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Treni cancellati, prezzi dei voli alle stelle, autobus al limite e stazioni nel caos[1]. A cosa pensereste subito? Per chi, come me, è figlia della Capitale della Cultura 2025 di certo lo scenario sopracitato non impressiona. È la nostra normalità. Per chi arriva su questi schermi dal lontano continente, beh, avrà pensato che forse sia questa la rappresentazione dell’inferno. Che è un po’ quello che è successo ieri, 20 aprile 2023, in Italia. Un treno merci tra le stazioni di Sesto Fiorentino e Firenze Castello (a circa 7 minuti di distanza l’una dall’altra) è uscito fuori dai binari provocando il blocco di un (quasi) intero paese. Tutte le tratte in direzione Milano o direzione Roma/Napoli sono infatti bloccate lungo lo stivale o cancellate. Alta velocità, regionali, notturni, tutto fermo.
Il deragliamento ha quindi causato non pochi problemi lasciando a terra migliaia di lavoratori, di studenti e di turisti, per non pensare a chi è rimasto bloccato nei treni nel bel mezzo del nulla e senza notizie su quando ripartire. Uno scenario apocalittico che, al momento in cui si scrive questo articolo, non si sa ancora quando verrà risolto. Con i treni fermi, chi ha urgenza di spostarsi decide quindi di optare per gli altri mezzi, ma come ogni buona partita di Monopoli che si rispetti, ecco arrivare l’imprevisto dietro l’angolo: una prima soluzione proposta dalla stessa Trenitalia sono i bus sostitutivi che, ça va sans dire, si riempiono in men che non si dica lasciando a bocca asciutta quei poveri disgraziati che non sono riusciti ad accaparrarsi il posto. I più temerari, sfidando il destino, scelgono di affidarsi alle compagnie aeree: perché, in fondo, quanto potrà mai costare un biglietto per Roma-Milano (o viceversa)?
350 euro. Solo andata.
E sì che noi non siamo la Germania o la Francia, che hanno linee ferroviarie dedicate esclusivamente al trasporto merci, quindi caro pendolare te lo devi aspettare e la prossima volta comprati una casa dirimpetto al tuo luogo di lavoro o all’università in cui studi, così ti eviti il problema.
Subito pronti i TG e quotidiani nazionali a dare la notizia: “Italia bloccata”, “E’ il caos”, “La rabbia dei viaggiatori”, edizioni dei telegiornali dedicate esclusivamente al problema, l’aggiornamento dalle varie stazioni italiane e le interviste ai malcapitati passeggeri di oggi. E io, sempre dalla Capitale della Cultura 2025, comincio a pensare. Perché da noi, in Sicilia, questa è la normalità. Non il deragliamento del treno, perché ovviamente non ne abbiamo, ma tutto il resto.
Ritardi, bus carichi, voli alle stelle che ti impediscono di poterti muovere, sono solo la punta dell’iceberg di un problema infrastrutturale ancora più grave. Perché nessun TG si indigna quando un pendolare sulla Palermo-Agrigento è costretto a vivere quotidianamente semafori che rallentano la tratta, deviazioni, cantieri a cielo aperto e sensi unici alternati? Non è il caos anche questo? Perché non ci sono le telecamere puntate sulla SS115 quando un camion merci (non avremo il treno ma facciamo comunque concorrenza) blocca l’unico tratto siciliano non segnato da un’autostrada, impendendo a chiunque la frequenti ogni giorno di poter percorrere una strada normale e rischiando ogni chilometro un incidente? In Sicilia, dove siamo bravi ad adattarci a tutto, la filosofia è “anzi che le abbiamo le strade!”; poi le strade chiudono, i ponti crollano e le gallerie non sono a norma, però le abbiamo.
Chi vorrebbe andare a studiare fuori dalla propria regione, deve farsi prima i conti perché purtroppo non tutti possono farcela. La continuità territoriale? E perché mai, per il siciliano che sogna di
studiare a Torino l’aereo è un privilegio e se per Pasqua un biglietto costa 400 euro solo andata, pazienza, per quest’anno niente dolci della nonna.
Il dramma è che tutto questo lo viviamo ogni giorno, non è un’eccezione e dovremmo essere noi i primi a renderci conto che questo è un problema grave, perché nessun giornalista di fama nazionale verrà mai qua a segnalare che il sempiterno semaforo all’altezza dello svincolo per Casteltermini ha provocato il caos con code infinite di macchine e c’è gente che rischia di perdere aerei (perché sì, non abbiamo neanche quello nella Capitale della Cultura 2025), giornate a lavoro o lezioni in università; perché il giornalista di fama nazionale preferisce arrivare dal continente per raccontare l’ennesimo scoop sull’ennesima amica di qualche mafioso e intervistare soggetti improponibili dando risalto alle loro inutili dichiarazioni. E forse a noi tutto questo piace.
Il cambiamento parte dal basso, sempre. Rompiamo questo schema che vede un’Italia andare a due binari: uno bello, funzionante, che si arresta per un incidente e che ha un’eco nazionale spaventoso; e uno lento, fragile, pieno di problemi e che fa fatica a reggere restando però in sordina. Forse qualcuno un giorno ci ascolterà e anche noi potremo leggere su tutti i giornali “Sicilia bloccata, è il caos”. E chissà che non sia la volta buona per farci ascoltare “dall’alto”, da chi ci governa e da chi ha profondamente a cuore le nostre istanze.
Ma forse questo è solo un brutto sogno. Tra poco arriverà il Ponte, e allora sì che tutti i nostri problemi saranno svaniti in un soffio.