di Giuseppe Maurizio Piscopo
Madre anziana e figlia giovanissima che aveva fatto a fuitina cu a trusciteddra, arrivarono in piazza trafelati. Cercavano un dottore al circolo dei nobili perché la ragazza era incinta ed aveva le doglie e poteva partorire da un momento all’altro. Al circolo dei civili era facile incontrare qualche medico.
Qui le autorità trascorrevano una parte del loro tempo libero, ed anche qualche dottore vi si recava per giocare a carte. “E’ possibile disse il dottore che non c’è un posto in questo strano paese in cui si possa stare tranquilli? Stavo vincendo una partita a scopa con mio compare e sono costretto a interromperla, come se il circolo fosse un ospedale”!
Il dottore fece entrare la ragazza, invitò tutti ad uscire e la visitò nella stanza grande dei ricevimenti. Rivolgendosi a lei disse in maniera chiara che era rischioso uscire in quelle condizioni e doveva stare a letto a riposo, anzi doveva chiamare immediatamente la mammana perché l’ora del parto stava per arrivare.
In ogni comune operava una “mammana” che poteva vantarsi di aver aiutato a venire al mondo tutti i bambini e le bambine del luogo. Le mammane più antiche fondavano la loro preparazione sull’esperienza e sulla pratica tramandata da generazione in generazione.
La mammana non tardò ad arrivare, con il suo sorriso e la sua inconfondibile dolcezza. Per prima cosa cercò di calmare la ragazza. Quella donna la conoscevano e la rispettavano tutti in paese. Era sempre disponibile con qualsiasi tempo, con il sole o con la pioggia, la si vedeva arrivare con una borsetta e quel volto pieno di luce, quel con quel sorriso che portava una nuova vita.
Con tono calmo disse alla vicina, (la mamma per il dispiacere della fuitina della figlia si era trasferita dalla sorella a Canicatti) e ad una parente entrambi sposate che conoscevano il mondo, di preparare acqua bollente, panni, asciugamani e un tavolo per stendervi la ragazza e poi alcool e cotone per il taglio del cordone ombelicale.
Le nubili restavano lontane dalla camera da letto, in cucina a bollire pentoloni d’acqua e ad accudire i bambini della famiglia. Poi per rasserenare il clima e rivolgendosi alla ragazza con tono materno le disse: “Cosa ti piacerebbe avere un masculiddru o na fimmineddra, dicilu a mia comu si fussi to matri! Con le stelle e la luna che c’è stasera sarà sicuramente una bambina. Come la chiamerai? La ragazza rispose singhiozzando: “U nomu di me matri n’un ci lu mettu e mancu chiddru di me sogira ch’è tinta e chi m’ha fattu vidiri li surci virdi cu un figliu masculu chi avi, ca n’un lu voli dari a nuddru e si lu voli teniri pi simenza. Ni stu paisi s’ammiscanu tutti, chiddru unn’è bonu, l’antru unn’è bonu, pari ca si l’avissiru maritari iddri a Giuvanni. Iu a Giuvanni lu vogliu e nuddru mi l’avi a tuccari, semu picciotti e a vita è nostra” e voli diri ca ni maritamu e cinqu da matina comu si maritanu i fuiuti cu a chiesa o scuru. Già u parrinu è parlatu. E chissandru quantu nn’ha fattu storii pi ni maritari, mi dissi: prima faciti u piccatu e poi circati a mia! Doppu ca nasci a picciridra iamu n’chiesa e facemu a paci cu tutti e ni cunfissamu ni l’altaru maggiuri. Doppu setti iorna la vattiamu e agneddru e sucu e fini u vattiu! E poi munnu ha statu e munnu è, né iu a prima e mancu l’ultima”.
La mammana fece allontanare tutti. La vicina anziana preparò l’acqua calda e dopo poche ore tagliò il cordone ombelicale. Il Signore aveva esaudito le sue preghiere, la bambina era nata sana e pesava due chili e cento. Quella sera in cielo si era accesa un’altra stella. Era bella come un fiore per questo l’avevano chiamata Margherita. La mammana immedesimandosi nella situazione, per il suo disturbo non volle nulla e se ne andò contenta per avere fatto una buona azione in quella giornata. Dopo la nascita continuò a venire in quella casa per alcune mattine, mentre la ragazza stava a letto dispiaciuta di non poter mostrare il corredo di camice di notte e lenzuola ricamate come facevano altre ragazze più fortunate.
La mammana fece i primi bagnetti alla bambina, le medicò il cordone ombelicale e rifece la “nfasciatura”. Allora i bambini venivano fasciati con panni lunghi e fasce per farli crescere con la schiena e le gambe diritti. La mammana veniva accolta con dolci, caffè e altre leccornie fatte in casa.
Le mamme aggiungevano al corredo delle figlie grandi panni di lino e di cotone ed asciugamani candidi destinati proprio alle esigenze del parto casalingo. Il medico lo si chiamava solo in presenza di qualche problema ed in ospedale si andava solo in casi gravi.” Nella tasca la mammana teneva la pastigghia di sublimatu” che tirava fuori all’occorrenza per disinfettare l’acqua “di lu vacili” con cui avrebbe lavato madre e bambino. Le proprie mani e un paio di forbici, un po’ d’acqua e qualche panno caldo, gli unici attrezzi del mestiere e, nel caso, di qualche complicazione, si chiamava il medico. Il mestiere della mammana è stato da sempre un mestiere delicato e pieno di segreti, come quelli legati alle “nascite clandestine”.
Aveva le mani più leggere di quelle del dottore e la sua opera era molto richiesta e poi conosceva il rito del battesimo. In caso di rischio di morte, era lei stessa che battezzava il bambino versandogli sul capo un po’ d’acqua ripetendo: Iu ti vattiu a nomu di lu Patri, lu Figliu e lu Spiritu Santu. Quando la situazione era grave le donne si raccomandavano a San Francesco di Paola che avevano scelto come il loro protettore. Se il bambino sopravviveva, da quel momento la mammana diventava la cummari il neonato suo figlioccio. Lo studioso Giuseppe Pitrè ha scritto che a Siracusa sull’ombelico della bambina veniva messo un pizzico di sale e miele e zucchero nelle parti intime affinchè da grande fosse dolce con il marito, mentre al maschietto veniva messo un abbecedario sull’ombelico e durante il taglio delle unghia si metteva una monetina tra le mani con l’augurio che diventasse ricco e istruito. Il miele era il suo primo alimento per evitare che diventasse balbuziente.
Alle mammane si dava un compenso dalle 25 alle 50 lire accompagnato o sostituito da qualche regalo in natura: formaggio, vino, uova, galline.
Credenze
Se una donna incinta cammina veloce vuol dire che avrà un figlio maschio, se la camminata è lenta sarà una bambina. Se la pancia della donna incinta è rotonda ed alta nascerà una bambina. Se c’è la luna piena il tempo della nascita è vicino.
Proverbi e modi di dire
Figlia fimmina e nuttata persa.
A figlia fimmina è na cambiali ca s’avi a pagari.
Na doglia in più basta ch’è masculu.
Cu saluti e figliu masculu.
Tra medicu e mammana squaglia la criatura.
Aviri cchiù prescia di na mammana.
Di li figli: Unu è pocu, dui su iocu, quattru n’hannu locu.
Cu prima nasci prima pasci.
U primu figliu è baruni.
Si lu vidricu talia a iri a muntata è genti allegra e furtunata, si talia a iri a pinninu su sfortunati di primu matinu…
Foto di Totò Urso