di Giuseppe Maurizio Piscopo
A Favara non tutti possedevano la radio bar. Molti avevano una radio normale per ascoltare il Gazzettino di Sicilia, le canzoni e la musica. Al favarese piace essere informato e aggiornato. Vuole conoscere i fatti che succedono in Sicilia e nel resto del mondo.
U zi Caliddru diceva sempre:-“In questo mondo o le cose o si fanno bene o è meglio non farle!” Così un giorno per il compleanno della zia Pippina che amava la musica e il ballo, fece una follia e come regalò le comprò una radio a valvole per il costo di 250.000 lire, che andò a ritirare con il suo carretto legando la radio con due corde belle spesse.
Il carretto si fermò sotto casa nel quartiere Oliva e lì fu scesa la radio. I bambini erano incuriositi nel vedere quell’oggetto insolito. Ci vollero tre persone forzute per salire la radio al primo piano. Era bellissima, tutta nuova celofanata, fresca di fabbrica, sembrava un monumento nazionale. Era una vera sciccheria, un sogno. Una radio ad onde corte e medie, che dopo la mezzanotte captava il segnale dell’Africa, di Londra, di Parigi e Montecarlo, con il giradischi nella parte superiore per ascoltare i 78 giri e in basso due sportelli nei quali si potevano poggiare le bottiglie di liquore: vermut, marsala e rosolio fatto in casa.
U zi Caliddru con i suoi occhi vedeva lontano: vedeva il progresso che stava arrivando. Aveva una sola figlia Maria fidanzata con Francesco e per il matrimonio aveva già pensato di utilizzare quella radio orchestra e invitare i parenti e gli amici più stretti a casa.
Quando la radio emise il primo suono, fu come sentire il primo vagito di un neonato, con i suoi effetti speciali, con la lucina blu che si accendeva e aiutava a rilassarsi. Come per magia, l’umore della casa e del quartiere cambiarono. I vicini erano rimasti incantati da quelle voci angeliche, chiare e da fuori ascoltavano i suoni del mondo.
La radio era sempre accesa e lo zio Caliddru in religioso silenzio, prima di andare in campagna con il carretto, ascoltava le ultime notizie e si sentiva importante. Le persone dopo avere lavorato in campagna e nelle zolfatare, amavano ballare e divertirsi in casa. Vennero i giorni vicini al matrimonio di Maria. Indimenticabile l’esposizione dei regali per la sposa: piatti, bicchieri, il corredo con lenzuoli ricamati a Santa Caterina di Villarmosa, camicie da notte di raso, di seta e di pizzo, asciugami, vestaglie, coperte, piumoni, i vestiti dei tre giorni e poi buste con i soldi sotto i cuscini, pentole, padelle, tegami e lumi.
Spiccavano in bella mostra i regali di Francesco il fidanzato, erano il pezzo forte della cavalleria. Il giovane aveva voluto sbalordire tutti con la parure comprata a violino: anello, bracciale, collana, orecchini, tutti disegnati da mani esperte nelle oreficerie di Arezzo in Toscana. Quei gioielli sembravano scelti per far bella una regina.
Le ragazze da marito non solo guardavano quei gioielli come la vista dei loro occhi, ma quando c’erano pochissime persone chiedevano alla zita all’orecchio, se potevano provare l’anello e la collana un solo istante e guardarsi allo specchio della borsetta. Lei acconsentiva di mala voglia e si scherniva per gli sguardi che avevano le fanciulle, e scrutandole con un sorriso era come se dicesse: un giorno toccherà anche a voi ricevere i regali e vivere questi momenti indimenticabili di felicità- quando vi fidanzerete.
Il giorno del matrimonio in quella casa ci fu un via vai di persone: parenti, fiorai, parrucchieri, fotografi, il prete che prima del matrimonio volle benedire la casa e la nuova famiglia. La chiesa di San Giuseppe tutta colma di fiori sembrava il giardino d’inverno. A mezzogiorno in punto venne celebrato il matrimonio, una messa cantata, una bella predica, una tirata di confetti e di monete per la felicità dei bambini che correvano a raccoglierli per terra.
Poi i parenti belli bardati tutti a casa dallo zio Caliddru e dalla zia Pippina vestiti a festa, elegantissimi in cappello, come due nobili di alto rango. Gli sposi erano felici perché c’erano le famiglie, i parenti, gli amici intimi, molti di più di quelli che poteva contenere quella casa e poi la radio che creava un clima di spensieratezza. Lo zio Caliddru non aveva calcolato che la sua casa non poteva contenere tutte quelle persone al primo piano. Al pianterreno durante il pranzo andò tutto liscio. Il pranzo era iniziato con favi e ciciri calliati, poi un primo di tagliatelle fresche fatte in casa con la salsa e basilico e poi tanta salsiccia arrostita nel forno, innaffiata con vino rosso spillato da una botte che era sistemata tra due legni in un angolo della casa. Un bicchiere tira l’altro e venne il momento del ballo. Quattro coppie si trasferirono al primo piano.
Lo zio Caliddru in persona accese la radio. Prima si ascoltarono le notizie e poi partì la musica: una quadriglia comandata. Tutto ebbe inizio da una rima dello zio Caliddru: “E mentri lu sceccu la paglia rusica maestru musica”! I ballerini si scatenarono. Al piano di sopra oltre alle coppie salirono molti curiosi. All’improvviso il solaio cedette. I due ballerini fecero appena in tempo ad allontanare le loro dame, così solo loro finirono al pianterreno e caddero sopra gli altri parenti. Per un attimo ci fu un parapiglia e molti finirono per terra. La cosa strana fu che invece di gridare i parenti si abbracciarono l’uno con l’altro. “L’importanti ca su cosi chi si cuntanu, dissero i più anziani sorridendo!” Ci fu solo un momento di confusione e qualche graffio per i due ballerini che non sentirono nulla perché il vino aveva funzionato bene, facendo da anestetico. Lo zio Caliddru non si perse d’animo e disse con voce ferma: “Ora si balla solo al pianterreno, per la radio ci pensò io, che conosco i punti forti della casa, per me non c’è pericolo e la festa continua”! Che volete- continuò rivolgendosi agli invitati- sono case antiche di gesso, prima o poi succedono queste cose, ne approfittiamo per dare lavoro a mastro Nicolò che è qui presente. Ci penserà lui a sistemare tutto meglio di prima, oggi è festa divertiamoci! E come disse Rossella O’Hara nel film Via col vento, domani è un altro giorno!
Prima le feste di matrimonio a Favara duravano 15 giorni, poi 8 , poi tre giorni, fino ad arrivare al matinèe e infine alla soirèe.