Giuseppe Maurizio Piscopo nella sua ricerca alla scoperta di personaggi illustri di Favara trova l’uomo più forte del mondo, l’uomo capace di sollevare 5 uomini contemporaneamente, di alzare al cielo un bue, di essere capace di cose impossibili per un uomo normale, seguiamo il racconto.
Venghino signori venghino che andiamo a cominciare lo spettacolo in questa pubblica piazza. Siamo a Favara il paese storico della Sicilia ricco di personaggi e artisti vari, sparsi in ogni angolo sperduto del mondo. Dice il proverbio: “Favarisi unu ogni paisi e unni un ci nn’è megliu è”! Ma lasciamo i proverbi ed entriamo nella vita vera… Signore e signori, gentilissimo pubblico non pagante, ecco a voi l’uomo più forte del mondo, l’uomo capace di sollevare un bue sulle sue spalle, provare per credere. Una cosa mai vista prima…
Questo accadeva a Favara negli anni del dopoguerra e con questa enfasi veniva raccontata ai bambini della mia generazione la storia di Giuseppe Biancavilla più noto come Peppi Burduni che a me ricorda le indimenticabili scene di Zampanò interpretate da Antony Quinn nel film La Strada di Federico Fellini.
Giuseppe Biancavilla nacque a Favara l’11 novembre del 1910 da Ferdinando e Rosalia Bonadonna. Dopo essersi trasferito a Ventimiglia nel 1955, -scrive lo storico Gerlando Cilona,- a seguito della morte del padre, rientrò definitivamente a Favara abitando in via Giudice. Di Peppe si ricordano tante cose: aveva la forza di Sansone, di Primo Carnera il pugile e lottatore e attore italiano naturalizzato statunitense nel 1953 soprannominato la montagna che cammina per la sua imponente stazza, fu il primo italiano a conquistare il titolo mondiale di pugilato il 29 giugno del 1933 quando detronizzò Jack Sharkey. Peppe Burduni come veniva chiamato amabilmente dal popolo favarese amava molto gli spettacoli pirotecnici, costruiva gli aquiloni e faceva felici tutti i bambini, costruiva i palloni aerostatici e li faceva volare da Piazza Garibaldi al Carmine.
Ogni cosa che faceva lasciava incantati grandi e piccini, sia per la forza fisica da cui proviene il suo soprannome, sia per la passione che metteva in tutte le cose. Indimenticabili i racconti degli anziani. Era insuperabile nelle gare al tiro alla fune, da una parte c’erano otto persone e dall’altra solo lui e riusciva a vincere lasciando tutti a bocca aperta, facendo battere forte il cuore a chi lo seguiva. Non disdegnava la lotta ed era solito fare a pugni con coloro che mettevano in discussione la sua forza, memorabili gli scontri con Cicciu Mardu.
Peppe organizzava la corsa coi sacchi e i giochi per i ragazzi, il tiro alla fune e lu iocu di la n’tinna. Si racconta che un giorno fece una scommessa e dichiarò testualmente:- “Sono capace di sollevare un bue sulle mie spalle . Molti non credettero a questa affermazione, ma rimasero sorpresi e meravigliati quando Peppe riuscì in questa folle impresa. La storia fece il giro della Sicilia e lui rimase un mito per tutti! Gira una foto scattata a San Leone da Angelo Bottone, (che qui pubblichiamo), mentre regge cinque persone sopra il suo corpo. A tanta forza fisica si legava un forte contrasto: al personaggio corrispondeva un’anima semplice e ingenua dei fatti del mondo e della vita stessa. Morì il 26 maggio del 1959. Quel giorno, fu un tristissimo giorno. La pioggia arrivò all’improvviso e inaspettata, quella pioggia che sorprende in una giornata qualunque, quando nessuno se l’aspetta e cambia il corso della vita e delle cose.
Avevo appena compiuto sei anni e stavo recandomi a scuola a Cruci, a piedi, da solo con il grembiulino nero e il cestino. Per la prima volta vidi un carro funebre, quello dei poveri, non sapevo il significato della morte. Continuai a cantare e a mangiare per strada e addentare un panino. Da piccolo avevo sempre fame. Sentii la gente che sussurrava, oggi è morto l’uomo più forte del mondo, se fosse nato in un altro paese sarebbe stato chiamato in un grande circo, se fosse nato in America l’avrebbero scritturato a Hollywood come attore. Ma chi è morto chiese una vecchietta? La risposta non si fece attendere, – “è morto Giuseppe Biancavilla, disse un tale”. Ma che dice, intervenne subito un altro, è morto Peppi Burduni e lu paisi ristà all’agnuni…
A questo grande e dimenticato personaggio favarese voglio dedicare la canzone: “Pi la festa di San Giuseppi“. Nel testo c’è un riferimento al Santo, alla banda, ai bambini, ai palloncini.
Pi la festa di San Giuseppi
Pi la festa di San Giuseppi li picciotti nescinu tutti schetti nichi e maritati e ci su licchiù ammucchiati.
Nesci la figlia di donna Pippina lassa la sporta e si metti a vistina, e lu viddranu finisci i zappari ca lu vistitu si voli n‘cignari.
E c’è la zita ca sta ni Cavatu ca tutta a famiglia appressu ha purtatu e si lu zitu si voli abbrazzari puru u signali ci tocca aspittari.
E ni la chiazza la banna ca sona senti ciauru di turruna n’celu volanu li palluna forti sparanu li mascuna.
E li signuri du circulu civili vidiniu l’opra e si piglianu abili iddri si sentinu raffinati ca a n’andru munnu parinu nati.
E c’è Peppi ca vinni palluna 50 o corpu senno un vi nni duna e li palluna li chiù unchiati cu quattru corpi l’aviti scattati.
E ni la chiazza la banna ca sona senti ciauru di turruna n’celu volanu li palluna forti sparanu li mascuna.
C’è cu si vonta c’è cu talia pi cu è zitu è fissaria pi cu si voli maritari megliu mumentu n’un po’ truvari!
(Si ringraziano: Gerlando Cilona, Angelo Bottone e Giovanni Marchica per avermi fornito il disegno di Turi Morello).
GIUSEPPE MAURIZIO PISCOPO