Tutti gli anni il 16 di maggio, giorno dell’uccisione del primo sindaco eletto dal popolo nel dopoguerra, cittadini, sempre più pochi, scolaresche e politici con in testa l’amministrazione comunale rendono omaggio a Gaetano Guarino.
Puntualmente, anche oggi, 76esimo anniversario, l’amministrazione, alcuni consiglieri e rappresentanze delle scuole si sono dati appuntamento nel luogo teatro del criminale assassinio dell’eroe, tale è stato Guarino.
Un non eroe poteva godersi il frutto dei suoi sacrifici, nato in una famiglia non certo benestante, con sacrifici si laureò in farmacia, una professione redditizia oggi come allora che lo avrebbe abbondantemente ripagato. A Gaetano Guarino in un territorio caratterizzato dai soprusi e dalla prepotenza della mafia, gli sarebbe bastato non vedere. Invece, alla vita agiata preferì vedere ed agire.
Lotto’ contro i grandi proprietari terrieri e i mafiosi che sfruttavano il popolo e divenne la voce dell’umile gente. A Favara, quando era in vita, si diceva “cu ci lu fa fari”, da morto dissero “cu ci lu fici fari”.
Glielo ha fatto fare la sua coscienza di grande uomo con la schiena dritta. Uno che credeva nel progresso della sua città e voleva rimuovere gli ostacoli che la inchiodavano alla povertà in tutti i sensi.
Regalava le medicine ai più poveri, che li guarivano dalla malattia e non dalla povertà. E allora pensò ad un’altra medicina, quella politica, capace di mettere il popolo al centro dell’interesse del Palazzo e ad affrancarlo dalla schiavitù mafiosa.
Il popolo il 10 marzo del 1946 lo elesse sindaco, nelle elezioni sostenuto oltre che dai socialisti anche dal Partito Comunista Italiano e dal Partito d’Azione. Vinse le consultazioni con il 59% dei voti.
Il farmacista, lo stesso giorno, dell’elezione divenne scomodo alla mafia e alle sue ramificazioni all’interno della politica. Divenne un morto che camminava e camminò per 65 giorni da sindaco, fino a quando per le sue scelte popolari e per il suo coraggio fu ucciso.
I responsabili del suo omicidio non furono mai arrestati, nessuno pagò per il terribile crimine. Il figlio dell’eroe, del sindaco e del farmacista, appena maggiorenne emigrò in Francia.
Ora scusatemi la brutalità, ormai con i capelli bianchi la pazienza è consumata, fatto salvo l’omaggio delle scuole, Guarino avrebbe gradito e gradirebbe essere ricordato con scelte coraggiose, non dico estreme come la sua, ma produttive di un minimo di benessere per i suoi concittadini.
Che se ne fa dei fiori e dei discorsi di rappresentanti di una città in ginocchio da decenni. Un vero omaggio a Guarino lo ha fatto recentemente il popolo che ha testimoniato la sua incondizionata libertà e l’instancabile ricerca della legalità con una valanga di voti disgiunti. Questo, ovviamente, senza considerare all’indirizzo di chi sono andati i suffragi, la lettura è, ripeto, la libera ricerca di legalità che tarda maledettamente ad arrivare.
Il 16 maggio dell’anno prossimo, sarebbe certamente gradito a Guarino portare, oltre i fiori, fatti concreti di miglioramento della qualità di vita dei favaresi. Si facissi cuntentu, perché resta paradossale e di difficile spiegazione il fatto di una città che inizia la sua storia repubblicana nel bagno di sangue di un eroe con l’attuale pagina di degrado.