Coordinamento Titano
Da sempre, siamo stati abituati dai “padroni della narrazione”, a guardare il dito piuttosto che la luna. Da qualche giorno sta divampando presso il nostro Ambito, una “ guerra tra bande” contrapposte, ci sia consentito il termine. In un lato del campo di battaglia l’Ati, nelle persone dei componenti del direttivo, nell’altro lato, gli oppositori politici al gestore pubblico. Il direttivo minaccia dimissioni dopo che il Consiglio Comunale di Agrigento vota una proposta di modifica allo statuto dell’azienda Consortile. Tale proposta è irricevibile perché fuori tempo massimo (nove mesi dopo il termine ultimo) e perché inconciliabile con lo statuto di un ente di diritto pubblico quale il consorzio vuol essere. Inoltre tale proposta è basata sull’idea fuorviante che ci saranno delle perdite e che tali costi graverebbero sulle casse Comunali dei soci. Si omette di precisare, però, che il Consiglio di Amministrazione viene deciso dai Sindaci dell’Ati, che l’Assemblea dell’Azienda è formata dai Sindaci dell’Ambito, che le tariffe le decide l’Assemblea dell’Ati di concerto con ARERA e che comunque si è in un regime di “full cost recovery”, ovvero che tutto quello che l’azienda spende per garantire il servizio deve essere previsto ed assicurato dalle bollette che arriveranno ai cittadini e non dalle casse comunali. E’ grave che questa classe dirigente non lo sappia ed è ancor più grave se invece queste cose le conosce ma le manipola in tal modo.
Inoltre la Commissaria ad acta, nominata dal Presidente della Regione il 9 settembre del 2020 anche per approvare d’imperio lo statuto in quei Comuni che non volessero farlo, dopo oltre cinque mesi non ha ancora provveduto. Solo ora, ovviamente, il gruppo dirigente dell’ATI trova qualcosa da ridire sul (non) operato della Commissaria? Il direttivo, giusto negli ultimi mesi, non ha battuto ciglio allorché la stessa Commissaria ha consentito che il Piano d’Ambito arrivasse viziato da gravi irregolarità all’attenzione dell’Assemblea l’ultimo giorno utile, il 29 di dicembre, sicché è stato impossibile emendarlo per non rischiare di arrivare fuori tempo massimo e perdere i finanziamenti. Il direttivo non ha avuto nulla da ridire nei confronti della Commissaria dal momento che Ella sta consentendo a otto Comuni di avvalersi della gestione autonoma in maniera “coatta” senza atti ufficiali, salvo poi, in concreto, avallare o predisporre documenti (come il Piano d’Ambito e le bozze di delibera per i Consigli Comunali) influenzati da decisioni che l’assemblea o la Commissaria non ha discusso ne votato, dunque illegittime.
Ma noi cittadini veniamo chiamati a guardare il dito piuttosto che la luna. Se è vero che in questo frangente le posizioni del direttivo sono condivisibili, non si può trascurare il suo percorso, sempre più proteso a garantire e proteggere gli interessi di otto comuni (quasi il 10% della popolazione dell’Ambito) in assenza di requisiti, piuttosto che i legittimi interessi dell’intera popolazione. Ne si può consentire a qualsiasi Comune di arrivare ad emendare un documento dopo nove mesi dalla sua scadenza temporale ed in presenza di un Commissario che è stato nominato apposta per farlo.
E’ storia, ad Agrigento, che le sofferenze, i disagi, i patimenti, in tema di Servizio Idrico Integrato hanno trovato nel vecchio Gestore un colpevole da sbattere sulle prime pagine dei giornali, ma per quanto ci riguarda l’Ato ieri, i Commissari Regionali che si sono succeduti nel tempo e l’Ati, dal 2016 ad oggi, hanno gravissime responsabilità nell’aver reso il servizio quello che è oggi. Da sempre lamentiamo un piano tariffario tra i più esosi d’Italia, ma a meno di piccoli e non risolutivi interventi di sostituzione condotte (Ribera, Castrofilippo e Licata), nient’altro si è fatto per abbassare lo scandaloso volume di perdite che registriamo nel nostro Ambito, con punte che superano abbondantemente il 60 %. Si sarebbero dovute reperire nuove risorse idriche, per abbassare gli acquisti di acqua da Siciliacque, ma ci si è guardati bene dall’andare a prenderla dove certamente c’è, ovvero da quei comuni che tuttora gestiscono in autonomia senza misurare l’acqua in uscita dalle fonti e senza misurarla nelle utenze, questo testimonia il Piano d’Ambito. Si è arrivati ad avere in totale 14 depuratori sequestrati dalla Magistratura (ma chi doveva controllare, malgrado ripetute denunce dov’era?) per alto tasso d’inquinamento e per pregiudizio alla salute pubblica, ma quando l’Ati si è mossa, con estremo ritardo, la frittata era fatta e per molti comuni la frittata è ancora fumante sul tavolo.
L’Ati ha spedito la lettera di risoluzione contrattuale al vecchio Gestore il 6 dicembre 2018 e per delle operazioni che avrebbero dovuto impiegare al massimo sei mesi di tempo, dopo quasi due anni e quattro mesi ci trasciniamo dietro l’approvazione dello Statuto di un’Azienda Speciale Consortile, in un primo momento fortemente osteggiata dagli stessi componenti dell’Assemblea. Dopotutto a qualcuno la voglia di una “bella “ Spa, con la presenza ovviamente di privati dentro, non è ancora passata.
Lontani da ogni ipocrisia diciamo che non andava bene l’operato di Ati prima e ancor meno va bene adesso che arrivano le spallate per far saltare il banco. Dobbiamo aggiungere che ogni qual volta il Direttivo minacci dimissioni o si trovi in difficoltà, scendono in campo le truppe del Forum a dar manforte, purtroppo silenti nei confronti delle numerose illegittimità deliberate dall’Ati o dell’immobilismo della Commissaria, quando esse vanno in direzioni “gradite” anche se a danno degli interessi dell’intera collettività. Il quadro a ben vedere diventa ogni giorno più preoccupante, specie da quando ci sono in ballo gli annunciati 500 milioni di investimenti da spendere. Chi dovrà gestirli? Che strano e problematico posto è il nostro!