Il prof. Calogero Saverio Vinciguerra, nato a Favara nel 1959, artista e docente di Metodologie della Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, constatato lo stato di incuria e degrado del Castello Chiaramontano di Favara, chiede tempestivi interventi di ripristino.
Parallelamente all’attività artistica e di docenza accademica, infatti, il prof. Vinciguerra porta avanti da anni ricerche storiche sul proprio territorio d’origine.
Dopo una visita al Castello, vera gemma architettonica incastonata in piazza Cavour, per motivi di approfondimento legati ai suoi studi, non ha potuto esimersi dal sottolineare il suo stupore (per non dire altro) e il suo sconforto, nel constatare lo stato di profondo degrado in cui versa quello che lui stesso ha definito “uno dei più pregiati gioielli tra i monumenti architettonici di Sicilia, un edificio di straordinaria importanza[…]unico nel suo genere”.
Di seguito un abstract di un suo intervento in merito che, si spera, possa sortire un tempestivo intervento di ripristino:
“Favara detiene una storia secolare, un trascorso di cui è conosciuta soltanto una parte, essendo l’interesse a restituire alla città la propria storia un fenomeno piuttosto recente; tra le ricchezze storiche che la cittadina possiede, ricordiamo uno dei più pregiati gioielli tra i monumenti architettonici di Sicilia, un edificio di straordinaria importanza, le cui antiche pietre parlano e forniscono informazioni inedite a chi sappia avvicinarvisi e leggerle.
Parliamo del castello chiaramontano di Favara, edificato da Giovanni Chiaramonte (il Vecchio), che ci pone davanti ancora oggi una storia da ricercare e approfondire, così come meriterebbe uno studio sistematico la figura dello stesso Giovanni Chiaramonte e del suo illustre casato […]
Cos’è e cosa ha rappresentato in passato questo complesso? Sicuramente il castello chiaramontano di Favara rappresenta un alto esempio di sicilianità. Il costruttore, Giovanni Chiaramonte, da catalano qual era, appartenente ad uno dei lignaggi più nobili della Catalogna, sceglierà col fratello Manfredi di sostenere la causa del regno di Sicilia come regno indipendente e svincolato dalla corona di Aragona […] scelsero la Sicilia come patria, risultando marchiati indelebilmente come ribelli agli occhi della corona aragonese, acquisendo il titolo di “Chiaramonte di Sicilia” nomenclatura che evidenziava quello che ormai si configurava come un definitivo allontanamento dalla patria, operato nei loro confronti.
Favara, in tutte queste vicende, è teatro e fulcro di eventi storici cruciali. Alla luce delle nuove ricerche riusciamo a meglio definire e comprendere le funzioni che il castello ha avuto nei passati secoli.
A mio avviso, dalla sua edificazione (1305 circa) al 1488, data di interventi di parziale ristrutturazione e modifica d’ uso, sarà una struttura con funzioni puramente militari.. Dopo la caduta della famiglia Chiaramonte e la damnatio memoriae che ne conseguirà, il castello […] continua ad esser sede dei cavalieri…In seguito, le altre proprietà appartenute ai Chiaramonte, in prima battuta, saranno assegnate prima al Moncada, e, in seguito dopo la loro confisca a seguito di condanna, riassegnate alla famiglia De Marinis. A mia opinione, il complesso sarà trasformato ad uso abitativo per un preciso motivo, in occasione di un matrimonio. L’intervento di ristrutturazione di Sitineri (1488) che modifica la struttura facendola diventare un palazzo signorile, precede immediatamente, infatti, l’ utilizzo residenziale dello stabile da parte di Lucrezia Castellar e Josuè De Marinis, le cui nozze si svolgeranno nel 1498. La famiglia De Marinis, già portatrice del titolo di marchesi, avrà posto di primaria importanza a Favara, iniziando la storia del Marchesato della Favara, titolo che apparterrà anche all’illustre lusitano Ferdinando de Silva, attraverso il matrimonio con la marchesa Giovanna de Marinis; un titolo, quello di Marchese della Favara, che rivestì un ruolo di grande importanza in Spagna, dove le vicende e la vita del Marchese sono state addirittura oggetto, in passato, di scritti romanzeschi di avventura. La testimonianza storica che l’edificio rappresenta lo evidenzia come bene culturale di alto livello, nonché fiore all’occhiello di tutta la comunità favarese”.
Dopo l’interessante excursus storico, il prof. Vinciguerra, passa a descrivere lo stato di degrado in cui ha trovato il prezioso edificio durante una sua recente visita:
“Nella mattina dello scorso 16 giugno 2021 mi sono recato in visita al Castello per motivi di approfondimento legati ai miei stud i… è stato tuttavia sconfortante venire a sapere, con stupore, che il primario monumento, unico nel proprio genere, è stato inibito alla fruibilità, in quanto è stato dichiarato inagibile, nonostante un impegnativo restauro, completato alla fine degli anni ’90. Questo intervento, diretto dall’architetto Carmelo Antinoro con la Soprintendenza di Agrigento, ha potuto salvare il castello da un inesorabile declino, utilizzando fondi europei previsti in questi progetti di recupero storico. Da allora tuttavia non è seguita alcuna, benché ordinaria, manutenzione. La cosa ancora più grave che ho potuto constatare è lo stato di abbandono e di totale incuria in cui versa uno dei più pregevoli monumenti della Sicilia. Come riporta lo stesso Antinoro recentemente, in un post su facebbok datato 19.06.2021, “l’umidità ormai interessa estese porzioni di muratura dove trovano alloggiamento le teste delle capriate lignee, con le conseguenze facilmente intuibili. In qualche caso l’acqua piovana ha raggiunto il pavimento del piano sottostante impregnando il legno e la rete metallica di armatura della volta. Gli escrementi di colombi sono sparsi dappertutto e la loro azione corrosiva è inesorabile. In atto non c’è nessun progetto, nessuna intenzione di intervenire. La parola d’ordine oggi è: “Non si può entrare” oppure “Non c’è nulla da vedere[1]”. La scalinata lapidea interna risulta totalmente ricoperta dal guano di colombi; sugli scalini permangono carcasse di animali morti i cui liquidi di decomposizione produrranno più che prevedibili effetti, per non parlare delle erbacce che invadono tutto il complesso nella totale indifferenza.
Sarebbe corretto auspicare tempestivi interventi di salvaguardia e di ripristino di questo bene architettonico, anche perché la stagione estiva è iniziata e i visitatori che orbitano nell’agrigentino troveranno il Castello chiuso.
Tutto ciò è inaccettabile -afferma- per la comunità locale e per quelli che per amore della storia e dell’arte si recheranno a Favara con lo scopo di ammirarlo da vicino.
Capisco che in un momento di alta emergenza legata a problematiche urgenti come gli eventi relativi allo sciopero dei lavoratori della nettezza urbana, questo mio intervento possa apparire di secondaria importanza, ma così non è: le circostanze coincidono. Il castello, così come la città, sono entrambi abbandonati e tutto questo vale come un atto di crudeltà e di disamore e disprezzo per il bene comune.
N.B. Si precisa che la foto che immortala il pregiato monumento ridotto vergognosamente a discarica è antecedente ai lavori di restauro ma, guardandola è difficile che non affiori alla mente il mònito di Primo Levi: “E’ accaduto, quindi potrebbe accadere di nuovo”.