Filippo Sciara, storico
Nella piazza centrale di Favara, già piazza castello, oggi intitolata a Cavour, di fronte alla chiesa del Santissimo Rosario, c’è la chiesa di Santa Rosalia, detta anche del Purgatorio, per una confraternita ivi fondata il 6 luglio 1627 e dedicata alle anime purganti. Secondo Rocco Pirro (Sicilia sacra), la chiesa, venne edificata nel 1625, quando la Vergine palermitana fu eletta compatrona di Favara, dopo che la peste del 1624 aveva desolato la Sicilia e ridotto la popolazione del nostro paese: «Hic D. Rosaliae V. Pan. in tutelarem delectae anno 1625 magnificum excitatum est aere publico templum jurispatron. Juratorum cum unc. 12 […] Congregatio Animarum Purgatorii cum unc. 17».
La chiesa, che fu di diritto patronato, cioè legata ai marchesi di Favara che la dotarono di un beneficio il 17 febbraio 1627, ha subito diversi interventi di restauro nel corso dei secoli, di cui uno nel 1797 e l’altro nel 1849. Alla fine del XVIII secolo risale l’intonaco che riveste esternamente la parete dell’abside, datato al 1797, dove si trova un’epigrafe che porta sempre la data del 1797, quando la chiesa era retta dal sacerdote Pasquale Mulé, committente del suddetto restauro. Al 1849 si devono riferire gli stucchi neoclassici presenti all’interno.
L’attuale porta di legno, opera del maestro G. Lentini, risale al 1850. Il campanile, che si vede sul fronte principale, è della prima metà del Novecento, mentre la cornice in gesso, della grande finestra rettangolare, sempre del fronte principale, è un falso introdotto nei restauri degli anni Novanta del XX secolo, che hanno completamente stravolto l’interno della chiesa.
La volta della chiesa, crollata pare nel dicembre del 1977, a causa di piogge torrenziali e ovviamente a causa dello stato di degrado in cui versava, è stata rifatta in stile. Le lesene con i relativi capitelli delle arcate laterali, sono state abbattute e ricostruite nelle forme originarie a seguito di preventivi calchi. Le basi stesse delle lesene sono state rivestite da uno zoccolo di mattoni rossi, estraneo alla primitiva chiesa. All’interno della chiesa si può ammirare esclusivamente il presbiterio, che è l’unica parte risparmiata dallo pseudo-restauro, con il quale si registra una perdita irreparabile del nostro patrimonio culturale.
Circa dieci anni fa veniva costruita una struttura moderna in cemento armato, a ridosso dell’abside della chiesa di Santa Rosalia, che deturpa pesantemente l’immagine della stessa e il contesto storico-artistico del centro storico di Favara.
Oggi sono in esecuzione altri restauri, limitatamente alle pareti esterne della chiesa, su progetto dell’architetto Lorenzo Alba. Hanno avuto inizio il 12 novembre 2021e sono tuttora in corso, per conto della ditta Impresim s.r.l. Risultano finanziati da “incentivi statali previsti dalla legge del 27 dicembre 2019, n. 160, bonus facciata 90 % per gli interventi di recupero o restauro della facciata”. Nel cartello, affisso sull’impalcatura posta davanti la facciata principale della chiesa, dove sono riportate le suddette notizie, è inoltre scritto: “lavori di restauro della facciata Chiesa di S. Rosalia (Purgatorio)”.
Dobbiamo rilevare, in verità, che la conduzione dei lavori, presso la chiesa di Santa Rosalia di Favara, non privilegia un restauro conservativo, cioè mirato alla conservazione delle caratteristiche originarie, finalizzato alla conservazione delle caratteristiche di autenticità dell’opera, ma un intervento che cancella l’immagine storica della stessa.
Precisiamo che, nella parete absidale esterna della chiesa di Santa Rosalia, era presente – in parte è ancora esistente, ma per poco tempo! – un bellissimo e particolare prospetto, tipicamente settecentesco, molto ben conservato, risalente al 1797, come sopra detto, e come da noi già rilevato nel 1997: F. Sciara, Favara guida storica e artistica, Agrigento 1997, pp. 55-56.
Questo tipo di intonaco, di colore rosato chiaro, costituito da una base di calce con screziature di cocciopesto, quasi a disegnare un prato fiorito, era tipico del Settecento, ed era presente nelle facciate esterne delle chiese e dei palazzi baronali. A Favara è presente, ancora oggi, oltre che nella suddetta chiesa di Santa Rosalia, anche nella facciata est della chiesa di Maria Santissima del Transito e reca una cornice con la data del 1730. Era presente anche nei prospetti dei palazzi D’Angelo (fine Settecento) e Fanara (inizi Ottocento), quest’ultimo posto difronte la chiesa del Carmine.
Lo stesso tipo di intonaco del Settecento, lo abbiamo ritrovato in diverse chiese di Agrigento, Naro, Palma di Montechiaro e Racalmuto. Era una moda del tempo realizzare le facciate delle chiese e di palazzi di civile abitazione, con questa particolare tecnica costruttiva.
Presso la chiesa di Santa Rosalia di Favara, con molta leggerezza, si sta procedendo a cancellare, con un semplice colpo di spugna, il sopradetto intonaco del 1797 – che ha resistito fino a oggi, per ben 225 anni! – di grande valore storico-culturale e artistico, sostituito da un altro moderno, di colore rosa carico, anonimo e insignificante.
Come si può distruggere e cancellare, per sempre, la storia e l’arte di un monumento? Dove sono le autorità preposte alla salvaguardia dei Beni Culturali? Come si può rilasciare il nullaosta per un tale incauto e rovinoso restauro architettonico? Dove sono i politici e gli intellettuali di Favara che parlano spesso di sviluppo turistico della città? Queste sono tutte domande destinate a non ricevere una risposta, per inefficienza e inadempienza delle persone deputate a tale compito.
Abbiamo scritto queste righe con molta amarezza, perchè vediamo sparire giorno dopo giorno, i nostri Beni Culturali, che rappresentano le nostre origini, la nostra carta d’identità, nell’indifferenza della collettività, anche di quella colta che dovrebbe essere sensibile. Un popolo è tanto povero, quanto più viene privato della propria identità storica e culturale!