Di Giuseppe Maurizio Piscopo e Giovanni Marchica
Ho conosciuto Lillo Bellomo da bambino.
Mi affascinava vederlo dipingere sui tetti delle case di Favara. Con Lillo ho imparato a guardare il mondo dall’alto, a scoprire un’altra prospettiva, un’altra maniera di raccontare il mio paese. Eravamo alla fine degli anni sessanta, agli inizi dell’attività artistica del Gruppo Popolare Favarese. Io e Antonio Zarcone portavamo i capelli lunghi, stavamo partendo per un convegno giovanile ad Assisi. Quel giorno chiedemmo a Lillo se ci poteva disegnare la chitarra con un suo tocco artistico. E lui lo fece subito, davanti a noi. Vi trascrisse due parole inglesi “Bed and peace”.
Non so quante persone fotografarono quella chitarra che ci presentava come due “rivoluzionari”, quelli che avrebbero voluto cambiare il mondo con l’arte della musica e della pittura, quelli che cantavano:- “Mettete dei fiori nei vostri cannoni, fate l’amore non fate la guerra”… Con Lillo ci siamo rivisti a Parigi e fu lui stesso che disegnò una locandina per uno spettacolo che presentammo alla Maison D’Italie.
Il manifesto venne esposto nelle scuole, nelle Università e nei principali locali di Saint Michel, Sain Germain e Montparnasse quartieri molto frequentati dai giovani. Poi per un certo periodo la vita ci ha portati in altre parti del mondo.
Lillo ha continuato a dipingere, a raccontare storie, ha colorato di poesia e di musica Favara e la sua gente, gli artisti, ha fatto parte di una corrente reintegrazione nella natura realizzando delle pitture iperrealiste che si trovano esposte nelle più importanti gallerie di Parigi. Lillo Bellomo è uno dei maggiori pittori favaresi, la sua arte merita di essere raccontata in un libro con i suoi quadri. Spero di cuore, che questa esperienza si possa realizzare e che le sue opere possano essere esposte al pubblico in una grande mostra sui pittori favaresi che meritano la nostra attenzione.
Ed ecco cosa scrive Giovanni Marchica su Lillo Bellomo.
L’amore per l’arte può trasformarsi in poesia, in una particolare condizione dello spirito che assorbe totalmente le energie interiori, convogliandole in una sfera nella quale impegno artistico e vicenda esistenziale si fondono indissolubilmente.
E’ il caso del pittore Lillo Emilio Bellomo che, nella sua casa di campagna, sulla strada provinciale Favara-Crocca, a pochi chilometri dal mare, attende insonne alle sue opere con una dedizione d’altri tempi.
Nato a Favara il 15 luglio 1952, Lillo Bellomo frequenta le Scuole d’Arte di Siracusa, Catania e Firenze e, successivamente, l’Accademia di Belle Arti di Torino e l’Ensba di Parigi, dove si trasferisce per un decennio fino al 1987, incontrandovi gli artisti più significativi della cultura europea di quegli anni, dall’ungherese Etienne Sandorfi al francese Jacques Bodin, dal tedesco Peter Klasen al britannico David Giles, che una funzione decisiva avrebbero avuto nel suo processo di formazione artistica e culturale.
E proprio nella capitale francese e in altre grandi città della Francia è stato presente in esclusive mostre collettive di respiro europeo: “XX Anniversario della Rivoluzione Cubana”, Unesco, Parigi – “Atelier Yankel, Maison des Beaux-Arts”, Parigi – “Figure Duréel, Palais des Papes”, Avignon – “Le Stade, Musée des Beaux-Arts”, Lille.
Ad Agrigento ha affrescato il soffitto della Sala Consiliare del Palazzo della Provincia. Ha preso parte alla Mostra d’Arte “Sant’Angelo Muxaro 2005”, assieme ai pittori agrigentini Arcangelo Felici, Katia D’Ignoti, Maurizio Di Maria (suo allievo), Gerlando Meli e Giuseppe Pecoraro.
Sue opere sono esposte in permanenza in note gallerie e in collezioni pubbliche e private in Italia e in Francia, soprattutto a Parigi, Reims, Nantes.
L’Artista rifiuta per sé l’etichetta di iperrealista attribuitagli dalla critica – nonostante la qualità “fotografica” delle sue tele e la presenza di alcune di esse nel prestigioso sito web francese www.hyperrealism.net che raccoglie i più importanti capolavori dell’iperrealismo contemporaneo – definendo la sua produzione realistico-intimista.
“L’iperrealismo – afferma – ha alla base un atto creativo in cui l’attività dell’artista è subordinata alle ‘istanze’ del soggetto rappresentato che, di conseguenza, viene ritratto con una cura certosina dei particolari, in maniera quasi fotografica. La corrente alla quale io faccio capo – continua – privilegia, al contrario, l’attività creativa in sé, per cui il soggetto della rappresentazione diviene un mero pretesto.”
Al realismo intimista l’Artista è pervenuto dopo essere passato attraverso molteplici esperienze pittoriche, prima fra tutte la cosiddetta figurazione narrativa, affermatasi in Francia negli anni ’70-’80, alla quale egli ha dato un contributo notevole e nel cui ambito ha composto il ciclo intitolato “Reintegrazione nella natura”, dove sono esaminati i diversi aspetti del rapporto dell’uomo con il suo habitat naturale, paradigmaticamente rappresentati rispettivamente ne Il Pastore, ne La Ragazza e nelle loro numerose varianti.
Bellomo è indubbiamente un Maestro, come tale riconosciuto dalla comunità artistica internazionale. Quale che sia la scuola d’appartenenza, la precisione del tratto, l’abilità con cui è capace di destreggiarsi tra le innumerevoli chiavi del suo ricchissimo registro pittorico, unite alla sapiente misura nell’uso del colore – che non conosce salti né iati e che qualche volta sconfina in un espressionismo non di maniera, come avviene nella raffigurazione dei bellissimi paesaggi e, in essi, dei secolari ulivi saraceni della campagna siciliana – conferiscono alle sue creazioni quell’aura di classicità che ne fa una delle e-spressioni più originali e complete dell’arte contemporanea.
Un ringraziamento particolare a Giuseppe Pecoraro per avermi fornito le foto di Lillo Bellomo.