltre che sulla Regione. Sanno i cittadini dei Comuni richiedenti l’autonomia gestionale che le loro tariffe da oggi in avanti dovranno contenere, come prescrive la normativa: “…il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata (la tariffa) tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell’ente di governo dell’ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga”. Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo.”
Detto ciò, dove sta la convenienza a gestire in autonomia il Servizio Idrico Integrato? Qual è e dove sta il vero interesse dei cittadini, considerando anche che il Gestore Unico adesso è totalmente Pubblico? E come mai dopo aver approvato un piano d’ambito viziato da irregolarità normative per accontentare gli 8 autonomisti, viste le gravi conseguenze che questo potrebbe comportare, gli altri 35 Comuni non dicono nulla, anzi alcuni lavorano di concerto per affossare sul nascere la gestione pubblica del servizio?