di Giuseppe Maurizio Piscopo
Uno che ai ladri della politica, gridava attraverso la sua emittente locale, nei comizi e in consiglio comunale: “Ladro”
M’pari Ntò non perdeva mai il sorriso e le battute. Si rivolgeva agli anziani, a quelli che lavoravano la terra, agli zolfatari, ai fabbri e agli artigiani, agli emigranti. Anche lui da giovane aveva lavorato in Germania. Il suo era un linguaggio ricco di metafore e di espressioni dialettali colorite. Le sue battute colpivano l’opinione pubblica che lo seguiva con attenzione ed affetto.
Restano famose:- “Ho sbattuto la testa nella fontana, ma dov’è la fontana”? Era sempre presente a tante manifestazioni di protesta e si batteva per una Favara migliore e dalla parte dei poveri.
M’pari Ntò con un grande gesto di generosità approntò tutte le spese del funerale di Stefaninu Cuppularu. Con quel gesto ha mostrato il senso profondo del Vangelo, lui ateo, e della giustizia predicata da Carlo Max che lui qualche volta citava ”Lavoratori di tutto il mondo unitevi e aiutatevi”. E Mpari Ntò ha applicato alla lettera questo senso di fratellanza e di rispetto per Stefaninu Cuppularu.
Molte sono le storie che si raccontano su Mpari Ntò un grande personaggio favarese che meriterebbe l’intitolazione di una strada. Un giorno si trovò ad una riunione ufficiale nella città di Agrigento, con molte autorità, per ristabilire finalmente questa storia biblica dei confini. In alcuni quartieri di fatto sei a Favara ma in realtà appartieni alla mappa di Agrigento, come il Cannatello che è il mare dei Favaresi ma è provincia di Agrigento. In quella riunione vista la presenza di M’pari Ntò si era creato un clima molto allegro. Un funzionario molto esperto di catasto chiese a voce alta di poter avere tutta la zona industriale favarese per farla ricadere nella mappa catastale di Agrigento. M’pari Ntò che aveva sempre la risposta pronta, rispose prima con un sorriso, poi si avvicinò al microfono e alzando il tono della voce disse:-“ Noi vi diamo la zona industriale e voi ci date la Valle dei Templi”. Nella sala calò un silenzio assordante, come quando arriva all’improvviso la notte! Famosa la frase sul semaforo o Consu, che era diventato il mantra nelle bocche di tutti:-“E’ gialllu lampia, lampia, u livastivu u semaforu o Consu”? Quel semaforo era diventato l’ incubo dei favaresi che non abituati nè ai semafori e né alle regole elementari della vita civile delle città. Non so quanti incidenti siano accaduti alla presenza di quel semaforo e quante volte sono intervenuti carabinieri chiamati per sedare le risse! Non appena i carabinieri si allontanavano a sirene spiegate, puntualmente riprendevano le liti!
Il pensiero di M’Pari Ntò si rivolgeva agli ultimi, si batteva contro ogni sorta di ingiustizia e di sopruso per la salvaguardia del bene comune. Era diventato un punto di riferimento per la povera gente che andava da lui per affermare un diritto negato. M’pari Ntò le cose le sbatteva in faccia alla “casta politica” dai banchi del consiglio comunale, dove era stato eletto per tre legislature o dai microfoni della sua radio. I suoi programmi erano molto intriganti e dirompenti, ricordo fra tutti La tavola rotonda, un programma con le telefonate in diretta, senza nessun filtro, dove la gente litigava anche al telefono e poi si dava appuntamento in piazza per ragionare le questioni e qualche volta si è arrivati anche alle mani. E poi all’ora di pranzo c’era il tripudio, l’apoteosi della musica siciliana a tutto volume, con i dischi che graffiavano e i brani che venivano tranciati di botto. Gli artisti non venivano chiamati per nome ma con le ingiurie e se uno girava per le strade popolari a quell’ora si sentiva solo la voce di M’pari Ntò che teneva banco e commentava tra un brano e l’altro prendendosela con gli amministratori incapaci di amministrare Favara da sempre… Il 1 maggio la gente di campagna ascoltava solo M’pari Nto con le radio a pile sull’erba e ballava nelle masserie tarantelle e polke tra un piatto di pasta al forno, un costo di maiale e un “cadrozzo” di salsiccia alla brace. Un giorno per protesta con il sindaco Sanfilippo si accampò in piazza per alcuni giorni, per una storia legata alla spazzatura.
Il finale sembra un racconto di Vladimir Mayakovskij. Quando M’pari Ntò capì che il momento di lasciare questo mondo stava per arrivare, fece un gesto di teatro e sfidò la morte stessa sorridendo. Si fece recapitare a casa una bara semplice, quella della povera gente e la mise sotto il letto, poi si fece preparare una lapide e vi fece scolpire la falce e il martello. “Mi venne a trovare in ufficio – a parlare è Franco Pullara – e mi disse di aver acquistato anzitempo la bara e organizzato il suo funerale. Al tempo, collaboravo per il giornale de “La Sicilia” e scrissi la singolare notizia poi ripresa dalla Vita in diretta di Rai Uno. Venne per l’occasione il collega giornalista Rai, Alessandro Poggi. Avevo capito che Mpari Nto voleva come ultimo omaggio l’onore della cronaca nazionale. Fu un successo. Tutti gli italiani quel pomeriggio vissero quella storia pirandelliana, amara e piena di malinconia. Ascoltarono la sua voce, le sue battute e si commossero. Il cameraman con un tocco di grande professionalità, cogliendo negli occhi l’ultimo desiderio di M’pari Ntò, con la telecamera a spalla inquadrò la bandiera rossa posta in un angolo della casa e restituì la linea allo studio televisivo di Via Teulada”.
Le frasi celebri di Mpari Ntò…
-N’un tegnu ngruppa a nuddru!
– A la gricchi e alu coddru!
– Eh arditura!
-E’ giallu lampia, lampia!
– U livastivu u semaforu o consu?