di Giuseppe Maurizio Piscopo
Verso la fine degli anni 60 a Lina venne in mente un’idea geniale, l’acquisto di una tv per vedere qualche sceneggiato, seguire le notizie e le canzoni del Festival di Sanremo.
La Batia è uno degli angoli più suggestivi di Favara. Da qui si può inquadrare tutto il paese. Se uno volge lo sguardo verso l’alto vede il Calvario e tutti i luoghi dove è stato girato Il film di Pietro Germi che ci ha fatto conoscere in tutto il mondo Il Cammino della speranza, se guarda di fronte scopre la via Umberto con le sue ferite.
Un colpo d’occhio e appare San Francesco con il Boccone del povero. Qui alla Batia c’era un forno che sfornava un pane speciale. Quell’odore lo ricordo ancora, rimaneva nell’aria per una giornata e mi metteva allegria e voglia di cantare. Com’era bello gustare quel pane caldo appena uscito dal forno con un po’ di olio e continuare a camminare per le stradine e i vicoli che portano in Piazza Cavour!
Allora cantavo e ringraziavo la vita per quello che mi stava regalando ogni momento. Un giorno mia zia mi mandò a ritirare un vecchio vestito dalle sarte di fronte al collegio di Maria. Fu così che conobbi le cinque sorelle tutte schette. Si chiamavano Pina, Tina, Lina , Gina e Caterina. Caterina si distingueva dalle altre sorelle perchè amava i dolci. Mi hanno raccontato che il giorno del suo compleanno aveva litigato con Gina che aveva comprato il vestito dello stesso colore e per farle un dispetto mangiò tutta la torta.
Le sorelle in genere andavano d’accordo e si davano da fare per sbarcare il lunario. Riparavano vestititi, cucivano, tagliavano, accorciavano, sarcivano stoffe, cambiavano cerniere, ricamavano vestitini e lenzuolini per i neonati. Caterina aiutava le suore del Collegio di Maria a preparare gli agnelli pasquali, ma quando le suore si distraevano assaggiava il pistacchio che le piaceva da impazzire. La giornata delle cinque sorelle era scandita dalle preghiere e dal Rosario al quale partecipavano anche le vicine.
Certe giornate di pioggia, quando uno non ha voglia di far niente e il tempo non passa mai, per trascorrere la giornata e rimanere di buonumore le cinque sorelle giocavano a carte e qualche volta deliziavano i vicini con le suonate di mandolino di Gina che era veramente brava ad eseguire mazurke e tarantelle.
Verso la fine degli anni 60 a Lina venne in mente un’idea geniale, l’acquisto di una tv per vedere qualche sceneggiato, seguire le notizie e le canzoni del Festival di Sanremo. In paese erano pochissimi ad avere un televisore. Prima dell’acquisto ci fu una riunione: dopo un’accesa discussione quattro sorelle furono d’accordo per l’acquisto, Caterina invece era perplessa, perché poi i vicini sapendo che loro avevano il cinema in casa avrebbero fatto la fila senza pagare il biglietto e a loro restava di pagare la bolletta della luce. La scelta cadde su un televisore Philco 21 pollici costo un milione e duecentomila lire, da pagare in un anno, in dodici rate da centomila ciascuna. La prima cosa che pensò Lina, fu quella di prendere le misure del televisore per preparare una stoffa colorata per coprire l’elettrodomestico quando era spento, così da far figura con gli estranei. Il venditore, il signor Chiapparo fu molto gentile con le sorelle e regalò il mobiletto per poggiare il televisore, invitò il suo tecnico di fiducia a montare l’antenna sul tetto e fece in modo di farglielo arrivare in serata in maniera tale che potessero seguire la prima puntata della freccia nera. Era il 22 dicembre 1968 e la Rai stava trasmettendo la prima puntata dello sceneggiato per la regia di Anton Giulio Majano. Grande emozione quando quella sera tolta la stoffa che copriva il televisore, si accese una lucina rossa quella dello stabilizzatore. Le sorelle si erano fatte bellissime, profumate e incipriate, capelli fatti, coperte dalla testa ai piedi, eleganti come ad una prima teatrale. Non appena spuntò l’annunciatrice che disse buonasera, le signorine risposero in coro e con educazione buona sera e si coprirono di più. Non so cosa passasse nella loro testa, forse per un momento avranno pensato che qualcuno dall’altra parte li potesse vedere! Mi raccomando, tutti zitti- disse Caterina- adesso vediamo lo sceneggiato. Quella sera furono invitate anche le vicine che avrebbero voluto avere anche loro il cinema in casa e provavano una grandissima invidia che celavano con sorrisi e complimenti di circostanza. “Come si vede bene, parinu in carne ed ossa e che beddra st’attrice, bona fussi pi me figliu”, questi furono alcuni commenti i commenti delle vicine, che non si presentarono a mani vuote, portarono rosolio e taralli. Nella scena d’amore mentre i due protagonisti si baciavano teneramente, le signorine chiudevano gli occhi e si facevano il segno della croce. Ormai si era sparsa la voce che avevano in casa il televisore.
In pochi giorni la clientela aumentò . In paese molti si indebitarono per avere anche loro il cinema in casa. In quegli anni a Favara stava arrivando la modernità…