Giovanna Iacono, unitamente a tante democratiche e tanti democratici della provincia di Agrigento
“Non è un cosa seria” direbbe il nostro conterraneo Luigi Pirandello, che saprebbe raccontare meglio di chiunque la farsa e il dramma che si cela dietro alla celebrazione dei congressi di circolo del PD Agrigentino. I numeri non mentono e dicono con chiarezza, senza bisogno di commissioni di garanzia o di organismi, che la partecipazione nei Comuni è stata scarsissima: poco più di 220 tesserati hanno preso parte ai congressi locali, a fronte dei 1725 complessivi.
Si pensi al caso di Agrigento città, in cui ha partecipato meno del 10% della platea degli iscritti. Congresso organizzato da un ex consigliere comunale ed ex assessore per cinque anni alle politiche sociali, bocciato dagli elettori alle ultime amministrative, e da lui gestito quasi come vicenda personale, al punto da pensare di poter dare in concessione a militanti e dirigenti posti in direttivo, e di inserire anche iscritti inconsapevoli e assenti al congresso.
Si pensi al fatto che i congressi, laddove svolti, lo sono stati con 3, 4, 5, 6 iscritti, come a Favara, Sambuca, Casteltermini e Ribera, con 14 iscritti in centri come Licata e Palma di Montechiaro, con punte massime di partecipazione di 20 iscritti in una città come Canicattì, o di 45, ospiti compresi, nella città di Sciacca. Si pensi al fatto che molti congressi, quelli dei circoli di Santa Elisabetta, Bivona, Campobello di Licata, Santo Stefano di Quisquina, Siculiana, Camastra, Calamonaci e Lampedusa e Linosa sono andati deserti.
Questo dato soltanto dovrebbe far riflettere, e indurre gli artefici di questo grave delitto di democrazia, a fermare un congresso segnato dalle scelte di un commissario il cui unico compito è stato quello di assicurare a tutti i costi i numeri, con regole ad uso e consumo di una parte che la spartizione a tavolino delle segreterie provinciali si consumasse anche nella nostra provincia.
Con una Commissione Provinciale per il Congresso, che ha indetto e programmato i congressi dei circoli, senza coinvolgere i segretari uscenti, che non hanno avuto nemmeno contezza dell’anagrafe degli iscritti, violando dozzinalmente le regole per lo svolgimento della vita democratica nel nostro partito, a dimostrazione che è in atto un tentativo di appropriarsi del simbolo PD nel disprezzo più assoluto della pluralità con metodi familistici.
In piena pandemia, con una anagrafe secretata, conosciuta soltanto a una parte e che nessuno ha verificato per conoscere se siano stati rispettati i principi stabiliti dal nostro codice etico, si porta a conclusione un congresso per consegnare, sull’altare degli equilibri siciliani, Agrigento alla componente rappresentata dal deputato nazionale Carmelo Miceli e dal deputato regionale Michele Catanzaro. Chi aveva il potere e il dovere di intervenire, il segretario regionale Anthony Barbagallo, si è girato dall’altra parte, diventando l’esecutore dell’operazione, forse perché anch’egli figlio dello stesso tavolo di spartizione.
Una beffa, soprattutto perché mira a rendere marginale quella componente, che con una percentuale superiore al 72% in provincia di Agrigento, ha sostenuto con convinzione Zingaretti nella sua corsa alla segreteria nazionale. Un sostegno convinto di militanti stanchi di anni di renzismo che avevano mortificato il ruolo dei circoli e del territorio. Un sostegno carico di entusiasmo, nella convinzione che finalmente questo nostro partito potesse tornare ad essere punto di riferimento di quei valori e contenuti in cui crediamo.
Purtroppo ci siamo svegliati in un partito la cui realtà è ben diversa! In cui le componenti, o correnti che dir si voglia, non rappresentano contributi e punti di vista diversi, ma quote di un “partito per azioni”. Dove la ricerca di equilibri è più importante delle idee e dei valori. Dinanzi alle tante nostre denunce, nessuno (commissario, segretario regionale, deputati ecc.) si è mai preoccupato di comprenderne le ragioni, limitandosi a proporre poltrone e spazi di compensazione. Proposte irricevibili, utili soltanto a far tacere e a legittimare il percorso di un congresso snaturato.
Ha ragione Zingaretti quando parla di stillicidio. Ad Agrigento un pezzo del partito già da un anno ha sperimentato quel sistema di occupazione, quel tentativo di scalare il partito, che il segretario nazionale ha in questi giorni denunciato. Il correntismo, utile solo a consolidare la rendita di posizione del deputato di turno e dei suoi sodali, è quanto di più lontano ci possa essere dalla cultura plurale su cui si è costituito il PD.
Dentro quel 72% (o forse più) ci sono dirigenti, sindaci, assessori, consiglieri comunali, componenti dell’assemblea nazionale e regionale e, soprattutto, uomini e donne che credono nel Partito Democratico e che in questi anni, in una provincia difficile, si sono preoccupati di mantenere i circoli aperti, luoghi di incontro e confronto, presidi importanti di partecipazione democratica.
Non abbiamo partecipato a questo congresso farsa e non parteciperemo alle riunioni degli organismi e alle iniziative del partito democratico. Ma non ci sospenderemo certo dalla politica! In attesa che si riapra un momento di confronto vero, dove i contenuti abbiano cittadinanza, non staremo né muti, né fermi. Il nostro impegno, per l’affermazione dei valori e delle idee in cui crediamo e che ci hanno convinti ad aderire al PD, continuerà con forza.
Non siamo disponibili a rinunciare alla politica, alla bellezza della partecipazione civile e sociale. Saremo osservatori attenti delle proposte politiche di questa parte minoritaria del PD e ci costituiremo in un grande coordinamento per partecipare ai prossimi appuntamenti elettorali, a livello locale e regionale, e per rappresentare le istanze dei territori, delle donne e degli uomini della nostra provincia, troppo spesso ai margini.