Personaggi favaresi: U Pinnacchiu di Giuseppe Maurizio Piscopo
U Pinnacchiu era un ciabattino-poeta irriverente favarese, che aveva una povera bottega nel quartiere della Guardia e che ad un certo momento si trasferì in via Rondine.
Di lui si raccontano molte storie che un vecchietto trascrisse a mano in alcuni fogli. Il tizio si racconta voleva farne un libro. Aveva trascritto gli appunti in un quaderno con la copertina nera ed aveva fissato un incontro con un editore mariuolo di Napoli.
L’editore napoletano era uno scrittore fallito che per pubblicare libri di scarso valore, si era dovuto vendere tutta la proprietà di famiglia. Non si rassegnò mai al fatto che l’avevano ingannato, così per vendicarsi dell’oltraggio subito, rubava i libri degli altri. Faceva passare un po’ di tempo e alla “scurdata”, li pubblicava sotto uno pseudonimo, con una tipografia clandestina del Vomero. I libri venivano venduti nei mercatini di Napoli come libri antichi e di pregevole fattura.
Maledetto il giorno che il vecchietto prese quel piroscafo da Palermo per recarsi a Napoli dove arrivò di buon mattino. Quando l’editore lo vide, lo accolse in ufficio con caffè e sfogliatelle, lesse ad alta voce le storie esagerate del Pennacchio e con determinazione disse che le avrebbe pubblicato in un libro di prossima pubblicazione. Poi successe che nella tipografia entrarono due malavitosi, due finti ladri che rubarono gli appunti e del prezioso libro. Qui si persero le tracce… Ho cercato nelle biblioteche della provincia, a Palermo, ma non sono riuscito a tirare un ragno dal buco, ho cercato il libro di Don Stefano Pirrera: “Gli ultimi saranno i primi” che racconta di vecchi personaggi favaresi. E non l’ho trovato.
U Pinnacchiu rimane una vera leggenda favarese. Era furbissimo. Un tizio voleva fregarlo. A mo di sfida gli disse. “Li viditi dri 3458 furmiculi chi caminanu ni dru pedi di mennula? U pinnacchiu aspetta qualche minuto e risponde deciso: -“Cumpa a vista n’un vi accompagna cchiù comun a vota! … Ma sentu aria di trappiatina…
C’era na vota u Pinnacchiu ca era nsemmula cu un amicu mezzu a chiazza. L’amicu so ci dissi:-“ Vidu di cca banna tutta a muntagnedrra china china china di furmiculi , quattru miliuni di furmiculi li viditi cumpà”? Iu di luntanu n’un ci viu bonu, però sentu lu calpestiu di sti furmiculi rispose u Pinnacchiu…
C’era u Pinnacchiu affacciatu o barcuni e n’capu didru c’era na signura cu un picciliddru m’brazza, accuddri un po’ esposta dall’inferriata. Tuttu ad un trattu, a dra signura ci girà la testa e stu picciliddru ci cadì di m’brazza. U pinnacchiu lu vitti, si misi a curriri a scattacori scali scali e mentri curria scali scali avia na scarpa scionta, si firmà, si l’attaccà com un fulmini, ricomincià, riturnà a curriri a curriri trafilatu, arrivà drasutta e i a pigliari u piccilidrru e lu salvà poi l’abbrazzà e lu vasà.
Un giorno u Pinnacchiu si trovò ospite nel circolo dei cacciatori in piazza. I cacciatori raccontavano storie incredibili. Ad un certo punto toccò a lui che sapeva tenere il mazzo e non lo restituiva più, ed ecco la sua storia:- “Quella mattina mi alzai alle quattro ca c’era u scuru ca si fiddrava, tempu di lupi, caricai la doppietta e aspettai in un posto a Ramalia ca conosco iu solamenti perché è un segreto che me lo confidò il barone Agnello in una indimenticabile giornata di caccia. Aspettai che da una galleria segreta uscissero sette conigli bianchi come la neve. Comu fu e comu n’un fu, presi la mira e sparai.Con un solo colpo ho preso sette conigli. Una cosa mai successa, iu stesso non potevo credere ai miei occhi quando ebbi i conigli tra le mani, unu era ancora vivu! I cacciatori non sapevano che dire, erano rimasti di stucco, qualcuno rideva, qualcun altro per l’emozione era caduto dalla sedia, uno aveva le mani in testa e diceva non è possibile, è una cosa mai vista, mai successa prima! Una storia da mettere nella prima pagina del Giornale di Sicilia!
U Pinnacchiu raccontava storie incredibili eccezionali, avventurose, con il lieto fine e a chi credeva a tutto quello che lui narrava gli regalava un paio di stivali fatti da lui. Un giorno successe che l’amico che si voleva prendere gli stivali si stancò di ascoltare quelle storie che non finivano mai, si alzò incazzatissimo e gli disse:-“Basta ca la finiti di cuntari minchiati, un paiu di stivali vi l’arregalu iu e quantu costanu costanu”!
