Giuseppe Maurizio Piscopo
“A to patri di nicu sali n’un ci nni misiru nenti, a tia ti nni mettu na sarma”
Patri Ninu la Domenica con la chiesa piena predicava il santo Vangelo e criticava le ingiustizie del mondo. Lo faceva con il sorriso sulle labbra. Le prediche domenicali appassionavano i fedeli perché oltre al latino, al commento dei fatti del giorno, oltre all’ ironia, ci metteva il proverbio siciliano. “Ogni vota ca uno ridi, leva un chiovu a lu tabutu”… Era un piacere ascoltarlo soprattutto quando mischiava il sacro con il dialetto:-“ A li cosi cuntati criditici a mitati, quannu u diavulu s’ammisca mezzu a li cipuddri fa dannu e n’un ci la po’ nuddru e quannu Diu n’un voli puru li Santi fannu li surdi”.
Padre Nino amava la puntualità, il vestiario rispettoso delle donne che entravano in chiesa e più di una volta qualcuna l’aveva fatta uscire perché gli abiti erano scollati.
La chiesa per Padre Nino non è un teatro e non c’è nulla da mostrare. E’ un luogo di preghiera e di raccoglimento. Il prete teneva la barba lunga, per una promessa solenne che aveva fatto: l’avrebbe tagliata solo quando a Favara ci sarebbe stata più educazione, più puntualità e più rispetto per il prossimo.
Nei tempi passati per diverse ragioni, quando nasceva un bambino veniva dichiarato in ritardo, in ritardo veniva pure battezzato e non dopo i sette giorni canonici. Il battesimo è uno dei sette sacramenti più importanti per i cristiani il primo patto con la chiesa, la cancellazione del peccato originale sosteneva il prete. Quella Domenica pomeriggio al fonte battesimale era previsto il battesimo del bambino che l’avrebbero chiamato Calogero come il Santo patrono di moltissimi paesi della Sicilia . Don Saru con la moglie Tana e tutto l’esercito di parenti tutti bardati come muli per la Festa di San Giuseppe, arrivarono alla Madrice con mezz’ora di ritardo. U parrinu aveva fissato il battesimo per le 17,00 in punto ma la famiglia si presentò alle 17,30. Ammatula il sacrestano suonò le campane “nervose” per richiamare l’attenzione dei paesani. Quando Don Ninu che era già arrabbiato incrociò lo sguardo curioso del bambino, che sembrava volerlo prendere in giro, non potè trattenersi e gli disse dal fondo del cuore:- ” Di beddru si beddru, cu l’occhi mariuoli, si tuttu scurciatu a to patri ca di nicu sali n’un ci nni misiru nenti, a tia ti nni mettu na sarma, accussi arragiuni giustu!”
Nel sentire quelle parole i parenti risero a crepapelle e il sorriso prese tutti i lati della chiesa. Don Saro invece non se l’aspettava e non riuscì a inghiottire il rospo e guardano il parrino diritto negli occhi con un tono di sfida gli rispose:- “ “N’tempu di disgrazi li parrini sunnu sazi”! Donna Tana si intromise per metterci una pezza e invitò Padre Nino alla festa del battesimo in campagna O Deli. Il prete per tutta risposta disse che doveva incontrare il vescovo di Agrigento per coordinare le cresime. Era una bugia per togliersi dall’imbarazzo. All’uscita Don Saro se ne andò angustiato, aveva il fuoco negli occhi, quella giornata era andata sottosopra e rivolgendosi a sua moglie gridò in maniera feroce:- “U parrinu si la putia sparagnari sta storia du sali! Hannu ragiuni l’antichi:- “Cavaleri parrini e malu passu, dinni beni e stanni arrassu”! Per tutta la settimana in paese non si parlò d’altro e qualcuno anche a tavola diceva con tono sornione:- “ Forsi a Don Saru quannu lu vattiaru sparagnaru u sali, pirchissu è tirchiu e sparagna comu si tutta la roba si l’avvissi a purtari appressu quannu mori!