di Salvatore D’oro
Gigi Radice è stato uno dei migliori allenatori italiani negli anni Settanta e Ottanta.
È considerato un innovatore e promotore del pressing a tutto campo, portò in Italia le idee del calcio olandese totalmente diverso da quello che si faceva in quel tempo: pochi ruoli fissi e zona totale, a tutto, che rivoluzionò il mondo del pallone.
Questo suo modo di pensare diede uno scossone al calcio italiano in cui “primo, non prendere gol” era un imperativo. Segnare sempre un gol in più dell’avversario era la sua filosofia.
Memorabile l’impresa compiuta nel 1976: riportare lo scudetto al Torino, il primo dopo la tragedia di Superga del 4 maggio 1949 dove, in un incidente aereo, persero la vita i giocatori del Grande Torino, vincitori di cinque scudetti consecutivi.
Da calciatore, vestì le maglie di Milan, Triestina, Padova nel corso degli anni Cinquanta-Sessanta. Terzino sinistro, con i rossoneri fu uno dei protagonisti dello scudetto del 1962 e della vittoria in Coppa dei Campioni dell’anno successivo. Smise di giocare ancora giovane, dopo un grave infortunio al ginocchio.
Si dedicò alla carriera da allenatore: conquistò la Serie A col Cesena nel 1973 e la stagione successiva esordì nella massima serie con la Fiorentina. Dopo l’esperienza a Cagliari, nella stagione 1975-76 passò al Torino dove vinse subito lo scudetto.
Il settimo tricolore fu considerato un evento straordinario anche perché interruppe il predominio delle solite pretendenti come Juventus, Inter e Milan.
Ricordando quel successo dichiarò orgoglioso:
“Avevamo animo, forza e mentalità vincente. Andavamo in campo per imporre il nostro gioco, contro tutti. Ci siamo quasi sempre riusciti, spinti anche dalla forza e dall’immensa eccitazione della città. L’hanno detto e scritto più volte: abbiamo fatto resuscitare il Grande Torino.”
I granata, infatti, potevano schierare: in attacco i gemelli del gol Pulici e Graziani, sulla fascia Claudio Sala, in porta Castellini, a centrocampo i muscoli e il cervello di Pecci e Zaccarelli.
Nei campionati successivi raggiunse il 2º, 3º, 5º posto sempre da allenatore dei granata.
Allenò anche squadre come Milan, Inter, Bologna, Roma. Chiuse la carriera dove aveva incominciato, a Monza: nel 1997 ottenne la promozione in Serie B per poi essere esonerato nella stagione successiva.
Nel mondo del calcio fu soprannominato “sergente di ferro” perché era un uomo tutto di un pezzo e granitico nelle sue convinzioni.
Morì a Monza il 7 dicembre 2018 all’età di 83 anni, era ammalato di Alzheimer.