Un giorno u Pinnacchiu si recò in piazza dal barbiere. Il salone si riempì all’inverosimile con le persone che misero le sedie fuori per ascoltarlo. Il barbiere nel vedere u Pinnacchio fece alzare un giovane che aveva mezza faccia insaponata per fargli spazio e venne ricevuto con tutti gli onori dell’ospite di riguardo. U Pinnacchio non aveva mai viaggiato in vita sua ma per darsi importanza e far capire che era un uomo di mondo, iniziò a raccontare di un viaggio in treno a Parigi nel quartiere Pigalle. Nel salone il silenzio era palpabile, non volava una mosca. Quando l’attenzione fu al massimo livello iniziò : “Così una sera mi trovai nel locale notturno più conosciuto del mondo al Moulin Rouge e visto che voi non sapete nulla di questo locale, vi dico subito che nacque sull’onda del successo del Moulin de la Galette, un ristorante danzante ricavato nel 1870 dentro un vecchio mulino a vento nella parte alta di “Montmatre”, un quartiere abitato all’epoca da artisti, pensatori, e personaggi in cerca di fimmini, divertimenti e ispirazioni letterarie. Nel locale ci sono 850 posti. E quella sera non se ne trovava uno. Io non ho mai avuto problemi a farmi avanti e grazie alla conoscenza di una ballerina e del mio francese, dietro pagamento di una banconota di 100.000 lire entrai nel magico locale della storia del peccato. Il Moulin Rouge fu inaugurato il 6 ottobre del 1891 da Charles Zidler e da Joseph Oller. Non si sa perché, ma nel 1915 a qualche malandrino venne voglia di bruciarlo e fece una grande “minchiata”. Sul tetto c’è ancora un mulino a vento rosso. Qui è nato il Can Can una danza di seduzione per attrarre i clienti, ma che divenne presto una forma di spettacolo soprattutto per i turisti. L’interno è decorato con uno stile di fin de siecle francese. All’inizio il Moulin Rouge nacque per portare un grande spettacolo di cabaret. Il Moulin Rouge è nato nell’epoca della Belle Epoque che qui a Favara non è mai arrivata! Questa è la storia del locale. Ma ora vi racconto quello che successe a me… “Quella sera al mio tavolo si avvicinarono due ragazze di una bellezza sconvolgente, fuori del comune, che in perfetto francese mi invitarono a bere champagne Moet & Chandon al loro tavolo. Fu così che spesi tutti i soldi che avevo in tasca frutto di un’eredità, tra balli, canzoni e strip- tease. Alle 5 del mattino chiamai un taxi per ritornare in albergo con la mia bellissima accompagnatrice, non avevo il becco di un quattrino ma ero accompagnato da Giselle e questo mi rendeva ricco e felice. Ad un certo punto quando arrivammo vicino all’hotel, dove c’era un gruppo di signore attempate, abbiamo chiesto al taxista di farci scendere un momento per salutare una vecchia amica che non vedevamo da molto tempo. Entrammo in una strada vietata alle auto. Il Taxista è ancora lì che aspetta… Le persone del salone erano convinte che la storia era inventata, ma erano stregati e a loro piaceva viaggiare con la fantasia, si sentivano tutti per le strade di Parigi nella Ville lumiere tra divertimenti e ristoranti. Quando u Pinnacchiu finì di raccontare la sua storia con la voce di un fine narratore, il giovane apprendista disse spazzola e in maniera che tutti sentissero bene, con un sorriso di felicità stampato nel volto continuò :-“Vossia nu saluni ci havi a veniri cchiù spissu! Le sue storie parinu scritte in un libru masciu come la Bibbia…Vossia havi a campari cent’anni!
Sugnu un favarisi cu li corna tisi,
fazzu scarpi, tacchi e supratacchi,
pi nichi, ranni e pi signuri,
e travagliu tutti l’uri.
Ogni tantu fazzu cridenza
e perdu la pacenza,
u travagliu e a canuscenza.
Un jornu vinni un parrinu
ca si misi u tammurinu,
dissi ca cuntu
farfantarii e lu nfernu haiu a jiri.
E iu ci detti sta risposta:
Vossia ca di nuddru si scanta
si un vidi sordi missa n’un ni canta,
i so parenti dici ca su genti fina
su m’paradisu cu la panza china…
Forsi su o n’fernu n’catinati,
di tutti scurdati,
strazzati , mali vistuti,
genti finta cu la vucca tinta.
Comu dru so parenti ca fa u nutaru
ca havi la vucca dunci e u culu amaru…
Li sordi li teni beddri sarbati
e campa cu l’arripizzati.
Ci passa la vita a cuntari.
A cuntari dinari,
chi li teni sutta chiavi
e na muglieri n’un ci l’havi.
Va vistutu
com un carcarazzu
e tutti i ricchi ci stannu arrassu.
Megliu aviri un grammu di liganza
ca sta genti vili n,capu a panza!
Si ringraziano per la stesura di questa storia: Antonello Bosco, Antonio Zarcone che mi ha dato l’idea del Pinnacchio e Lillo Pullara per le foto.