Riceviamo e pubblichiamo
Caro direttore,
dovrei usare altri canali di comunicazione per l’oggetto della mia presente denuncia; ma, si sa, le nostre istituzioni da quelle nazionali a quelle locali e decentrate sono custodite da ben ovattate mura insonorizzate, impastoiate in burocrazie fradice e asfissianti, create apposta, pare, per legittimare ogni lungaggine. Pertanto ci appare più umano e inviolato l’organo di stampa che speriamo esista ancora quale baluardo di difesa alla democraticità.
A scrivere è un pendolare che insieme ad altri tantissimi, usufruisce del collegamento ferroviario Agrigento-Palermo, dietro pagamento di abbonamento mensile alle Ferrovie dello Stato. Dopo le peripezie della settimana precedente a causa dei danni alla linea provocati dal maltempo ( e per peripezie intendo ritardi, sballottamenti da una stazione ferroviaria ad un’altra, bus sostitutivi esigui rispetto al numero dei pendolari, ecc…), oggi, nuovamente, siamo stati protagonisti di una triste quanto indegna odissea. I treni da Palermo per Agrigento alle 14.30 ci scaricano alla stazione di Termini Imerese ( nel frattempo colpita da nubifragio) perché per le ennesima volta un tratto della linea in prossimità di Roccapalumba, da soli quattro giorni riparato, versa nuovamente in condizioni di impraticabilità. Con sforzo immane, ma tuttavia pratico, surclassiamo lo stato pietoso delle nostre infrastrutture che davvero sembrano dimenticate da ogni governo nazionale e regionale fin dai tempi della nascita della Repubblica; passiamo oltre la rabbia e la indignazione che ci pervade ogni giorno per la precarietà del sistema infrastrutture siciliano che rende tribola e rischiosa la vita di centinaia e centinaia di lavoratori che, ogni giorno, per raggiungere il posto di lavoro devono impiegare lo stesso quantitativo di ore pari a quello che oramai nel settentrione della Penisola collega località distanti il triplo dei chilometri che separano Agrigento da Palermo. Ma tale indignazione, oggi, è superata da una rabbia ancor più focosa che lascia il posto ad una amara riflessione. Troviamo vergognoso che più di seicento pendolari vengano lasciati, o meglio abbandonati, quale merce, nella stazione di Termini Imerese, in attesa di pullman sostitutivi di cui non si conosce nè quando, nè tantomeno se arriveranno. Quando poi arriva il momento atteso, alle 15.30 circa, l’autobus che le Ferrovie ci invia in sostituzione ha una capienza per 50 persone; istinto di sopravvivenza vuole che in centinaia si accalcano per tentare, tra spintoni e sgomitate, di accaparrarsi un posto così da poter tornare a casa. I fortunati 50 si incamminano e veniamo confortati che di lì a poco ci saranno altri pullman. Peccato che quel poco risulta essere un’ora! Ma ad arrivare alle 16.30 è solo un pullman con altri soli 50 posti. Sotto la poggia battente, la calca è ancora più intensa.
Una metà di noi rimane su strada e così, inzaccherati d’acqua, arrabbiati, consapevoli di essere stati abbandonati, sbarriamo la strada al pullman già colmo, per protestare e avere tutti la possibilità di ritornare a casa dopo più di tre ore di attesa in stazione, fuori casa da prima che albeggiasse. È intervenuta la polizia che voleva farci sgomberare, minacciando denunce. Che Paradosso tragicamente comico?! Lo Stato non dovrebbe essere dalla parte dei cittadini vittime di abusi e soprusi? Alcuni di noi sono arrivati alle stazioni di pertinenza alle 20.30, gli altri rimangono ancora in attesa che Trenitalia li riporti a casa, sparsi fino a tarda sera nei bus che solerti e numerosi hanno inviato. Ciò ci sconcerta e ci rattrista perché tale situazione è solo un riflesso di quel grande caleidoscopio di problemi, criticità e malfunzionamenti di cui è vittima la Sicilia.
Troviamo vergognoso che per adempiere ai nostri doveri professionali e per tutelare i nostri diritti di lavoratori dobbiamo fronteggiare con un menefreghismo e una incompetenza che rasentano la beffa da parte degli organi di dirigenza delle Ferrovie; troviamo vergognoso che ci si lasci in balia di nessuno senza alcuna informazione, senza che qualcuno degli uffici competenti, seppur telefonicamente, sappia dirci cosa fare. Adesso non ci lamentiamo di essere cittadini di un subStato privato pure della grazia di Dio, dove la regolarità sta nel malfunzionamento; ci lamentiamo per la mancanza di umanità degli organi dirigenziali di Trenitalia, delle Istituzioni regionali, delle forze dell’ordine che hanno dimenticato o non sanno il dramma quotidiano della nostra vita. Carlo Levi faceva fermare il suo cristo ad Eboli. Di sicuro non oltrepassa lo Stretto. La nostra non è una vita dignitosa, non tutelata, nè garantiti i suoi diritti. Con il principe di Salina affoghiamo nell’ atavico pessimismo Siciliano, anche se tanta la voglia di berciare contro i politici regionali di oggi e di ieri quanto per noi valgano, cioè nulla. Prendano i loro stipendi, costudiscano le loro poltrone, difendano i loro privilegi! Ma noi, vox populi, li condanniamo alla DAMNATIO MEMORIAE. La storia dica di loro e delle tracce indelebili che stanno lasciando nel nostro stato.
Un pendolare dietro il cui anonimato si identificano cento e cento altri